"Thienéndoghe alla vita" Diario di guerra in grigioverde a cura del nipote Beppe Sola |
Fa sempre piacere assistere alla nascita di un
evento letterario soprattutto quando è imprevisto. E’ quanto capitato a
noi, quando abbiamo letto un curioso quanto interessante diario di vita militare
scritto da Antonio Brunello, meglio conosciuto come Andrea, nome voluto dalla
nonna, ma non trascritto all’anagrafe di Thiene dove era nato il 16 maggio
1915.
L’autore ha voluto dargli un titolo piuttosto
triste “Nel ricordo dei caduti di Lekduschaj”, piccola località questa
nell’alta Val Bence sopra Tepeleni in Albania.
Il nipote Giuseppe Sola, pur lasciando quel titolo
che è dedica ed a tempo stesso omaggio ai commilitoni morti sul fronte
greco-albanese, ha voluto dargliene un altro, un po’ ironico ma assolutamente
veritiero: “Thienendoghe alla vita”. Già perché Andrea Brunello, come
tutti i soldati del resto, amava la vita e voleva tornare a baita, come dice
Mario Rigoni Stern, con le proprie gambe.
E ciò è puntualmente avvenuto.
In tutto il periodo trascorso sotto le armi Brunello
aveva tenuto non tanto un diario quanto una serie di appunti annotati in vari
blocchetti, librettini, foglietti volanti e, ad un certo punto, raggiunta la
pensione, ha voluto raccoglierli appunto in un diario, questo che ora viene dato
alle stampe dalla Tipografia Operaia di Claudio Menin.
Ne é uscito un testo steso in lingua italiana e in
dialetto vicentino il che dà un tono ed un sapore affatto particolare alle
memorie personali e storiche del fante del 232° fanteria della Divisione
“Brennero”.
Un testo arguto, a volte ironico, molte volte triste
che é stato inviato in dattiloscritto, all’Archivio diaristico nazionale di
Pieve Santo Stefano dove é stato inserito, su scelta di Paolo Donati, nella
“Lista d’onore”, un prestigioso riconoscimento postumo al suo autore,
spentosi l’11 febbraio 1993.
Il diario, insomma, é diventato libro e riporta le
testimonianze di un uomo, soldato semplice di fanteria, che dal 18 aprile 1936
all’8 settembre 1943, ha fatto gavetta in caserma, al campo, in pace e in
guerra, al fronte o in zona di occupazione.
E’ la saga di uno dei tanti italiani che hanno
vissuto sulla propria pelle momenti spesso più grandi di loro e, a volte, quasi
assurdi se non incomprensibili.
Orfano di guerra (suo padre Giobatta era morto in
guerra nel 1918) Antonio Brunello le sue guerre le ha combattute, ma le ha anche
ovviamente subite.
Ha lavorato alla Ivalda di Thiene, poi dal 1955 al
1975, é stato impiegato al Lanificio Ferrarin.
La passione per il canto lo ha portato a far parte
del coro del Duomo thienese e, quindi, é andato ad assumere la mansione di
cassiere dell’allora Eca (Ente comunale di Assistenza).
Uomo davvero a tutto tondo, generoso, bene inserito
nella comunità e dotato di ottimi sentimenti. Per lui niente internet, niente
e-mail. Le sue memorie le ha scritte con la matita e poi le ha battute a
macchina, in una versione in lingua e in un’altra in dialetto vicentino. Oggi
si presenta la stesura in italiano, ma non mancano imprestiti vernacoli,
veramente gustosi e suggestivi.
Era sposato con l’ancora vivente Caterina Binotto
detta Nella, che ne tiene viva la memoria.
La parte più interessante de “Thienendoghe alla
vita” é senza dubbio quella dedicata alle due esperienze belliche affrontate
sul fronte francese e su quello greco-albanese. La drammaticità di quegli
avvenimenti viene stemperata da una serie di aneddoti che fanno sorridere, ma
anche meditare.
Libro da leggere e da far leggere, in particolare ai
giovani, che potranno trarne considerazioni e pensieri di pace e di fratellanza
fra i popoli, proprio in questo 2002 così pregno di fatti non certo positivi.
E il desiderio di pace è forse il più importante motivo che ha spinto Andrea Brunello a scrivere di sé e dei suoi compagni caduti a Lekduschaj.