UOMINI,
LIBRI, BIBLIOTECHE
L'INCONFESSATO DESIDERIO DI IMMORTALITA'
di Tiziano
Casartelli
Quasi 2300
anni separano la fondazione della Biblioteca di Alessandria, avvenuta
nel 280 A.C. ad opera di Tolomeo II Filadelfo, dalla biblioteca virtuale
ideata agli albori del 2000 dal magnate americano Paul Allen. Eppure
entrambe sono ispirate da un unico ed ambizioso intento: quello di
raccogliere e, a loro modo, di racchiudere entro le proprie mura
l'intero sapere dell'uomo.
Lo stesso sovrano alessandrino ideò il testo della lettera con la quale
invitava "tutti i governanti della terra" a inviare senza
esitazione ad Alessandria le opere di qualunque genere di autori:
"Poeti e prosatori, retori e sofisti, medici e indovini, storici e
tutti gli altri ancora" affinché si potessero raccogliere, in
quella che sarebbe poi stata considerata la più grande biblioteca
dell'antichità, "i libri di tutti i popoli della terra" (1).
Non sappiamo se anche per un solo momento della sua secolare e
travagliata storia, la grande Biblioteca Ellenistica riuscì almeno a
sfiorare l'intento di raccogliere la sapienza dell'intero universo, ne
se vi riuscirà la tecnica dell'uomo del XXI secolo. E' però probabile
che i limiti dell'assoluto abbia potuto toccarli soltanto la Biblioteca
di Babele, la biblioteca di carta di Jorge Luis Borges: grazie ad essa
"tutti gli uomini si sentirono padroni di un tesoro intatto e
segreto. Non v'era problema personale o mondiale la cui eloquente
soluzione non esistesse" e "quando si proclamò che la
Biblioteca comprendeva tutti i libri, la prima impressione fu di
straordinaria felicità" (2).
Più selettive ma non meno precise ed ambiziose, si dimostrarono le
intenzioni di Federico Borromeo all'atto di fondazione della Biblioteca
Ambrosiana "per fornir la quale di libri e manoscritti spedì otto
uomini, de più colti ed esperti che poté avere a farne incetta, per
l'Italia, per la Francia, per la Spagna, per la Germania, per le
Fiandre, nella Grecia, al Libano, a Gerusalemme" (3) .
Nello stesso periodo comincia a definirsi l'idea che il numero dei libri
offerti agli studiosi conti quanto l'accoglienza riservata agli studiosi
e le condizioni degli spazi destinati alla lettura. Riferisce il Manzoni
che nella "libreria" Ambrosiana i libri erano "esposti
alla vista del pubblico, dati a chiunque li chiedesse e datogli anche da
sedere, e carta, penna e calamaio per prendere appunti che gli potessero
bisognare".
Se il proposito delle grandi biblioteche è quella di custodire il
sapere dell'uomo nella sua totalità, quello di ogni biblioteca,
pubblica o privata, è di riuscire a fornire al lettore nel modo più
esauriente possibile, almeno un compendio di ogni disciplina. Così la
grande biblioteca conventuale francese frequentata da un esule orientale
e descritta da Montesquieu nelle Lettere Persiane, pur nella sua
ampiezza, fornisce soltanto un condensato dei diversi campi del sapere,
ma l'impianto è così esauriente da sorprendere l'ospite persiano.
Non da meno le biblioteche specialistiche si prefiggono una loro totalità,
nei limiti, in questo caso, delle ramificazioni di una sola disciplina.
Le raccolte di libri appartenenti a uomini politici o a eruditi non
hanno sempre avuto bisogno di essere vaste e copiose per suscitare
l'interesse e procurare l'ammirazione di ospiti e viaggiatori. Se
infatti in epoca imperiale romana lo sfoggio in gran quantità di libri
era simbolo di rango, non meno che di modernità, in epoche più recenti
poche centinaia di volumi potevano già costituire una biblioteca
cospicua e degna di interesse.
Quella del colto e raffinato don Ferrante descritta dal Manzoni nel
capitolo XXVII del suo romanzo ne conteneva meno di trecento, tuttavia
la qualità delle opere permetteva allo scrittore milanese di valutarla
come "considerabile", nonostante il loro numero relativamente
modesto.
La contemporanea e vituperata collezione di don Chisciotte non era
costituita che da un centinaio di volumi di cavalleria, la cui lettura e
rilettura, a detta dei congiunti del cavaliere errante, sarebbe solo
servita a "frastornargli in cervello" (4).
Il libro appassiona, coinvolge, offre al lettore un'interpretazione del
mondo ma, allo stesso tempo, sfuma e confonde la realtà: non è
secondario il fatto che nel grande romanzo di Robert Musil, il
bibliotecario di corte che accompagna il generale Stumm (5) lungo
i corridoi della biblioteca nazionale o il priore della libreria
conventuale descritta da Montesquieu, non conoscono i libri che pur
amorevolmente conservano: "Io abito qui come una terra straniera,
non vi conosco nessuno" risponde il monaco alla domanda del suo
ospite, in merito al contenuto di un gruppo di libri. Non molto
diversamente lo sbigottito generale Stumm si sentirà confessare dal più
disincantato conservatore che, per evitare di farsi sopraffare, ha
sempre evitato di leggere i libri che custodisce: "Il segreto di
tutti i bravi bibliotecari è di non leggere mai. Chi si impaccia è
perduto".
Talvolta il libro intimorisce, specialmente quando sembra mettere in
evidenza la nostra impotenza di lettori; di fronte a "quella
colossale profusione di libri" il generale di Musil manifesta un
evidente sbandamento; si rende conto che anche sottoponendosi alla
colossale fatica di leggerne almeno uno al giorno, non gli sarebbero
bastati 10.000 anni per venirne a capo. Anche se la totalità inseguita
da Tolomeo appare dunque umanamente irraggiungibile, ciò che veramente
conta è inseguirla, nella convinzione che ogni libro rinvia a nuovi
testi e ciascuno di questi ad altri ancora, e così all'infinito. Il
lettore che si lascerà trasportare potrà scoprire sentieri
inaspettati, capaci di stimolare la propria curiosità e il proprio
desiderio di erudizione. A questo proposito, Francesco Petrarca
confessava all'amico Giovanni Anchiseo che ciascuno dei libri da lui
posseduti gli ha permesso di venire a conoscenza di autori o testi di
cui in precedenza ignorava l'esistenza: "Il singolo libro non
insinua soltanto se stesso nel nostro animo, ma fa penetrare in noi
anche i nomi di altri, e così l'uno fa venire il desiderio
dell'altro" (6) .
Cos'è pertanto il libro? Rientra a tutti gli effetti nel novero degli
strumenti che ci permettono di conoscere e di comunicare con il mondo,
oppure va inteso come un rifugio attraverso il quale è possibile
isolarsi dalla realtà che ci assedia?
O, diversamente, come ha orgogliosamente sostenuto in una recente
intervista il campione automobilistico Michael Schumacher, non è il
caso di interessarsi ai libri perché non servirebbero a niente in
quanto la vita vera sarebbe altrove? (7)
Tonio Kroger, il giovane descritto da Thomas Mann in uno dei suoi più
bei racconti, aveva implicitamente già risposto, affermando che è del
tutto inutile tentare di attirare entro i confini dell'arte e della
poesia coloro che ostinatamente si interessano soltanto di vacuità (8)
.
Da par suo lo scrittore Ferdinando Camon gli fa eco, confessando la sua
rinuncia a invitare in maniera supplichevole alla lettura, coloro che
non hanno né l'abitudine di praticarla, né l'intenzione di
avvicinarvisi, perché convinti di non dover sottrarre tempo prezioso
alla vita. In realtà costoro "perdono la vita", incapaci di
rendersi conto che se "la vita è un male, la lettura è una
medicina; chi non legge non si cura, e se non si cura muore" (9).
Qualunque risposta a quesiti tanto complessi non può risultare che
parziale e incompleta; tuttavia il pensiero del cardinal Bessarione,
espresso al doge Cristoforo Moro nella lettera datata 31 maggio 1468,
con la quale annuncia di voler destinare la propria biblioteca di
umanista alla città di Venezia, ci illumina forse più di qualsiasi
ulteriore affermazione: "Se non ci fossero i libri, noi saremmo
tutti rozzi e ignoranti, senza alcun ricordo del passato, senza alcun
esempio; non avremmo conoscenza alcuna delle cose umane e divine; la
stessa urna che accoglie i corpi, cancellerebbe anche la memoria degli
uomini" (10).
E noi, uomini moderni, cosa possiamo affermare delle nostre biblioteche?
Assumono davvero ai nostri occhi quelle immagine letterarie così
suggestive di fortezze del pensiero, di granai come antidoto
ad un possibile inverno dello spirito? Quale peso effettivo le
biblioteche pubbliche riescono ancora a conservare nella società
contemporanea? E quale spirito le anima? Forse lo stesso vigore che
Federico Borromeo aveva cercato di infondere alla sua Ambrosiana, dove
si cercava in ogni modo di agevolare e incoraggiare chiunque volesse
frequentarla? Non si sta piuttosto diffondendo una sorta di
disattenzione, per non dire di disaffezione che, salvo casi sporadici,
le fa scivolare ai margini degli interessi della nostra società?
Riescono ancora a conservare il titolo di fondamenta della nostra
cultura, oppure abbiamo mestamente accettato di assimilarle ad uno
qualunque di quegli uffici pubblici dai quali non ci si aspetta se non
un servizio evanescente e distaccato?
Sarebbe ingeneroso affermare che tutte le biblioteche funzionano male
perché non è vero. Che ci sia ancora molto, moltissimo da fare, è
comunque innegabile.
Tiziano Casartelli
(1)
- Luciano Canfora, La biblioteca scomparsa, Sellerio Editore,
Palermo 1987.
(2) - Jorge Luis Borges, La biblioteca di Babele,
Einaudi, Torino 1955.
(3) - Alessandro Manzoni, I promessi sposi, Garzanti,
Milano 1966, pag. 300.
(4) - Miguel de Cervantes, Don Chisciotte della Mancia,
Torino, Einaudi 1994, pag.60.
(5) - Robert Musil, L'uomo senza qualità, Torino,
Einaudi 1994.
(6) - Francesco Petrarca, Lettere Familiari, libro III
N° 18 (anno 1348), edizione critica curata Vittorio Rossi e Unberto
Bosco per l'Edizione Nazionale delle opere di Francesco Petrarca,
traduzione di Enrico Bianchi Firenze, Sansoni 1933-1942.
(7) - Si veda a questo proposito Il sole-24 ore, 1°
luglio 2001, inserto Domenica, pagg. III.
(8) - Thomas Mann, Tonio Kroger, Torino, Einaudi 1972.
(9) - Ferdinando Camon, I giovani non leggono, peggio per
loro, in La stampa, inserto Tuttolibri 27 agosto 1998.
(10) - Lettera (31 maggio 1468) con la quale il cardinale
Bessarione offre al doge Cristoforo Moro e al Senato veneziano la sua
grandiosa biblioteca, nucleo fondante della Biblioteca Marciana.
Biblioteca Marciana, Venezia, dal Cod. Lat. XIV, 14 ( = 4235).
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Fonte:
"IL FOGLIO" - Quaderno
della Biblioteca Comunale di Cucciago, Settembre 2001, n. 7
nuova serie.
Si
ringraziano vivamente per la disponibilità la redazione de
"IL FOGLIO" e la Biblioteca
Comunale di Cucciago (CO). |