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Il coraggio e il protagonismo femminile raccontato
dalla mostra documentaria allestita in occasione della Festa della Donna:
una narrazione a più voci per raccontare un pezzo di storia e di
lotte per costruire la nostra democrazia.
Raccontare il coraggio delle donne: questo l’obiettivo della mostra che si tiene nei Sotterranei del Castello delle Rocche dal 5 al 28 marzo. Frutto di una intensa collaborazione tra l'Amministrazione Comunale, il Circolo Filatelico Numismatico di Finale Emilia, gli Istituti Storici della Resistenza di Modena e di Reggio Emilia, il Centro Documentazione Donna di Modena e gli Archivi Storici di vari Comuni della Bassa Modenese, la mostra nasce nell'ambito delle iniziative promosse per il Sessantesimo Anniversario della Liberazione. La mostra è stata inaugurata sabato 5 marzo ’05. Si potrà ottenere l'annullo postale speciale con un cartolina dedicata alla manifestazione appositamente realizzata da Mario Cavani, noto pittore finalese. |
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Presentazione del libro di Maria Pia Balboni
"Gli Ebrei del Finale nel cinquecento e nel seicento" Teatro Sociale 9
dicembre 2005 con la partecipazione di Arrigo Levi.
Il Circolo Filatelico Numismatico Finalese collabora per la realizzazione dell'annullo postale. Maria Pia Balboni, nata a Finale Emilia nel 1938,
è una studiosa di storia locale, in particolare di quella riguardante
la piccola comunità ebraica che ha soggiornato nella sua città.
Ha pubblicato nel 1993 l’avventurosa biografia di un ebreo finalese divenuto
generale dal titolo Ventura, dal ghetto del Finale
Con il resoconto della sua esplorazione degli
archivi degli Stati Estensi, alla ricerca di tutte le notizie che consentissero
di costruire un quadro il più possibile completo della vita degli
Ebrei del Finale nel Cinquecento e nel Seicento, Maria Pia Balboni fa compiere
al lettore un balzo indietro nel tempo di alcuni secoli … Ma una prima
riflessione si affaccerà, io penso, alla mente di chiunque abbia
la fortuna di avere tra le mani questo libro piuttosto straordinario, frutto
di un impegno di lavoro protrattosi per molti anni, impossibile se l’autrice-esploratrice
non fosse stata motivata, oltre che da intelligenza ed istinto, da un singolare
amore per la sua terra, e da una sorta di curioso affetto per i protagonisti
di questa storia: i membri della “Università ebraica” del Finale,
che non esiste più. La prima riflessione sarebbe questa. Fate attenzione:
la storia qui narrata tratta di un periodo che definirei “pre-illuminista”;
illustra quindi tutte le superstizioni, tutte le fantasie, tutti i pregiudizi
che erano allora largamente condivisi, dal “volgo” come dalle classi colte,
e che a un lettore contemporaneo appaiono poco meno che favole. L’epoca
di cui ci parla è la stessa che offrì ad Alessandro Manzoni
la materia per il suo grande romanzo (ritroverete qui anche la stessa epidemia
di peste che occupa pagine immortali dei Promessi Sposi). Fervido cattolico
qual era, il Manzoni era pur sempre figlio dell’illuminismo, e guardava
all’Italia di quei tempi, da lui non lontani, con un occhio ironico e talvolta
quasi incredulo, per lo straordinario rivolgimento dei costumi e delle
credenze che era avvenuto nell’arco di pochissime generazioni. Con lo stesso
animo il lettore di quest’opera della Balboni guarderà al ritratto,
qui minuziosamente disegnato, della vita che si svolgeva tra il Cinque
e il Seicento, da Ebrei e non Ebrei, al Finale di Modena; che, se non erro,
così allora si chiamava, e non, come oggi, Finale Emilia.
Si può ancora ottenere l'annullo postale speciale con un cartolina dedicata alla manifestazione appositamente realizzata . |