L'ENERGIA |
IL PETROLIO Il petrolio è il principale combustibile fossile liquido. E' costituito da una miscela di idrocarburi (molecole costituite da carbonio e idrogeno) che derivano dalla decomposizione in ambiente marino, al di sotto delle coperture sedimentarie, di organismi animali e vegetali. Poiché i tempi naturali di formazione del petrolio sono di decine di milioni di anni, e lo sfruttamento invece rapidissimo, questa fonte, al pari degli altri combustibili fossili, da considerarsi praticamente non rinnovabile. La maggiore o minore facilità di estrazione dipende dal grado di fluidità del greggio e dalla permeabilità della roccia porosa che lo racchiude. La pressione che permette al greggio di risalire in superficie data dalla presenza in soluzione di idrocarburi gassosi: una volta effettuata la trivellazione della roccia, la spinta si distribuisce in tutte le direzioni e non solo verso l'alto, determinando la cosiddetta perdita di carico, che è inevitabile. Una volta esaurito il giacimento, resta una roccia spugnosa vuota. Un tempo si recuperava solo il petrolio che usciva dal sottosuolo spontaneamente, invece oggi si procede al recupero secondario mediante i sistemi di gas injection oppure di water injection che consistono nel pompaggio sotto terra di gas o acqua, allo scopo di spingere verso l'alto il greggio rimasto nella roccia spugnosa e ormai privo di pressione. Il petrolio greggio estratto non è immediatamente utilizzabile: deve essere deacquificato mediante riscaldamento, purificato per centrifugazione, separato nei suoi componenti principali (gas, benzina, gasolio, nafta, oli pesanti) mediante distillazione frazionata (topping) e trattato chimicamente per aumentarne il pregio (processi di cracking, di reforming e di alchilazione). Tutte queste pratiche costituiscono il processo di raffinazione del petrolio. Sino agli anni Ottanta le raffinerie erano localizzate in prevalenza nei paesi economicamente sviluppati che importano il greggio. Infatti, i paesi esportatori non disponevano della tecnologia necessaria alla raffinazione. Nell'ultimo decennio, invece, si è assistito ad un processo di redistribuzione delle raffinerie su scala mondiale. I paesi ricchi, meno attratti da un settore la cui tecnologia non è importante ed interessante, lo abbandonano, anche perché si tratta di un comparto ad elevato rischio ecologico; preferiscono quindi importare prodotti petroliferi già raffinati. Raramente il petrolio affiora spontaneamente in superficie, ma è proprio ciò che accadde 5000 anni fa, quando gli egizi ne scoprirono l’esistenza e presero ad utilizzarlo per curare reumatismi e disturbi circolatori, oltre che per favorire il processo di mummificazione. Successivamente, il petrolio cominciò ad essere conosciuto ed utilizzato in gran parte del bacino del Mediterraneo e del vicino Oriente. I Persiani e Romani presero ad impiegarlo per l'illuminazione e la costruzione di armi incendiarie. Per assistere ad un’ utilizzazione su larga scala del petrolio bisogna però attendere fino alla metà dell’Ottocento, quando furono realizzate le prime trivelle capaci di scavare in profondità alla ricerca del prezioso combustibile e messe a punto le prime sia pur rudimentali tecniche di raffinazione. Il petrolio, infatti, è una miscela estremamente complessa di decine idrocarburi. Tutte le molecole degli idrocarburi sono costituite da due soli tipi di atomi: carbonio e idrogeno. In base alla quantità di atomi di carbonio presenti nella molecola, gli idrocarburi sono gassosi (fino a 4 atomi), liquidi (da 5 a 20 atomi) e solidi (oltre 20 atomi). Gli idrocarburi costituiscono infatti un'ampia categoria di sostanze, dal momento che il carbonio ha molte possibilità di legarsi ad altri atomi di carbonio e idrogeno in catene aperte (lineari o ramificate), chiuse (ad anelli, gli idrocarburi ciclici come il benzene ne hanno uno solo) o miste (con parti aperte e parti ad anello). Esistono migliaia d'idrocarburi con una diversa struttura molecolare, ma sempre con la stessa composizione chimica di base. Vi sono idrocarburi con legami semplici (detti alcani, come il metano), legami doppi (detti alcheni, come il propilene) o legami tripli (detti alchini, come l'acetilene). Trattando gli idrocarburi più pesanti è possibile romperne i legami e ottenere molecole più leggere e versatili con le quali si può comporre tutta la vasta gamma dei prodotti petrolchimici. Dal petrolio si possono infatti ottenere molti prodotti: i più diffusi combustibili (benzina, gasolio e altri derivati del petrolio) e molte delle materie plastiche. I quattro idrocarburi più usati sono l'etilene, il propilene, il butadiene e il benzene. Le loro molecole li rendono particolarmente adatti a ricomporsi in lunghe catene organizzate. La complessità delle sostanze petrolchimiche viene ricostruita con numerosi passaggi e diversi percorsi produttivi attraverso i quali si giunge a una grande varietà di prodotti. L'etilene è la sostanza di partenza più utilizzata nel mondo (5 milioni di tonnellate all’anno): da solo viene utilizzato per produrre detergenti, mentre, mediante polimerizzazione, permette di ottenere il polietilene (PE), presente in numerosi imballaggi. Combinando l'etilene con acqua si ottiene l'alcol etilico, uno dei più comuni solventi; combinandolo con il benzene, si ottiene il polistirolo (PS), usato comunemente come isolante e per realizzare imballaggi; combinandolo con il cloro si ottiene il polivinilcloruro (PVC), molto utilizzato in edilizia. Il propilene è il punto di partenza per numerose sostanze chimiche, tra cui l'isoprene, la glicerina e l'acetone. Combinando tra loro migliaia di molecole di propilene si ottiene il polipropilene (PP), utilizzato per gli imballaggi e altri manufatti. Il butadiene viene usato soprattutto nella preparazione di gomme sintetiche e come solvente. Infine, dal benzene si ricavano prodotti intermedi utilizzati in numerosi processi industriali. Per suddividere il greggio nei suoi componenti si ricorre ad un processo che sfrutta il fatto che ciascun idrocarburo presenta una diversa temperatura di ebollizione. In questo modo si estraggono i diversi prodotti finiti: il gasolio, che presenta da 14 a 20 atomi di carbonio ed è comunemente utilizzato come combustibile per motori diesel e per il riscaldamento domestico; il kerosene (con 10/15 atomi di carbonio) usato come propellente per gli aerei a reazione e come combustibile negli impianti di riscaldamento; la nafta (con 8/12 atomi di carbonio) usata come combustibile e per produrre materie plastiche, farmaci, pesticidi e fertilizzanti; le benzine (con 5/10 atomi di carbonio) usate come carburante per automobili ed aerei, ma anche nella produzione di materie plastiche e detersivi; i gas, quali il metano, l’etano, il propano e il butano, usati come combustibile e per produrre materie plastiche. Gli ambienti più favorevoli alla formazione degli idrocarburi sono le aree con una scarsa circolazione sui fondali e continui apporti di detriti da parte dei fiumi (antichi mari o laghi), bacini sedimentari dove la crosta terrestre si è abbassata in seguito a processi geologici naturali. In quei luoghi vivevano numerosi microrganismi, che dopo la morte si depositarono sul fondo e vennero continuamente ricoperti da detriti terrosi e da minerali. Gli strati di fango ricchi di sostanza organica sprofondarono lentamente sotto il peso di nuovi sedimenti. Si formarono così gli idrocarburi, attraverso un processo molto lento, durato da 10 a 100 milioni di anni, in funzione delle temperature raggiunte. Attualmente il petrolio copre quasi il 35 per cento dei consumi mondiali di energia e le sue riserve non sono uniformemente distribuite nel mondo, ma concentrate in alcuni Paesi: il solo Medio Oriente ne possiede il 65 per cento (vedi Figura 3), l'America del Sud il 9 per cento, mentre i Paesi dell'ex-Unione Sovietica, l'Africa e il Nord America ne possiedono ciascuno tra il 6 e il 7 per cento. Ma i paesi che consumano più petrolio sono quelli che meno ne possiedono. L'Europa, ad esempio, possiede meno del 2 per cento delle riserve mondiali di petrolio, ma consuma ogni anno il 38 per cento della produzione mondiale. Questo significa che, mantenendo l'attuale livello di produzione e in assenza di nuovi giacimenti, Europa e America del Nord termineranno le loro riserve nel giro di pochi anni rispettivamente 8 anni e 14 anni) e dovranno utilizzare solo il petrolio importato. |