A.G.a.Fe
(Algebraic Geometry at Ferrara)
Fabio Conforto e il
suo trattato
“Abelsche Funktionen und Algebraische
Geometrie”
Il trattato Abelsche Funktionen und Algebraische
Geometrie è una rielaborazione delle note delle lezioni tenute da Fabio Conforto nell’anno accademico 1940-41
presso l’Istituto Nazionale di Alta Matematica, pubblicate col titolo Funzioni abeliane e matrici di Riemann
presso la Libreria dell’Università di Roma nel 1942. Lo stesso Conforto in una
lettera ad Erhard
Schmidt datata 29 Dicembre 1951
scrive:
“Io
mi propongo di riscrivere tutto il testo ancora una volta ex-novo, usufruendo
della mia redazione del 1942, la quale rimane in un certo senso come il nucleo
intorno al quale si sviluppa la nuova trattazione”.
In
Funzioni abeliane e matrici di Riemann,
Conforto riprende le teorie classiche sull’argomento, originate dalle ricerche
di Jacobi, Riemann, Weierstrass, Poincaré, Krazer, e le presenta sotto una
nuova forma assai più coerente e naturale, svolgendo in tutti i dettagli
un’idea che era stata realizzata nel 1891 da Paul
Emile Appell, limitatamente però al caso delle funzioni di due variabili, e
ventilata poi in generale nel 1928 dal Solomon
Lefschetz (vedi oltre). La stessa idea, indipendentemente dal Conforto, fu
seguita nel 1948–49 da Carl
Ludwig Siegel e André
Weil, infatti l’opera di Conforto non ebbe la diffusione che si sarebbe
meritata, poiché pubblicata durante il periodo bellico in veste litografica e
tiratura limitata. Nell’introduzione Conforto scrive:
L’origine storica della teoria delle funzioni abeliane è
da ricercarsi nel problema di inversione sopra una
curva algebrica C di genere p, posta da Jacobi
nel 1829. Siano infatti:
p integrali abeliani
di prima specie, linearmente indipendenti, sopra C e si ponga:
dove
è il punto di C. Immaginando fissato l’estremo
inferiore (x0 ,y0), il teorema di Abel implica che comunque fissati
comunque u1 , u2 , ….., up rimane individuato
il gruppo di punti (x1 ,y1 ), (x2 ,y2
),…,(xp ,yp ) (o eccezionalmente, una serie lineare gp su C). Se però u1 , u2 , ….., up si incrementano di ω1 , ω2 , ….., ωp dove ωi (i=1,2,…,p) indica il periodo dell’integrale percorso lungo un ciclo
qualsiasi tracciato sulla superficie di Riemann relativa a C, si ottiene sempre lo stesso gruppo di p punti. Da qui scende che il gruppo dei punti (x1 ,y1), (x2 ,y2),…,(xp ,yp) , o più precisamente una funzione simmetrica delle
coordinate dei punti del gruppo è una funzione uniforme e meromorfa di u1 , u2 , ….., up , la quale possiede il sistema simultaneo di
periodi ω1 , ω2 , ….., ωp tale cioè che il
valore della funzione rimane inalterato quando ui si incrementa di
ωi (i=1,2,…p) . Poiché sulla riemanniana di C esistono 2p cicli indipendenti, la funzione di cui trattasi, possiede 2p sistemi di periodi simultanei.
Le
funzioni che si ottengono dal problema di inversione sono appunto le funzioni
abeliane. La risoluzione effettiva del problema di inversione, sostanzialmente
contenuta nei lavori di Abel e Jacobi per p=1, fu ottenuta successivamente da Gopel
e Rosenhain
per p=2 ed infine
da Riemann e Weierstrass
per p qualunque, a mezzo delle
cosiddette serie θ, considerate da
prima da Jacobi per p=1. Dopo Riemann e Weierstrass, la teoria delle
funzioni abeliane si è sviluppata, anche al di là del problema di inversione,
essendosi constatato che esistono funzioni uniformemente meromorfe, dotate di 2p sistemi di periodi simultanei, le
quali sono più generali delle funzioni che risultano dal problema di
inversione, che porta soltanto, secondo la denominazione di Poincaré, alle
funzioni abeliane speciali.
Conforto osserva poi che volendo dare
un’esposizione sistematica della teoria delle funzioni abeliane, non possono
non apparire naturali i due seguenti criteri:
a) iniziare lo studio dalla definizione di funzione
abeliana come funzione analitica meromorfa di p variabili, dotate di 2p
sistemi di periodi simultanei; attaccarsi così alle funzioni abeliane più
generali trascurando in un primo momento le funzioni abeliane speciali: il
problema di inversione ed i rapporti tra funzioni abeliane e curve algebriche
vengono ridotti così al rango di applicazioni, per quanto di somma importanza,
della teoria generale: e troveranno posto più avanti, nello studio di classi
speciali di funzioni abeliane.
b) Dedurre direttamente dalla definizione di funzione
abeliana la possibilità di esprimere tali funzioni mediante il quoziente di due
funzioni intermediarie ed arrivare quindi a dimostrare che le funzioni
intermediarie si esprimono per mezzo di serie, le quali hanno necessariamente
la forma delle funzioni θ. Nella
realizzazione di questo programma, le condizioni necessarie e sufficienti, alle
quali deve essere soddisfare la matrice dei periodi perché esistano le
corrispondenti funzioni abeliane, si presenteranno naturalmente, come
conseguenza dell’esistenza delle funzioni intermediarie. La via tratteggiata
conduce dunque al possesso:
A) del teorema di esistenza delle funzioni abeliane;
B) della teoria delle funzioni intermediarie,
che viene adoperata nelle applicazioni,
specialmente geometriche;
C) della teoria delle funzioni θ mediante le quali si ha una comoda espressione analitica
delle funzioni abeliane.
E tutto ciò senza che, in alcun punto, vengano introdotti nozioni e
concetti, dei quali non appaia necessariamente e naturale l’introduzione.
Ricordiamo che questo programma era
stato sviluppato nella memoria di Appel e Frobenius (v.
pag. precedente).
Nelle lezioni di Conforto, il contenuto della memoria di Appell viene
generalizzato ad un qualunque valore di p,
di modo che, usufruendo ad un certo punto
dei risultati di Frobenius, si
ha la realizzazione completa del programma sopraindicato.