dal sito StudioRicerche Sociali

SVILUPPO

Le relazioni tra centro - periferia, tra macro - micro dinamiche dello sviluppo sono sempre state ragioni di confronto tra varie scuole di pensiero economico. Oggi, l'interesse su tali relazioni è maggiormente cresciuto a causa della contemporanea globalizzazione e localizzazione delle dinamiche economiche. Si tratta di fenomeni studiati a livello internazionale, sia nei paesi sviluppati sia in quelli in via di sviluppo.

Lungo tale itinerario, si possono cogliere alcune fasi che hanno fatto emergere teorie, metodologie e strumenti riguardanti lo sviluppo autopropellente a livello locale.

Sin dalla prima metà del secolo scorso la questione dello sviluppo regionale è stata promossa da scrittori utopisti ed anarchici interessati alle questioni sociali e, più tardi (intorno al 1900), dal regionalismo e dalla geografia economica.

Negli anni '20 furono sviluppate teorie di pianificazione regionale e di sviluppo economico regionale più sistematiche (Weaver, 1984; Hahne, 1985; Hahne & Stackelberg, 1994).

Solo dopo la seconda guerra mondiale presero avvio politiche esplicite di sviluppo regionale. Ad esempio, nella Germania occidentale, l'obiettivo di realizzare "condizioni di vita equivalenti" fu fissato per legge negli anni '60 e furono stabiliti meccanismi di trasferimento finanziario fra le regioni. In quel periodo sforzi simili possono essere rintracciati in altri paesi, motivati dalla crescente discussione sulle disparità delle condizioni di vita e dall'aumento dei flussi migratori.

E' infatti tra gli anni '50 e '70 che maturano tre importanti cambiamenti paradigmatici nelle teorie dello sviluppo:

  • dagli approcci esogeni a quelli endogeni;
  • dalla localizzazione (poli industriali) al dinamismo relazionale (effetto cumulativo dello sviluppo e diffusione per reticoli industriali);
  • dall'orientamento ai fattori di produzione (terra, lavoro, capitale, energia, etc.) all'orientamento agli attori (soggetti sociali ed istituzionali).

Inoltre, tra gli anni '70 ed '80, molti paesi sono stati interessati da crisi dei propri modelli industriali di sviluppo, con effetti moltiplicatori alimentati dalle interdipendenze dell'economia mondiale, dallo sfruttamento intensivo delle risorse, dallo sviluppo tecnologico, dalla saturazione e dalle contrastanti dinamiche dei mercati, dalla crescita della disoccupazione e di problemi sociali ed istituzionali.

Si è così innestata una crescente tendenza all'aumento dei fattori internazionali di interconnessione; tendenza che caratterizza questa fine secolo ed il passaggio al nuovo millennio. Nel dibattito pubblico "globalizzazione" è diventato uno slogan comune usato per giustificare l'impotenza politica, i tentativi di smantellare i sistemi di sicurezza sociale e di favorire la polarizzazione.

Le nuove teorie e politiche di sviluppo sostenibile devono, quindi, fare i conti con tale prospettiva, utilizzando le considerevoli opportunità aperte dalla crescente consapevolezza sui limiti insiti nei modelli di sviluppo finora praticati (crescenti problemi ambientali e sociali, globalizzazione del rischio, etc.) e dalle molteplici iniziative innovatrici che dimostrano empiricamente la fattibilità di alternative orientate alla sostenibilità (economica, ambientale e sociale).

Mentre si assiste, senza dubbio, all'internazionalizzazione ed all'europeizzazione dell'economia, della politica ed anche (sebbene più lentamente) della cultura, esiste una contemporanea tendenza ad accrescere l'importanza delle dimensioni regionale e locali.

Si assiste così alla realizzazione di uno spazio economico, politico e culturale di dimensione europea ove si determinano situazioni ed opportunità nuove, nonché esigenze di orientamento in un quadro di maggiore coerenza.

Le regioni vedono crescere il loro ruolo di attori in una arena europea di competizione economica. Con il "marketing regionale", esse cercano di promuovere le loro peculiarità economiche e culturali. Le strategie di "identità regionale", in analogia a quanto avviene per "l'identità aziendale" sono considerate sempre più importanti per lo sviluppo economico. Le migliorate tecnologie di trasporto e di comunicazione non hanno soltanto cambiato i modelli di relazioni internazionali, ma hanno anche modificato la struttura dello spazio regionale: problematiche prima soltanto locali hanno acquisito, ora, un carattere regionale.

In ambito politico, è possibile osservare, in tutta Europa, una crescente tendenza al potenziamento dell'autonomia regionale. Specialmente in Spagna, Italia, Francia e Gran Bretagna, i movimenti regionalisti (talvolta anche con rozzi connotati di anti — solidarietà) hanno spinto avanti un processo di devolution (trasferimento di responsabilità) che oggi sembra non più rinviabile.

Gli stati nazionali centralizzati sono obbligati a trasferire responsabilità di governo a livelli e dimensioni inferiori per dare spazio alle varietà e alle dinamiche regionali non solo in termini culturali, ma anche economici e politici. Le Regioni non solo acquisiscono una crescente autonomia rispetto agli stati nazionali, ma aumentano la cooperazione orizzontale e di rete oltre i confini nazionali; e questo contribuisce ad ampliare la portata della loro azione.

Con la realizzazione del mercato unico europeo, le politiche regionali hanno acquisito una considerevole importanza nella politica complessiva dell'Unione Europea. I Fondi Strutturali sono stati definiti come uno strumento per il trasferimento monetario fra regioni europee. In molti casi la gestione di questi fondi ha portato ad un ampliamento della portata di azione delle regioni.

Nel corso degli ultimi decenni, il notevole successo economico di alcune regioni europee caratterizzate da una rete di piccole e medie imprese (ad esempio, buona parte dell'Italia centro — settentrionale, la cosiddetta "Terza Italia") ha attirato l'attenzione sul ruolo dei contesti regionali (e locali) nello sviluppo economico, ampiamente trascurate dal pensiero economico tradizionale.

Investigare su quanto siano radicate a livello regionale talune attività economiche, prendere in considerazione gli aspetti microeconomici delle condizioni di sviluppo invece di focalizzarsi sulla macro - economia ha condotto alla scoperta di nuovi campi d'azione per le regioni.

Grazie a tutte queste considerazioni ed a tali fenomeni, il dibattito sullo sviluppo regionale è fortemente progredito nel corso degli ultimi decenni, e molti sono gli aspetti che possono essere presi in considerazione.

Esistono, ovviamente, notevoli legami fra il dibattito sullo sviluppo regionale e quello sullo sviluppo sostenibile. E concrete sono le speranze che le strategie regionali possano essere orientate e contribuire alla sostenibilità, dando luogo a nuove teorie, approcci e strumenti di sviluppo regionale sostenibile.

Infatti, la dimensione locale rappresenta il punto focale per la canalizzare le energie verso l'innovazione, la diversificazione e l'integrazione che costituiscono basi importanti per lo sviluppo sostenibile.

L'innovazione non è soltanto capacità di invenzione o di ricerca, ma anche capacità di realizzare nuovi modelli di vita sociale (OECD, 1993). L'innovazione non riguarda soltanto cosa produrre (beni, servizi, etc.) ma anche come produrre al meglio (processi, mercati, organizzazioni).

Diversificazione vuol dire aumento nella varietà dei prodotti, dei comportamenti, degli stili di vita. La diversificazione è una fonte importante di innovazione, essendo basata sulla ricerca e sulla valorizzazione delle identità economiche, sociali, culturali e naturali delle comunità locali.

Integrazione significa dare coerenti quadri di riferimento che facilitano la combinazione tra le diversità espresse dalle economie locali.

L'integrazione ha funzione di orientamento, stimolando la creazione e la moltiplicazione delle iniziative locali per l'occupazione e per lo sviluppo sostenibile.

In tale modo, integrazione significa anche collegamento della qualità del cambiamento locale per aree regionali. Si pensi, ad esempio, al sistema regionale di gestione ambientale (REMS) ed al bioregionalismo. Essi costituiscono una combinazione in grado di cambiare l'orizzonte della progettazione e della programmazione in virtù del passaggio da politiche centralizzate al federalismo e alla sussidiarietà, al potenziamento della democrazia, alla cooperazione, al networking, al partenariato e alla partecipazione delle persone, richiedendo metodi olistici e sinergici che assumano l'importanza della diversità e dell'unità, dei limiti e del benessere (Welford, 1995).