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APPUNTI   STORICI  SU  SAN    NICETA

di

  DON    NICETA     SINDACO

 

 

  Il nome Niceta significa vincitore, perché deriva dal verbo greco "nicao".
Molti biografi (Cfr. Bollanvisti: 15 sett.) ricordano che il culto a San Niceta Martire, di nazionalità gota, è celebre presso i Greci e i Moscoviti.
  Il Baronio così lo ricorda nel Martirologio Romano: San Niceta martire goto, che fu condannato ad essere bruciato, per la fede cattolica, da Atanarico.
Molti cristiani furono condannati al rogo da Atanarico, per cui, questa persecuzione è chiamata "la persecuzione del fuoco".
  
   Menologi e Sinassari della Chiesa greca fissano la festa del Martire Niceta al 15 settembre e sono concordi nel dire che S. Niceta è nato sotto Costantino Imperatore, era ricco e nobile, guerriero come tutti i connazionali, ammaestrato nella dottrina cristiana dal Vescovo dei Goti, Teofilo, cooperò alla diffusione della fede tra la sua gente e, a causa di essa, fu sottoposto a tormenti e arso vivo per ordine di Atanarico.
  Pietro de Natali, nel suo libro V, al cap. IV, ricorda S. Niceta e (errando) fissò la data della morte al 25 maggio. La data errata del 25 maggio ha indotto alcuni calendari gotici ed altri, a inserire la festa in quel giorno.

    Il Menologio Sirlentiano fa questo elogio del nostro martire: " Commemorazione di San Niceta Martire, il quale, nato sotto l'impero di Costantino Magno, e educato nella Regione dei Goti, al di là del Danubio, nell'odierna Romania, non comunicava con i barbari, ma, educato nella fede dal santo vescovo Teofilo, faceva comunità con uomini pii, che adoravano il vero Dio. Incarcerato dal re Atanarico per la fede cattolica, fu sottoposto a molti tormenti e in fine morì arso vivo".
   Quando si dice che non comunicava con i barbari, si vuole dire che non aveva in comune con loro né la fede né la morale. Anzi, menologi e sinassari greci, oltre a menzionare quanto sopra, notano che Niceta cooperò col suo maestro vescovo Teofilo, alla diffusione della fede cattolica tra la sua gente. Chiamano Atanarico: mendace, bugiardo.

   Il Menologio basiliano compendia gli atti di San Niceta così: Il combattimento (certamen) del Grande Martire Niceta. Niceta fu un eccellente (praeclarus) martire di Cristo, al tempo dell'imperatore Costantino, di nazionalità gotica, fiorente in mezzo al suo popolo per nobiltà e ricchezze, istruito nella fede da Teofilo, vescovo religiosissimo (piissimo) della Gozia. Quando tutta la gente dei Goti fu divisa in due fazioni e l'una e l'altra si elesse un principe, uno dei due principi volò dall'imperatore romano, il quale dopo aver fatto  una spedizione contro il tiranno della fazione contraria (Atanarico) e dopo aver riportato una insigne vittoria e assoggettato i Goti, da quel tempo il genere dei cristiani si moltiplicò tra i Goti. Il primo di questi fu Niceta, che apertamente (ex summa libertate) annunciava la fede al popolo. Ma quando l'imperatore romano se ne andò, i Goti infedeli, accesi da furore, suscitata contro i cristiani la persecuzione, tormentarono chi in un modo, chi in un altro; Niceta invece lo condannarono al fuoco, dopo averlo tormentato con molti supplizi.

   Simeone Metafratte (X secolo) nel vol. V degli "Acta sanctorum septembris" pagg. 40-43, aggiunge alle notizie dei menologi Sirlentiano e basiliano, i rapporti indiretti di Niceta col vescovo goto Ulfila, considerato successore di Teofilo, e quelli di intima amicizia con Mariano di Cilicia (nell'odierna Turchia), dando poi la relazione della traslazione delle sue reliquie nella città di Mopsuestia, e del culto, che esse ebbero colà dapprima privato, quindi pubblico e solenne.
   Anche se tale versione è del X sec. è da considerarsi veritiera perché ha attinto a una fonte vicinissima al tempo di San Niceta.Ne parleremo ampiamente, quando parleremo di un manoscritto della biblioteca regia del re di Francia, la cui traduzione dal latino fatta dal sac. D. Tiburzio Macchia, arciprete, è in mio possesso. Il tutto concorda con un documento antichissimo scoperto da padre Delehaye.

   Il prof. Giuseppe Gabrieli, illustre cittadino di Melendugno, Bibliotecario della R. Accademia del Lincei, in occasione del giubileo sacerdotale di suo zio D. Luigi Gabrieli, Arciprete di Calimera, pubblicò nel 1912 , alcuni appunti su "San Brizio e San Niceta".
   Su questi appunti a pag. 18-19 ricorda che proprio in quei giorni il padre DELEHAYE pubblicò, servendosi di 4 manoscritti greci (2 parigini, 1 della Bodleiana e un altro del BR MUS), una versione inedita, certamente molto più antica, degli "Atti di San Niceta". Dall'esame critico fatto dal P. Delehaye, tale versione pare risalga quasi certamente alla fine del V sec., appena cioè un secolo dopo il martirio di San Niceta. Anzi, osserva il prof. Gabrieli, secondo le induzioni del SERRUIS, riconosciuto di specialissima competenza in problemi di cronologia bizantina, il redattore di questa passione originale avrebbe attinto a una fonte quasi contemporanea al martirio.
L'autore fu un cittadino di Mopsuestia, ma non dà il suo nome e probabilmente scrisse nel sec. V, sotto l'episcopato di uno degli immediati successori di Aussenzio, Vescovo di Mopsuestia, alcuni anni dopo il Concilio di Calcedonia (a. 451).
Di chi si è servito l'anonimo autore? Secondo il Bollandista P. Delehaye si è servito:

1) Della STORIA ECCLESIASTICA di Socrate (439), adattandola alla biografia di S. Niceta, specialmente quando illustra i rapporti diretti o indiretti di Niceta con i Vescovi Teofilo e Ulfila; quest'ultimo ariano. Si preoccupa di dimostrare che S. Niceta non era ariano.

2) Da una sincera tradizione locale (Apseudès paràdosis) fedelmente conservata quale eredità e successione da padre a figli, la quale narrava come Mariano fu guidato da una stella sul luogo del martirio e a riconoscere il corpo bruciato dell'amico Niceta tra i tanti martiri, di notte.
Lo trova bruciacchiato ma intatto, "come pane cotto o abbrusolito" (O'SPER A'RTON OPTETE'N). "Raccolto e strettoselo al petto" e depostolo in una cassa lunga e stretta (en glossocòmo) lo trasportò in questa città amica del Cristo".

3) Terza fonte: "TA OIKEIAKA' SUMBO'LAIA" di Mariano " di felicissima memoria, conservati fino adesso". Cioè: "DOMESTICI (Familiari o privati) PATTI" (strumenti, documenti o segni) che attestano e confermano la cronologia della storia ecclesiastica di Socrate. P. Delahaye congettura trattarsi di "un breve ragguaglio o processo verbale, una semplice attestazione datata dell'identità del corpo del Santo, il cui testo era stato forse conservato in un'iscrizione".

   L'anonimo autore degli "Atti di San Niceta" (di cui P. Delehaye) dopo aver narrato la deposizione delle sante reliquie, " dalla casa di colui che le aveva messe in salvo (Mariano) al tempio erettogli alle porte di Mopsuestia"  aggiunge: " tòte tòn antìkeira toù leipsànou toù aghìou pìstei cratèsantes" cioè " allora si tennero, trattennero, per fiducia (nella sua miracolosa protezione) il pollice del Santo". Chi fece ciò? I familiari o i parenti di Mariano, perché, sembra, fosse morto.

   Il prof. Gabrieli a pag. 19 vede in quei PATTI DOMESTICI un piccolo scritto lasciato da Mariano in memoria del Santo suo amico, con la data del trasporto delle venerate spoglie, dalla Dacia in Cilicia e conservato insieme con la suddetta reliquia (di cui era una autenticazione), dagli eredi di Mariano; i quali forse vi aggiunsero la data della traslazione nella basilica dedicata al Santo Martire.

   La data è il 15 settembre, che perciò non è il giorno del martirio ma della deposizione delle sacre reliquie nella basilica di Mopsuestia come esplicitamente dichiara l'anonimo mopsuestiano.

Le notizie personali biografiche riportate dal documento anonimo sono esigue, vaghe e generali.

Eccole:
   Primeggiava presso i barbari per virtù di vita, virilità di animo e nobiltà di nascita. Da Teofilo Niceta ha "avuto la speranza nel Cristo e la fede ortodossa" In greco: econ ten eis Kristòn elpìda kai didascalìan ortòdoxon (il Metafraste aggiunge: nella sua adolescenza).

   Continua: TEOFILOU ton ieròn tes didascalìas aperusàmenos remàton, ossia : bevve alle sacre correnti della sacra dottrina di Teofilo. Il Metafraste quindi mette in evidenza l'ortodossia di Niceta, poiché numerosi erano i Goti ariani.

   Pochi i particolari del martirio riportati dal manoscritto: "dopo averlo spezzato (rottane con verghe le membra) trascinato e pesto, lo gettarono nel fuoco".
   Il fatto che l'autore del manoscritto ha riferito il minimo essenziale significa che non ha inventato nulla e che scriveva dopo qualche generazione dopo la morte di Mariano.

   L'anonimo agiografo conclude: " I miracolo del Santo Martire Niceta, molti e diversi, convien lasciarli che li narrino quelli stessi che li hanno ricevuti. Chi infatti è più eloquente degli infermi risanati? Quanto al presente martirio, esso è opera di verità, non abbellimento di loquela"

 

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