Antonio Brunello

 

"Thienéndoghe alla vita"

Diario di guerra in grigioverde

a cura del nipote Beppe Sola

Articolo de "Il Giornale di Vicenza"

Presentazione del libro durante il convegno"Storie di Guerra e di Prigionia" - Biblioteca Civica di Thiene (14 marzo 2003)

Articolo de "Il Giornale di Vicenza" sulla presentazione del libro durante il convegno "Storie di Guerra e di Prigionia"

Presentazione di Pino Marchi                                                                         

 Fa sempre piacere assistere alla nascita di un evento letterario soprattutto quando è imprevisto. E’ quanto capitato a noi, quando abbiamo letto un curioso quanto interessante diario di vita militare scritto da Antonio Brunello, meglio conosciuto come Andrea, nome voluto dalla nonna, ma non trascritto all’anagrafe di Thiene dove era nato il 16 maggio 1915.

L’autore ha voluto dargli un titolo piuttosto triste “Nel ricordo dei caduti di Lekduschaj”, piccola località questa nell’alta Val Bence sopra Tepeleni in Albania.

Il nipote Giuseppe Sola, pur lasciando quel titolo che è dedica ed a tempo stesso omaggio ai commilitoni morti sul fronte greco-albanese, ha voluto dargliene un altro, un po’ ironico ma assolutamente veritiero: “Thienendoghe alla vita”. Già perché Andrea Brunello, come tutti i soldati del resto, amava la vita e voleva tornare a baita, come dice Mario Rigoni Stern, con le proprie gambe.

E ciò è puntualmente avvenuto.

In tutto il periodo trascorso sotto le armi Brunello aveva tenuto non tanto un diario quanto una serie di appunti annotati in vari blocchetti, librettini, foglietti volanti e, ad un certo punto, raggiunta la pensione, ha voluto raccoglierli appunto in un diario, questo che ora viene dato alle stampe dalla Tipografia Operaia di Claudio Menin.

Ne é uscito un testo steso in lingua italiana e in dialetto vicentino il che dà un tono ed un sapore affatto particolare alle memorie personali e storiche del fante del 232° fanteria della Divisione “Brennero”.

Un testo arguto, a volte ironico, molte volte triste che é stato inviato in dattiloscritto, all’Archivio diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano dove é stato inserito, su scelta di Paolo Donati, nella “Lista d’onore”, un prestigioso riconoscimento postumo al suo autore, spentosi l’11 febbraio 1993.

Il diario, insomma, é diventato libro e riporta le testimonianze di un uomo, soldato semplice di fanteria, che dal 18 aprile 1936 all’8 settembre 1943, ha fatto gavetta in caserma, al campo, in pace e in guerra, al fronte o in zona di occupazione.

E’ la saga di uno dei tanti italiani che hanno vissuto sulla propria pelle momenti spesso più grandi di loro e, a volte, quasi assurdi se non incomprensibili.

Orfano di guerra (suo padre Giobatta era morto in guerra nel 1918) Antonio Brunello le sue guerre le ha combattute, ma le ha anche ovviamente subite.

Ha lavorato alla Ivalda di Thiene, poi dal 1955 al 1975, é stato impiegato al Lanificio Ferrarin.

La passione per il canto lo ha portato a far parte del coro del Duomo thienese e, quindi, é andato ad assumere la mansione di cassiere dell’allora Eca (Ente comunale di Assistenza).

Uomo davvero a tutto tondo, generoso, bene inserito nella comunità e dotato di ottimi sentimenti. Per lui niente internet, niente e-mail. Le sue memorie le ha scritte con la matita e poi le ha battute a macchina, in una versione in lingua e in un’altra in dialetto vicentino. Oggi si presenta la stesura in italiano, ma non mancano imprestiti vernacoli, veramente gustosi e suggestivi.

Era sposato con l’ancora vivente Caterina Binotto detta Nella, che ne tiene viva la memoria.

La parte più interessante de “Thienendoghe alla vita” é senza dubbio quella dedicata alle due esperienze belliche affrontate sul fronte francese e su quello greco-albanese. La drammaticità di quegli avvenimenti viene stemperata da una serie di aneddoti che fanno sorridere, ma anche meditare.

Libro da leggere e da far leggere, in particolare ai giovani, che potranno trarne considerazioni e pensieri di pace e di fratellanza fra i popoli, proprio in questo 2002 così pregno di fatti non certo positivi.

E il desiderio di pace è forse il più importante motivo che ha spinto Andrea Brunello a scrivere di sé e dei suoi compagni caduti a Lekduschaj.