Un
altro mondo è possibile
di Fabio Lucchesi *
È difficile parlare del Public Forum che si è tenuto a Genova nei giorni precedenti il vertice dei G8. Difficile per la densità dei contenuti e la molteplicità degli interventi (circa 200 relatori dei quali più di 60 provenienti da realtà del Sud del Mondo) che in quella sede si sono susseguiti, difficile per le molte argomentazioni, idee, proposte. Chi come la Rete Lilliput ha però contribuito in maniera determinante alla realizzazione del Public Forum sollevando un grandissimo dibattito pubblico sulla legittimità del G8 e delle sue politiche internazionali ha però il dovere di cercare di ricostruire in ogni modo quanto discusso in quei giorni per evitare a qualunque costo che il "rumore" delle violenze che nei due drammatici giorni di venerdì 20 e sabato 21 si sono volutamente scagliate contro tutte le iniziative di piazza del Genoa Social Forum copra l'importantissimo dibattito che si è aperto come, appunto, chi ha scatenato quelle violenze vorrebbe.
Allora vale la pena di ricordare che il punto di partenza degli incontri del Forum è stato dato dalla volontà di dimostrare che "un altro mondo è possibile" ovvero che come ha sostenuto nel giorno d'apertura Susan George "liberismo non vuol dire libertà". La libertà economica non esaurisce tutte le dimensioni dell'agire umane il quale anzi, proprio perché
'libero', può decidere di comportarsi anche in maniera che nulla ha a che fare con le compatibilità economiche ma guarda invece ai diritti delle persone, alla giustizia, alla solidarietà fra le persone. Ecco perché il movimento internazionale non può definirsi semplicemente
"anti-globalizzazione" ma ricerca e persegue una diversa globalizzazione non esclusivamente in preda alla legge del profitto delle grandi imprese multinazionali.
Ecco che allora il filone principale attraverso cui si è svolto il discorso del Public Forum ha perseguito questo obiettivo. Dalla sessione di denuncia ("Questo mondo non è in vendita" di cui ricordiamo gli interventi di Teresa Matteotti unico membro superstite della costituente italiana sui diritti dei bambini, di Medici senza frontiere e della Lila a riguardo del diritto alla salute e all'accesso ai farmaci e quello appassionato di Marina Dos Santos rappresentante del movimento dei "Sem Terra" brasiliani) alla sessione che giustamente si è posta il problema di trovare meccanismi più democratici e partecipativi per il governo della globalizzazione fuori dalla logica del G8 per cui solo i più ricchi e potenti possono governare le politiche mondiali (in cui ricordiamo gli interventi di Walden Bello di Focus on The Global South e Antonio
Papisca). E ancora l'importanza di saper delineare fin d'ora le alternative praticabili all'attuale
"globalizzazione delle ingiustizie" in cui si sono susseguiti tra gli altri gli interventi di Tonino Perna e Susan George sulle alternative al dominio della finanza e della speculazione, di Francuccio Gesualdi sul controllo dell'attività delle multinazionali, di Giorgio Dal Fiume sul commercio
equo-solidale, di Riccardo Petrella sul diritto di tutti gli uomini all'accesso alle risorse naturali.
Infine, nella serata conclusiva del Public Forum (subito dopo la bellissima e pacifica manifestazione per i diritti dei migranti di giovedì 19) si è chiaramente ribadito un concetto fondamentale: una nuova globalizzazione non può che partire dal rispetto dei diritti di tutte le persone e dalla giustizia economica e sociale.
A questo livello generale di riflessione si è aggiunto un ulteriore livello più specifico di approfondimento sui principali problemi causati dal dominio incontrastato della globalizzazione economica.
Così sessioni specifiche si sono occupate di "lotta alla povertà", ribadendo il concetto fondamentale per cui solo la partecipazione democratica e l'autosviluppo locale possono veramente garantire il superamento della forbice che va invece allargandosi drammaticamente tra i pochi ricchi e i molti poveri (ricordiamo gli interventi di Sabina Siniscalchi di Mani Tese, di Don Oreste Benzi della Comunità Papa Giovanni XXIII, di Mario Pianta della finanziaria sociale e di Krtadhivananda rappresentante indiano del Proutist Universal); di "pace, conflitti e spese militari", argomento essenziale in un momento in cui si parla di "guerre umanitarie" e d'investimenti stratosferici per gli armamenti e gli scudi spaziali; di problemi legati all'agricoltura nel Nord e nel Sud del mondo (ricordiamo gli interventi di Josè Bove e ancora della rappresentante dei Sem Terra) nella sessione suggestivamente intitolata "Il cibo non è una merce!"; dell'incredibile catena del debito finanziario che ancora strangola i Paesi del Sud costringendoli a svendere sul mercato mondiale le proprie risorse e la propria forza lavoro (il forum è stata l'occasione per fare il punto sul debito da parte di moltissime Campagne per l'annullamento del debito del Nord e del Sud del mondo) e di come, considerando il consumo insostenibile delle risorse mondiali dei Paesi sviluppati si possa invece parlare di "Debito ecologico e sociale" del Nord verso il Sud del mondo (ricordiamo gli interventi dell'ecuadoriana Aurora Donoso coordinatrice di molte Campagne su questo tema e del nigeriano Oronto Douglas avvocato di Ken Saro Wiwa sul problema dell'estrazione di petrolio nel delta del Niger da parte di molte Compagnie petrolifere tra cui l'italiana Agip). Insomma complessivamente il Public Forum organizzato dalla Rete Lilliput e dal Genoa Social Forum è stata una ricchissima occasione di confronto, di scambio d'esperienze, di progettazione di futuri impegni comuni fra molte realtà del Nord e del Sud del mondo nel solco di quel confronto sulle alternative già oggi possibili significativamente aperto a gennaio di quest'anno dal Forum Sociale Mondiale di Porto Alegre. Ed è significativo che proprio dall'esperienza di mobilitazione e contestazione del G8, attraverso i lavori del Public Forum, l'esperienza italiana del Genoa Social Forum guardi oggi ad una possibile partecipazione unitaria delle varie componenti italiane dal movimento per una diversa globalizzazione al futuro vertice di Porto Alegre che si terrà in Brasile nel gennaio 2002. È infine necessario porre a confronto la ricchezza di spunti, di riflessioni, di esperienze, di partecipazione che il Public Forum di Genova ha prodotto con i risultati decisamente negativi del Vertice dei G8. Da una parte abbiamo uno sforzo, certo ancora parziale e del tutto 'in costruzione', di delineare serie alternative e proposte concrete per andare oltre l'attuale drammatica situazione mondiale dominata dalla "globalizzazione delle ingiustizie", dall'altra il Vertice dei G8 non ha assunto nessun serio impegno per la cancellazione del debito e la riduzione della povertà, ha stanziato per la lotta alle grandi malattie una parte infinitesimale di quanto gli 8 intendono ancora investire in sistemi d'armamento, ignorato la necessità di serie misure per la tutela degli equilibri ambientali mondiali e la proposta di giungere almeno a una tassazione delle rendite e dei profitti finanziari per fare un minimo di ridistribuzione della ricchezza prodotta su scala mondiale, ribadito che (secondo i G8) l'unica soluzione possibile alla povertà è quella di far entrare ancora di più i Paesi poveri nei meccanismi di sfruttamento del mercato mondiale. Insomma si registra da parte dei G8 l'assenza totale di autocritica e un'assoluta ipocrisia quando si dice di voler porre un rimedio almeno ai principali guasti causati dalla globalizzazione dell'economia. In questa luce i risultati del Public Forum ribadiscono che un mondo diverso è possibile ma solo se si supereranno organismi come il G8 che sono evidentemente e strutturalmente incapaci ad agire nell'interesse della maggioranza dei popoli della terra per approdare a una globalizzazione dei diritti umani, della giustizia, della solidarietà che può essere governata soltanto da organismi internazionali ben più rappresentativi degli 8 capi di Stato delle nazioni più ricche e potenti.
* portavoce del Tavolo delle campagne, coordinamento delle 16 organizzazioni nazionali che hanno promosso la Rete di Lilliput.
Esprimiamo disappunto per lo scarso rilievo dato ai contenuti da parte dei mass media, e ribadiamo la necessità di rifocalizzare l'attenzione sui temi emersi nel corso del Public Forum e sulle decisioni assunte dal G8. Non possiamo accettare che alle aggressioni fisiche perpetrate da chi era indifferente ai contenuti del G8 e delle nostre manifestazioni, si aggiunga la possibilità per i mezzi di comunicazione (ma anche per molte organizzazioni della politica tradizionale) di continuare a trascurare le condizioni di vita reale di più di metà della popolazione mondiale, e il fatto che a fronte dei meccanismi sempre più drammatici ed evidenti che colpiscono popolazioni e ambiente, anche in questa occasione sia stato offerto nulla di efficace o innovativo: un simulacro di partecipazione (all'ultimo minuto) per alcune nazioni del Sud del mondo, un pò di carità e strutture inadeguate a fronte di problemi enormi e insostenibili quali l'indebitamento che strangola le economie del Sud o la tutela dalla diffusione crescente dalle più gravi malattie del nostro tempo. Dobbiamo riportare priorità ai contenuti che hanno mobilitato centinaia di organizzazioni e centinaia di migliaia di persone: obiettivo di Lilliput e del GSF non era solo il rappresentare l'opposizione sociale al "governo mondiale" costituito dai G8, ma anche incidere concretamente sulle scelte commerciali e sociali che determinano questa globalizzazione e i suoi effetti devastanti. Ciò deve costituire criterio fondamentale per guidare e valutare la nostra iniziativa futura. L'obiettivo "un altro mondo è possibile" comporta non solo capacità contestativa, ma anche capacità di proporre alternative e di ottenere dei risultati concreti.
(Dal "Comunicato dopo Genova" del Tavolo delle Campagne - Rete di
Lilliput).
Si ringrazia per
la disponibilità la redazione di MOSAICO DI PACE, Rivista mensile
promossa da PAX CHRISTI.