UOMO

     a cura di Nuvola Grigia

 

 

In ogni epoca, dall’età della pietra ai giorni nostri, le tracce culturali lasciate dall’uomo mostrano un sottile filo conduttore: il tentativo di comprendere e spiegare la relazione che lo collega al resto del creato e, ancor più, il tentativo di rievocare, attraverso azioni opportune, il momento stesso della creazione, di impadronirsi del potere creatore attraverso la sintonia con le sue leggi.

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L’uomo si è sempre interrogato sulla natura dell’universo e sul posto che in esso si trova ad occupare.

Questa domanda ha avuto nel corso dei millenni risposte diverse, in relazione al tipo di civiltà e di cultura del periodo in corso.

In ogni tempo, il protagonista di questo sforzo è il pensiero analogico, che attraverso il linguaggio simbolico diede vita ai miti e alle religioni, con il suo strumento operativo, il rito, che permette all’uomo di avvicinarsi alle oscure potenze della creazione, di entrare in “con vibrazione” con le leggi cosmiche, mimandone la natura e il modo in cui si manifestano.

La nascita della scienza parve relegare in un angolo questo tipo di pensiero, regalando all’uomo l’illusione di poter padroneggiare i meccanismi dell’universo col semplice aiuto del pensiero razionale. Ma il pensiero analogico è sempre rimasto vivo, attraverso la poesia, l’arte, la filosofia ed oggi, grazie alle scoperte della fisica subatomica e delle neuroscienze, si rivela essere ancora lo strumento più indicato per comprendere i misteri della materia e dell’universo vivente.

 

LA MEDICINA E LE SUE ORIGINI FILOSOFICHE

La medicina, intesa come “atto del curarsi”, è pratica antichissima: nasce prima dell’uomo. Non solo gli animali sono soliti praticare l’auto – cura servendosi di piante, terra, minerali cha vanno a cercare nell’ambiente naturale seguendo le indicazioni inconsce dell’istinto di conservazione, ma persino le piante possiedono la capacità di secernere sostanze “curative” per difendersi dall’invasione dei parassiti, producendo un’efficace forma di chemioterapia.

Ma è solo con l’uomo che l’atto curativo si trasforma in arte di curare e questa capacità peculiare all’essere umano, quella di trasformare l’atto in arte, passa attraverso una speculazione mentale che genera come conseguenza un corpus specifico di conoscenze.

Nasce così la figura del guaritore, inteso come colui che non solo conosce l’arte di curare ed ha il potere di farlo, ma anche come colui che è in grado di tramandarla, insegnandola.

E’ lo sciamano, il sacerdote, lo stregone, l’uomo di medicina delle civiltà antiche a detenere questo potere e ad occuparsi della salute del popolo.

Il concetto di medicina, come insieme di conoscenze teoriche e pratiche tecniche specifiche finalizzate alla cura della malattia, nasce tra l’incontro fra una persona il “malato” che sente in sé la presenza del male e un’altra, il “medico”, a cui è considerato legittimo attribuire il potere e le conoscenze necessarie alla cura, ovvero le capacità di alleviare il dolore sentito e risolvere l’anomalia che impedisce di vivere normalmente.

Tutti gli interventi curativi utilizzati dall’uomo si ispirano sempre a un insieme di metodi e conoscenze le cui radici affondano nelle tradizioni proprie alla sua cultura di appartenenza.

Presso le popolazioni nomadi ciascuno è medico di se stesso e non esiste un ruolo codificato di terapeuta: la conoscenza dei rimedi è patrimonio comune, spesso custodito dagli anziani che curano familiari ed amici

Nella nostra società attuale, non solo è sempre più netta la separazione fra chi è deputato a curare e chi riceve la cura, ma è nata una vera e propria industria della salute, che sottrae all’individuo la conoscenza stessa del proprio corpo, sempre più ridotto ad un meccanismo il cui corretto funzionamento è misurabile con rigorosi parametri quantitativi.

La medicina quindi ha le sue origini da pratiche di carattere rozzamente empirico da un lato e magico – religioso dall’altro. Da queste pratiche a poco a poco, si sarebbero distaccate conoscenze e metodiche scientifiche, fondate su osservazioni precise effettuate con una metodologia predefinita deduttivamente.

La scientificità della medicina è corrispondente ad una particolare concezione della scienza affermatasi con la rivoluzione scientifica del seicento e poi diffusasi con il positivismo nel XIX secolo. Ne deriva una concezione della medicina che risponde all’interpretazione positivistica dei paradigmi cartesiani (R. Descartes): materialismo, meccanicismo e riduzionismo, secondo i quali il corpo è una res extensa, ovvero una materia misurabile che funziona come una macchina complessa.

Da questi paradigmi deriva il modello generale del sapere medico in occidente, fondato sulla separazione rigida tra malessere biologico (somatico), malessere psichico e malessere sociale.

 

Modelli terapeutici nelle diverse società

 

Modello ontologico

Le idee che costituiscono i suoi punti di forza sono:

  1. differenziazione e specificazione delle malattie, mediante classificazioni:

o        causali (qual è la causa della malattia)

o        formali (in che modo si manifesta e che forma assume)

o        topologiche (dove si colloca nel corpo del malato)

  1.  reificazione del corpo: il corpo è una sostanza, una cosa (res); per la scienza di derivazione cartesiana, e per il positivismo in particolare, il corpo è infatti res extensa, materia dotata di dimensioni spaziali e quindi possibile oggetto di un’osservazione che permette di localizzare la causa e la sede della malattia.

  2. reificazione della malattia: la malattia è anch’essa una cosa: una sostanza o un attributo della sostanza; anche la malattia è res extensa, quindi può essere localizzata in una determinata regione del corpo, circoscritta ad essa, oggettivata e nominalizzata.

I modelli ontologici trattano la malattia come “cosa” e comprendono:

Essenzialismo o medicina delle specie:

Il modello epistemologico di riferimento è quello Aristotelico: ci si basa sull’osservazione dei dati dell’esperienza e, dopo averli generalizzati, si procede per deduzioni logiche rigorose.

I singoli malati sono l’oggetto dell’osservazione, che permette di isolare i caratteri formali della malattia ricavati dai casi particolari. Una volta definita la specie – specifica della malattia è possibile dedurne i caratteri formali ed evolutivi, procedendo a diagnosi e prognosi.

 

Anatomismo o medicina delle lesioni:

Le malattie sono considerate lesioni identificabili dalla loro struttura anatomica e corrispondenti ad anomalie funzionali.

L’oggetto di osservazione non è più l’individuo malato, ma la lesione: si ricerca la sede dell’affezione morbosa; la lesione d’organo (osservabile) corrisponde ad una lesione funzionale (deducibile).

Si determina così la rottura della sacralità del corpo umano, che diviene l’oggetto della dissezione anatomica e di una sua rappresentazione grafica; l’anatomia è considerata capace di giustificare l’eziologia del male, definendo retrospettivamente il legame fra le lesioni organiche e i sintomi clinici, in quanto lesioni e sintomi si spiegano reciprocamente (Morgagni, 1682 – 1771).

 

Medicina delle specificità causali:

L’idea che ogni malattia sia riconducibile a una causa determinata è uno dei pilastri del pensiero medico contemporaneo.

In origine i principi causali potevano essere di carattere fisico (iatrofisica) o chimica (iatrochimica), interni o esterni all’organismo. Nel primo caso l’identificazione delle cause è resa possibile dall’accurata misurazione di tutte le variabili quantitative connesse alla malattia (temperatura, frequenza cardiaca, peso,…); nel secondo caso la malattia viene ricondotta a processi chimici.

La fusione dei due punti di vista ha luogo grazie allo sviluppo della batteriologia ad opera di Pasteur (1822 – 1895): la malattia è riconducibile a cause esterne (microbi) che determinano alterazioni fisico – chimiche misurabili (medicina di laboratorio).

Il corpo malato è il campo di battaglia fra gli agenti infettanti (entità nemiche) e l’organismo.

Lo scopo della cura sarà duplice;: reintegrare quanto è andato perduto con l’infezione (lesioni) ed eliminare il nemico (gli agenti infettanti) mediante antagonisti dotati di maggior forza (le chemioterapie).

 

Il modello funzionale

Le idee che costituiscono i suoi punti di forza sono:

  1. c’è continuità fra salute e patologia: la malattia non è un’entità a se stante, dotata di un’esistenza autonoma e separata da quella dell’individuo malato; piuttosto salute e patologia sono due stati estremi collocabili in un continuum

  2. la salute corrisponde ad uno stato di equilibrio armonico delle funzioni dell’organismo; la malattia invece corrisponde ad una disarmonia, uno stato di squilibrio dell’organismo, stato del quale l’eventuale lesione è segno e non causa

  3. è sempre necessario definire i caratteri qualitativi e/o  quantitativi degli squilibri osservati, cui devono corrispondere opportuni interventi terapeutici: a squilibri per difetto corrisponderanno interventi di reintegrazione, agli squilibri per eccesso, interventi di eliminazione

  4. gli stati di equilibrio/squilibrio si succedono nel tempo; alla spazializzazione dell’entità malattia, si sostituisce la dimensione temporale della storia (del malato e della sua malattia)

 

I modelli funzionali trattano la malattia come equilibrio e comprendono:

o        medicina umorale

o        patofisiologia

o        medicine olistiche

 

Medicina umorale

La medicina è un’alterazione qualitativa (umorale) dell’equilibrio, che può essere osservata ma non misurata.

La salute è un equilibrio spontaneo.

L’eziologia funzionale è prevalentemente endogena

Particolarmente rilevante è il rapporto diretto con il singolo individuo malato e la cura deve rivolgersi sia al soma che alla psiche.

Le conoscenze nascono dall’osservazione dei dati d’esperienza e vengono poi generalizzati.

Per la medicina umorale la salute coincide con uno stato di equilibrio interno all’individuo. Il modello ha le sue origini nella tradizione filosofica greca.

Alcmeone di Crotone (540 a. C.), individua nei sintomi della malattia i segni di una realtà più profonda, che può essere solo oggetto di congettura.

Da Eraclito (520 – 460 a. C.) e dalla tradizione Pitagorica (570 – 497 a. C) riprende la teoria dei contrari e dell’armonia fra di essi come elementi dinamici della physis: la salute è una krasis, ovvero un composto armonico di contrari in condizioni di isonomia; la malattia sorge quando una qualità è quantitativamente eccedente le altre, rompendo così l’equilibrio.

La medicina esce così dal campo mitologico dei doni divini e si costituisce come sapere specifico.

Dalle dottrine di Empedocle (484 – 421 a. C) nasce una nuova scuola medica italica, sistematizzata da Filistione di Locri, secondo il quale il corpo umano è costituito da quattro principi attivi: il caldo, il freddo, il secco e l’umido.. Nel corpo queste si specificano sotto forma di umori: il sangue, il flegma, la bile nera e la bile gialla.

Ippocrate di Chio (460 – 370 a. C) considera il soma come una totalità unitaria, la cui salute corrisponde ad uno stato di equilibrio fra umori ed organi. Il numero degli umori è indefinito.

La malattia corrisponde ad uno stato di squilibrio, che conosce un’evoluzione spontanea: la Krisis, preceduta dal paroxysmos, segna la separazione fra lo stato di squilibrio e il possibile riequilibrio ed è caratterizzata dai processi di cozione, con cui gli umori in eccesso vengono espulsi sotto forma di sudore, urine, feci.

Le cause delle malattie vengono raggruppate in tre grandi classi:

- ambientali: dipendono dalla geografia, dal clima e dalla società;

- di regime: dietetiche e comportamentali (sforzi, intemperanze, traumi psichici);

- traumatiche: derivanti dal parto, dalla guerra, dalla ginnastica.

La teoria Ippocratica postula la costanza delle cause naturali e la terapia deve essere rivolta alla totalità del corpo, intervenendo con un regime riequilibratore.

Il terapeuta deve seguire un metodo definito: in primo luogo deve fondarsi sulle sensazioni, sia quelle riferite dal paziente, sia le proprie nell’osservazione del corpo. Il dato empirico deve poi essere interpretato alla luce del logos (pensiero discorsivo), che lo trasforma in segno di una causa nascosta: le qualità che, per eccesso o per difetto, hanno rotto l’equilibrio del corpo.

E’il metodo empirico – razionale che si fonda sulla ricostruzione della storia del malato e della sua malattia (anamnesi), sull’osservazione dei segni presenti (diagnosi) sulla previsione dell’evoluzione futura (prognosi).

La concezione ippocratica è ripresa da Platone (428 – 347 a. C), il quale afferma che non è possibile “conoscere la natura dell’anima in maniera degna di parlarne, se si prescinde dalla natura del tutto. La salute coincide con la Krasis e la terapia col ripristino delle condizioni di equilibrio.

Aristotele (384 – 322 a. C) riprende la teoria dei quattro elementi::  dalla loro combinazione derivano sia le sostanze omogenei (sangue, ossa,…) sia quelle disomogenee (organi), mentre la medicina non è solo technè, ma scienza empirica e teorica.

Principi teorici della medicina sono la causalità, del divenire naturale (la natura non fa niente a caso) e il principio di adattamento dell’organo alla funzione.

Per Galeno la complessità del corpo può essere analizzata secondo diversi gradi di complessità: i quattro elementi in cui sono presenti le qualità primarie, combinate tra loro; gli umori, costituiti dagli elementi, in cui prevale una qualità primaria (freddo, caldo, umido, secco); gli omoiomeri, sostanze omogenee derivate dagli elementi (nervi, vene, cartilagini,…); gli organi, strutture complesse costituite da differenti omoiomeri; l’organismo, causa finale dell’organizzazione complessa del corpo.

Il prevalere di uno dei quattro umori permette di identificare un tipo specifico, caratterizzato da una particolare forma di equilibrio: il prevalere del sangue, caldo e umido, caratterizza il temperamento sanguigno; quello del flegma, freddo e umido, il temperamento flemmatico; quello della bile nera (fredda e secca) il temperamento melanconico; quella della bile gialla (calda e secca) il temperamento bilioso.

Il temperamento perfetto deriva dall’equilibrio fra i quattro, mentre la rottura dell’equilibrio determina l’insorgere delle malattie. Le forze vitali tendono spontaneamente all’equilibrio, tramite l’espulsione dell’alieno e l’attrazione dell’idoneo, mentre sia le funzioni vitali che quelle psichiche sono proprie del pneuma.

La salute è quindi sia l’equilibrio interno al soma, sia quello fra soma e psyche.

Le concezioni galeniche si affermeranno e resteranno dominanti per tutto il medio evo. Ma l’incontro con le concezioni esogene della malattia, proprie della cultura ebraico – cristiano – islamica determinerà un sempre maggiore distacco dalla prassi empirico – razionale ed una progressiva reificazione della teoria: da una conoscenza congetturale si passa ad una verità logica.

 

Patofisiologia

Nel XVII sec. l’approccio puramente anatomico del secolo precedente si modifica progressivamente in un approccio anatomo – fisiologico, ovvero nell’anatomia animata di Harvey (1578 – 1657).

L’organismo viene analizzato da un punto di vista dinamico-funzionale. Si esamina la funzione della vista, o di quella circolatoria, anziché fermarsi alla morfologia dell’occhio o del cuore.

Le cause della malattia non vanno ricercati in singoli agenti patogeni, ma negli sforzi dell’organismo compiuti nel tentativo di contrastarli. Si inverte il processo causale lineare caratteristico della medicina delle specificità causali: i disordini funzionali sono responsabili delle lesioni.

Francois Xavier Bichat (1771 – 1802), che identifica struttura e ruolo dei tessuti nell’organismo, adotta un modello specifico – causale: la disfunzione dei meccanismi organici causa la malattia. Inoltre attribuisce ad ogni organo un significato anatomo – funzionale, per cui la malattia non è più una realtà a sé stante, ma risulta da un’alterazione globale del processo vitale: la vita tende non solo all’equilibrio, ma anche all’alterazione spontanea, alla degenerazione, alla morte.

Claude Bernard (1813 – 1878) analizzando la funzione glicogenica del fegato, identifica come patologica un’alterazione quantitativa della funzione epatica, concludendo che la patologia risulta da una alterazione, per valori crescenti o decrescenti, della funzione normale.

La vita dipende quindi dall’equilibrio dinamico dell’ambiente fisico – chimico interno all’organismo, assicurato da appositi meccanismi equilibratori.

Il modello metodologico è quello fisico galileniano – newtoniano: solo le variabili misurabili sono considerate significative. Ne discende una metodologia rigidamente quantitativa.

Salute e malattia sono allora i valori estremi in un continuum misurabile di modificazioni fisiologiche.

Il parziale capovolgimento del modello ontologico si compie nel XX secolo, con le ricerche relative a processi morbosi in cui non appaiono lesioni organiche, o in cui la lesione è secondaria rispetto ad una perturbazione generale dell’equilibrio (nervoso, metabolico, ormonale). La lesione i questo caso è una complicanza del disturbo funzionale preesistente.

Prevale quindi un modello eziologico endogeno: gli agenti patogeni non sono esterni all’organismo, suscettibili di isolamento e distruzione, ma con-cause di un processo reattivo identificabile a livello di tessuti , di cellule, di molecole.

 

Le medicine olistiche: concezioni cosmologiche e biosociali dell’equilibrio

Queste concezioni, che si presentano spesso in concomitanza con altri modelli, considerano la malattia come risultante da una perturbazione di equilibri più vasti rispetto al singolo individuo.

Ne troviamo traccia nelle concezioni di scuola stoica, contemporanee a Galeno: l’individuo è parte integrante di un tutto, regolato da equilibri cosmici che trovano una loro corrispondenza negli equilibri individuali.

La corrispondenza uno/tutto è successivamente sostenuta dalla scuola neoplatonica, che dopo Plotino (202 – 270 d. C.) si irradia con Agostino (354 – 430 d.C.) nel medioevo cristiano e soprattutto islamico, grazie all’opra di Avicenna (980 – 1037), che  elabora una complessa teoria unitaria, sintesi di aristotelismo e neoplatonismo.

Viene teorizzato un sistema di corrispondenze fra le quattro qualità fondamentali del corpo, gli umori, le stagioni, le età, il sesso, le erbe, i moti planetari e la geometria dei poligoni e dei solidi, che si affianca ad una trattazione formale e nosologica delle malattie.

Una nuova interpretazione di questa tradizione cosmologica della salute, la si ritrova nel neoplatonismo rinascimentale di Nicola Cusano (1401 – 1464) e Giordano Bruno (1548 – 1600), sostenitori della corrispondenza fra macrocosmo e microcosmo.

Ne deriva una “medicina delle corrispondenze” che ha in Paracelo (1493 – 1541), uno dei suoi massimi esponenti: la medicina si fonda sulla fisica dei corpi terrestri (filosofia), sullo studio dei movimenti dei cieli (astrologia) e sullo studio degli psichismi della materia (alchimia). Un’epistemologia analogica caratterizza l’opera.

 

I modelli esogeni

Dal punto di vista dell’origine causale delle malattie interpretazioni prevalentemente esogene, per le quali la malattia è causata da agenti nocivi esterni, si contrappongono ad altre prevalentemente endogene, secondo le quali la malattia si origina all’interno dell’organismo malato. Spesso, all’interno dello stesso modello medico si può costatare l’alternanza e/o la compresenza di queste due interpretazioni antitetiche.

Il modello esogeno prevede:

o        malattia come effetto di una volontà maligna, riconducibile a potenze antropomorfe e/o antropomorfizzate (demone, spirito, stregone o anche dio) che intervengono come destino. La medicina è vista come colpa.

o        Malattia come effetto di un agente nocivo naturale: a - malattia come effetto dell’ambiente fisico: influssi planetari; influenze climatiche, geografiche e meteorologiche; ambiente ecologico  sociale; b – malattia come effetto dell’ambiente chimico e biochimico: infezioni da microrganismi, effetti patogeni di sostanze alimentari o voluttuarie, o altri agenti biochimici provenienti dall’esterno.

o        Malattia come colpa. La malattia come conseguente ad un’infezione demoniaca favorita dalla colpa o impurità del malato, è una concezione che compare sia nella tradizione assiro-babilonese (2300 a. C.) che in quella egizia (2600 a. C.). Alle terapie sintomatiche di natura empirica, rivolte alle cause fisiche, è quindi necessario associare terapie magico – sacrali, rivolte alle cause morali.

In primo luogo è indispensabile dare un nome al male, poiché mediante l’identificazione si opera l’annichilimento del mistero, attribuendo le responsabilità del male ad un dio o ad un demone le cui caratteristiche indicano il necessario sacrificio di sostituzione.

Queste tradizioni influenzano tanto la medicina ebraica che quella greca e, attraverso esse, sia quella cristiane sia quella islamica.

 

o        La microbiologia. La microbiologia derivata dagli studi di Louis Pasteur (1822 – 1895) rappresenta forse l’esempio più chiaro di un modello eziologico esogeno e naturalistico.

Del tutto coerentemente con i paradigmi meccanicistico – materialistico e col modello di causalità lineare, la microbiologia pasteuriana sembra teorizzare una esogenità esclusiva della malattia, considerata come l’effetto della presenza nell’organismo malato di agenti patogeni invasivi.

In realtà Pasteur tende ad escludere una esclusiva esogenicità microbiologica, notando la necessaria compresenza di fattori endogeni atti a permettere lo sviluppo degli agenti infettivi.

 

o        Eziologia culturale. Un altro modello sostanzialmente esogeno è quello che identifica una sociogenesi delle malattie: la malattia è causata direttamente da un modo di vivere.

In questo senso, la si può considerare la trasposizione contemporanea della malattia come effetto di una causa universale, identificata con il nemico.

Oggetti cattivi sono responsabili diretti ed univoci della malattia, secondo un modello rigidamente lineare di causalità fisico – chimica. Ecco allora i cibi patogeni, il sale causa dell’ipertensione, lo zucchero causa di diabete,…, tutti agenti direttamente causali e non elementi da vedersi in relazione con altri fattori concomitanti.

 

Modelli endogeni

Secondo il modello endogeno la sede dell’origine della malattia è nell’individuo. Appartengono a questo modello nozioni come: il temperamento, costituzione, predisposizione, ereditarietà, patrimonio genetico, ambiente interno, risorse immunitarie.

Può essere applicato per

1 - tipi di malattie: in generale, quando risulta impossibile identificare una causa esogena della malattia, o quando questa è riconducibile a squilibri interni: malattie metaboliche, ormonali, turbe funzionali, autoimmuni.

2 - Teorie generali: tradizione ippocratica e umorale. Vitalismo.

3 - Insufficienze delle spiegazioni esogene: nascono modelli di pensiero medico orientati a schemi complessi che prendono In considerazione anche le proprietà globali di ciascun organismo.

4 - Modelli teorici speciali: gli approcci psicosomatici e psicogenetico alla malattia

 

Le concezioni della totalità

E’ una visione centrata sulla consapevolezza che esiste un’unità inscindibile non solo tra psiche e soma, o fra cellula e organismo, ma più profondamente fra macro e microcosmo, fra uno e tutto. Ogni elemento dell’universo è in relazione con tutti gli altri, in relazione di interdipendenza.

Si deve recuperare l’idea di una continuità fra materia e spirito, idea che si è andata via perdendo nello sviluppo della scienza occidentale, ma che ritrova le sue radici nelle tradizioni presocratiche e platoniche, fino al neoplatonismo rinascimentale ed alla tradizione alchemica.

 

 

Continua…

 

Bibliografia:

G.Bachelard, Il nuovo spirito scientifico, Laterza 1978

F. Capra, Il punto di svolta, Feltrinelli 1984

H.Maturana, F. Varela, L’albero della conoscenza, Garzanti, 1987

Osho, Il libro dell’alchimia interiore, Del Cigno, 1999

G. Bateson, Mente e Natura, Adelphi, 1984

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A.A.V.V.,La scienza normale e i suoi pericoli, Feltrinelli, 1976

G.Bateson, Mente e Natura, Adelphi 1984

Krishnamurti, Verso la liberazione interiore, Guanda 1998

P.D. Ouspensky, Frammenti di un insegnamento sconosciuto, Astrolabio, 1976