La centrale di Porto Tolle

Lo Studio di Impatto Ambientale SIA predisposto dai tecnici Enel si basa esclusivamente su valutazioni economiche e di mercato funzionali solo alla stessa Enel. Il "Comitato Tecnico Scientifico del Parco Regionale del Delta del Po dell'Emilia-Romagna" boccia così questo studio di adeguamento della centrale di Polesine-Camerini (Porto Tolle) che non tiene conto della normativa CEE a difesa delle aree protette e che aumenterebbe con l'uso dell'Orimulsion l'inquinamento del territorio. La costruzione di un lungo oleodotto, la necessità di stoccaggio e di smaltimento di considerevoli quantità di calcare, l'ulteriore ampliamento dell'area edificata sollevano forti perplessità. ... ad esempio.
E' dal 1994 che si parla di ristrutturazione della centrale dell'Enel, ma si è sempre continuato a bruciare olio combustibile. Invece di riconvertire la centrale, si sono fino ad ora "bonificati" i dati dell'inquinamento: la legge infatti chiede di verificare i valori di emissione media. Ora sembra che le intenzioni della società siano quelle di estendere anche ad altre centrali italiane l'uso dell'orimulsion, in un piano di riduzione dei costi dei carburanti del 30%.
Nel consiglio comunale di Porto Tolle non è cosa facile contestare le scelte dell'Enel; è noto inoltre che il comune riceve una sovvenzione annuale di 3,5 milioni di euro per la centrale e alcuni consiglieri vi lavorano.
L'attenzione verso questo impianto è alta, la discussione è arrivata al parlamento e alcuni siti internet riportano articoli e commenti.

 

Comitato Tecnico Scientifico
del Parco Regionale del Delta del Po
dell'Emilia-Romagna

Osservazioni al progetto Enel di adeguamento
della CentraleTermoelettrica di Porto Tolle

da www.parks.it/parco.delta.po.er

L'elevato valore ambientale del Delta del Po non ha ovviamente bisogno di essere sottolineato così come indiscutibile è la sua valenza complessiva che travalica qualsivoglia artificioso limite amministrativo, non riferibile cioè alla intrinseca dinamicità del "Sistema Delta" nel suo insieme e nei suoi rapporti con i quelli circostanti. "Sistema Delta" che, comunque, è in parte anche il prodotto della calibrata ed attenta azione regolatrice e trasformatrice condotta dell'uomo nel più recente passato.
In proposito vale però ricordare che, per evidenziare e riconoscere la peculiarità e la relativa fragilità fisico- ecologica di un simile sistema in risposta ad eventuali aumenti dei carichi antropici possibili, non solo parte di esso è attualmente sottoposto a regime di tutela, sia a carattere nazionale che regionali (Parchi del Veneto e dell'Emilia- Romagna, aree di protezione istituite con DMAF, ecc ), ma, a seguito della Direttiva CEE92/43 recepita poi dal DPR 357 dell'8/9/1997, i suoi rami fluviali (IT3270012) e molteplici aree con scanni, bonelli e sacche, tra cui quelle dell'area compresa tra il Po di Maistra e quello di Tolle (IT 3270011) e, quindi, a diretto contatto con la centrale, rientrano tra le aree SIC/ ZPS (Siti Importanza Comunitaria / Zone Protezione Speciale).
Aree naturali e seminaturali cioè con habitat di particolare interesse e di cui si deve particolarmente tener conto nella pianificazione e programmazione territoriale al fine di assicurare un loro soddisfacente mantenimento o ripristino.Di conseguenza, così come previsto dalla direttiva CEE92/43 e successivo DPR, "...qualsiasi piano o programma che possa avere incidenze significative sugli obbiettivi di conservazione di un sito già designato deve formare oggetto di una valutazione appropriata... Nella pianificazione e programmazione territoriale si deve tener conto della valenza naturalistico-ambientale dei Siti di Importanza Comunitaria" .
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Per altro la stessa direttiva stabilisce che: " ... qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso o necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell'incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obbiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione di incidenza sul sito... le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto solo dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l'integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell'opinione pubblica". E tutto ciò ad integrazione della corrente normativa in tema di studi e valutazioni di impatto ambientale, qualità dell'aria e delle acque, ecc.
In particolare tali considerazioni, oltre a serie perplessità sul tipo di combustibile scelto e le conseguenti logistiche, fasi operative e gestionali (comprese quelle relative ai materiali da smaltire derivanti dai processi di combustione), portano a valutare in maniera decisamente critica i contenuti dello Studio di Impatto Ambientale predisposto da Enel-Produzione per "L'aggiornamento del progetto di adeguamento ambientale" della centrale termoelettrica di Porto Tolle. Studio che, in generale, presenta innanzitutto un approccio al problema che non pone come elemento centrale dell'analisi la peculiarità del "Sistema Delta" e la sua conservazione in un'ottica di sviluppo sostenibile. Al contrario esso si basa esclusivamente su valutazioni puramente economiche e di mercato funzionali solo alla stessa Enel (certamente importanti ma sicuramente non prioritarie e/o proprie rispetto al sistema ambientale in gioco) ed all'obbligatorio adeguamento richiesto per i valori delle emissioni (in atmosfera ed acqua) rispetto alla normativa esistente; normativa che, per altro, prevede per la fine del 2002 la sostanziale riduzione delle attuali emissioni in atmosfera.Una chiara conferma a questo tipo di approccio si può immediatamente rilevare nelle motivazioni di supporto al progetto, riportate come introduzione allo studio, in cui si
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precisa: "In tale contesto (DL n. 79 del 16/3/99 in tema di "concorrenza nelle fasi di produzione e vendita di energia elettrica) ogni società di produzione elettrica compete sul mercato cercando di minimizzare i costi industriali, puntando su impianti che, avendo costi variabili più bassi, sono utilizzati per soddisfare la domanda di base. Come si può facilmente comprendere, occorre o meglio diventa necessario, migliorare il parco attuale al fine di renderlo idoneo al nuovo contesto di mercato. Nel caso della centrale di P.to Tolle, si intende conseguire tale miglioramento attraverso l'utilizzo di un combustibile meno costoso, l'Orimulsion, con l'impiego di adeguate tecnologie di abbattimento delle emissioni che garantiscano ampiamente il rispetto delle normative ambientali e che, unite a modifiche impiantistiche, consentano rendimenti termici superiori al 40%... Grazie all'utilizzo di tecnologie innovative, e per le motivazioni strategiche esposte, le centrali alimentate a carbone ed Orimulsion offriranno dunque un contributo importante al recupero di efficienza e competitività nella produzione di energia elettrica in Italia". Nessun, seppur breve, accenno viene invece fatto in merito alla collocazione della centrale in un'area così altamente sensibile come quella del "Sistema Delta" e, soprattutto, sulla peculiarità di questo sistema che non può essere "considerato ed analizzato" come un sito qualunque, ma innanzitutto come un'area di straordinario valore ambientale, presidiata oggi da due Parchi regionali.
Questa pressoché totale sottovalutazione delle caratteristiche dell'area presenta poi ben più gravi implicazioni nel momento in cui lo Studio di Impatto Ambientale proposto non le prende in nessuna considerazione. Tanto che l'argomento non viene mai citato e, di conseguenza, trattato (ad esempio, nel caso Cap. 2 - Quadro di riferimento Programmatico: Stato attuale e tendenze evolutive della pianificazione territoriale e di settore; § 2.1.1.4. Parchi e Riserve Naturali) nell'ottica della direttiva comunitaria CEE92/43 e successivo DPR 357dell'8/9/1997 in tema di SIC esistenti in zona.
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Sottovalutazione e disattenzione che nel valutare (Cfr 2.2 dello studio "Eventuali disarmonie tra progetto e piani") porta a concludere: " La centrale Polesine-Camerini è insediata nel territorio del Comune di Porto Tolle, in Provincia di Rovigo, alla foce del fiume PO e nelle immediate vicinanze dell'area del Parco Regionale del Delta del Po, dunque è rispetto alle indicazioni programmatiche e normative dei suddetti Enti Locali, oltre che della Regione Veneto e dello Stato Italiano, che sono state verificatele rispondenze e le eventuali interferenze delle programmate azioni di modifica, oggetto del presente studio di impatto ambientale... L'esame degli strumenti e degli indirizzi programmatori a livello regionale, provinciale e locale (ma non SIC!)... evidenzia, in generale, una sostanziale congruenza con gli interventi proposti... In estrema sintesi l'aggiornamento del progetto di adeguamento ambientale della centrale assicura, con certezza (??), un complessivo miglioramento dal punto di vista dell'inquinamento dell'aria e delle acque e delle soluzioni architettoniche dei manufatti...".E non altro!!, quando, in realtà, la centrale investe almeno 2 zone SIC, la IT 3270012e la IT 3270012, completamente ignorate.

Entrando poi più nello specifico dello studio va innanzitutto evidenziato che l'unico punto di forza su cui si basa tutto il progetto è rappresentato dalla sostanziale riduzione prevista per le emissioni in atmosfera (Anidride solforosa, Polveri, Ossidi d'azoto, ecc). Emissioni per le quali si delineano, almeno potenzialmente, valori addirittura inferiori a quelli previsti dalla recente normativa in tema di qualità dell'aria ( che obbliga comunque Enel, per rientrare nei limiti stabiliti, ad adeguare i suoi impianti - 3 sui 4 esistenti - entro la fine 2002). In proposito vale per altro ricordare che già la legge regionale istitutiva del Parco Veneto del Delta del Po focalizzava proprio l'attenzione sul problema riportando chiaramente l'indicazione di una riconversione della centrale stessa a gas metano.
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Questo abbattimento delle emissioni viene però raggiunto, rimandando agli esperti di settore (dell'ARPA, USL, ecc) che hanno affrontato l'argomento per più precise valutazioni sugli indotti/impatti dei singoli prodotti emessi sia a livello ambientale che sulla salute umana, attraverso:

1) l'utilizzo di un combustibile fossile, l'Orimulsion 400, prodotto in Venezuela (che ne detiene il monopolio attraverso la Società "PDVSA Bitor" e la consociata Bitor Italia s.r.l, non esistendo in sostanza altri giacimenti economicamente sfruttati) e derivante dalla emulsione di bitume naturale (circa 70%) con acqua (circa il 30%) mantenuta in emulsione da un tensioattivo non ionico stabilizzato. L'EPA (oltre ad altre realtà, quali, ad esempio, il Progetto UE-ExternE/Externatilitiesof Energy: A research project of the European Comunity) sottolineano come "..Comparasion of the results with those for the other fossil fuel cycle shows the impacts from the orimulsion fuel cycle are similar to those from the oil cycle but smaller than those arising in the coal fuel cycle". Attualmente l'Orimulsion viene utilizzato ( o si prevede di utilizzarlo) in alcune centrali canadesi, danesi, tedesche e lituane mentre il alcuni altri Paesi ( Florida ed Inghilterra, ad esempio) la riconversione di centrali simili è stata bloccata per considerazioni di opportunità ambientale. In Italia, al momento, sono attive due centrali di questo tipo (Brindisi Sud e Fiumesanto in Sardegna) anche se il loro consumo di orimulsion è di molto inferiore a quello previsto per Tolle. In particolare, contro i 5 milioni di tons previsti per Porto Tolle la centrale di Fiumesanto si assesta intorno ai 400kT e Brindisi ai 1,5 MT circa. Enel, per altro, risulta essere oggi il maggior utilizzatore al mondo di questo combustibile ed ipotizza un raddoppio di tale quantità nel prossimo decennio (Comunicato Stampa Bitor America Corporation, 11/08/99); Si tratta in sostanza di un combustibile a basso costo con potere calorifico relativamente modesto a fronte di un contenuto in zolfo di circa il 2,7 %, valore del
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tutto comparabile con quello degli oli e decisamente superiore a quello del metano (circa nullo) e del carbone (circa 1,6%); elevate anche le concentrazioni di metalli pesanti e, in particolare, di nikel e vanadio. Non secondarie poi le implicazioni dovute a suoi eventuali sversamenti accidentali in acqua tanto che l'EPA sottolinea come, per le sue intrinseche caratteristiche fisico-chimiche: "Orimulsion spills are differently than most other liquid fossil fuel, in that it tends to disperse rather than float. Appropriate equipment ( previsti nello StudioEnel solo per le fasi di scarico dalle petroliere) is required to effectively contain and recover Orimulsion spill in salt water". In particolare: "... spill of Orimulsion are likely to be more difficult to contain and recover than are spill of heavy fuel oil, especially in fresh water. Additional study is needed before adeguate containment and response approaches can be developed. Little, if any, work has been conducted by the fuel producer or the scientific community to address the remaining spill-related issues"(EPA Report 600/R-01-056a, July 2001). Sia l'EPA statunitense che il DPCM 2 ottobre 1995 ( che disciplina le caratteristiche merceologiche dei combustibili ai fini delle emissioni in atmosfera) consentono comunque l'uso di tale combustibile. Un suo utilizzo non sembra dunque risolvere sostanzialmente i problemi che già gli oli in uso presentano; anzi, proprio in base alle considerazioni EPA, l'orimulsion potrebbe aggravare o, comunque, non fornire ancora sufficienti certezze, circa gli effetti legati alla pericolosità derivante da possibili sversamenti accidentali (per altro un incidente simile si è recentemente verificato nella centrale sarda di Fiumesanto, funzionante proprio a Orimulsion). Possibilità quest'ultima non certo aleatoria, se si considera, ad esempio, che il consumo di Orimulsion previsto per P.to Tolle è di circa 770ton/ora, pari a circa 5 milioni di ton/anno; cioè almeno 125 milioni di tons movimentate nei 25 anni di prevista durata in esercizio della centrale. Quantità che raggiungeranno la centrale, a partire dallo scarico al terminal petrolifero marino di Ravenna ( circa 80 petroliere da 80,000 tons
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circa previste per anno), mediante un oleodotto della lunghezza di circa 94 km - che per lunghi tratti attraversa importanti aree umide del Parco dell'Emilia-Romagna.

2) l' abbattimento delle emissioni in atmosfera derivanti dalla combustione diorimulsion avviene attraverso processi di desolforazione e/o quant'altro che implicano il massiccio utilizzo di calcare ( circa 500,000 t/anno importate dall'Istria, sbarcate a S. Leonardo- Mestre e trasferite alla centrale per idrovia) ed urea (circa 20,000 t/a trasferita per idrovia da Ferrara) che porterà, complessivamente, alla produzione e conseguente smaltimento di circa 860,000 tons di gessi, 20,000 tons di ceneri arricchite in vanadio e nikel, aumento dalle attuali 5,000 a 10,000 t/anno dei fanghi. Ovviamente la lavorazione / trasformazione di tali materiali implicherà un riassetto delle strutture di supporto della centrale attraverso la costruzione di nuovi manufatti (tra cui un serbatoio di stoccaggio per il combustibile della capacità di circa 20,000m3 ed il consistente ampliamento della attuale darsena oltre ai silos per lo stoccaggio degli altri materiali, all'impianto di desolforazione, ecc) che incrementeranno l'area costruita di ulteriori 53,000 m2 circa. In particolare, per lo smaltimento della notevole quantità di gessi prodotti si ipotizza un loro parziale riutilizzo industriale attraverso un trasferimento all'estero (USA ed Inghilterra) per circa 460,000 t/a ed un uso nei cementifici esistenti in zona per circa 150,000 t/a; per le restanti 250,000 t/a circa si ipotizza la costruzione di un nuovo stabilimento in una non ben definita zona "limitrofa" (?) alla centrale. Sempre all'estero (USA ed Inghilterra) andrebbero poi smaltite tutte le ceneri prodotte dalla combustione dell'Orimulsion ( il contratto di fornitura del combustibile prevede il ritiro dell'intero quantitativo da parte del fornitore del combustibile stesso); polveri da cui si prevede di ricavare sia nikel che vanadio. Per i fanghi, infine,è previsto un loro parziale possibile riutilizzo nei cementifici o nell'industria dei
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laterizi e dell'argilla espansa, parte (ma non vengono indicate quantità e/opercentuali) verrà invece smaltita in discarica autorizzata. In proposito vale però sottolineare come queste teoriche ed efficiente ipotesi presentino numerosi elementi di incertezza, oltre che di non completa definizione dei livelli di interazione con le circostanti zone SIC. Non viene infatti delineata alcuna possibile e valida alternativa alle ipotesi di base assunte. A solo titolo di esempio, per la destinazione di questi sottoprodotti non vengono delineate alternative, né luoghi di stoccaggio, per il caso non improbabile che, per ragioni di mercato o altro, i "riutilizzatori" considerati dovessero in futuro interrompere il loro assorbimento (o se, al limite, dovesse chiudere la centrale stessa). Considerazioni del tutto simili valgono anche per gli altri materiali. Molto allarmanti in tal senso risultano per altro le notizie recentemente apparse sulla stampa a proposito della centrale di Brindisi. Sembra infatti che nel gennaio 2001 i carabinieri abbiano individuato in Puglia "... tre discariche abusive nelle quali sarebbero stati smaltiti enormi quantitativi di ceneri derivanti da processi di combustione industriale... gli investigatori ritengono che le ceneri possano provenire dall' impianto termoelettrico brindisino dal quale ogni giorno escono per lo smaltimento decine di autocarri carichi di ceneri, fanghi e gessi" (Quotidiano.net). Da non sottovalutare poi il fatto che la movimentazione di simili quantità di materiale, sia in entrata che in uscita dalla centrale, implicherà un significativo aumento nei livelli di traffico con eventuali impatti, non valutati quantomeno in termini di interferenza con le esistenti zone SIC. Desta inoltre preoccupazione la movimentazione di simili quantità di materiale, sia in entrata che in uscita dalla centrale, che implicherà un significativo aumento nei livelli di traffico con un sicuro impatto, non valutato quantomeno in termini di interferenza con le esistenti zone SIC. Per quanto il progetto preveda infatti una consistente movimentazione idroviaria (almeno 4 chiatte da 1200 tons al giorno più ulteriori
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quattro chiatte al mese) è anche previsto un incremento del traffico su strada (indicato in almeno 23 trasporti su camion al giorno). Né va trascurato il fatto che a questo aumento del traffico e in generale a questi impatti sul territorio per la fase in esercizio della centrale vanno aggiunti gli impatti relativi ai 4 anni richiesti dai lavori di adeguamento. Del resto lo stesso studio di impatto in merito a tali problemi riporta testualmente come già il Ministero dell'Ambiente: "... con comunicazione del Servizio VIA del 9 febbraio 2001... (oltre a comunicare che il progetto doveva esser sottoposto a procedura di VIA) riteneva insufficienti gli elementi forniti riguardo la logistica connessa al funzionamento dei sistemi di desolforazione, in particolare in relazione alla fornitura di calcare ed al conferimento del gesso. Riguardo i problemi connessi alla movimentazione dei combustibili verso Porto Tolle si chiedevano maggiori elementi in merito all'organizzazione del Porto di Ravenna, alle rotte di avvicinamento ed all'uso della darsena di centrale per i rifornimenti in emergenza". In merito ad entrambi i problemi, lo studio di impatto, elaborato successivamente non fornisce risposte esaustive, sufficientemente articolate e, soprattutto, la richiesta certezza che il progetto non pregiudicherà i siti SIC in discussione.

3) un ulteriore macroscopico elemento di indeterminazione è infine dato dalla scarsa attenzione che lo studio esprime in merito alla perturbazione termica ed alla dispersione dei residui ( soprattutto cloruro di sodio) presenti negli effluenti neutralizzati delle rigenerazioni degli impianti di produzione dell'acqua demineralizzata. Dispersioni che implicano comunque indotti ed interferenze quantomeno sulla qualità floro-faunistica delle zone SIC se non, come elemento di perturbazione, nello sviluppo delle associazioni bentoniche, fito-zooplanctoniche, ecc di base del sistema acquatico, sia fluviale che marino. Per la parte marina le considerazioni effettuate (allegato 4.2.2.1/I) risultano infatti del tutto insufficienti (ad esempio, procedure di acquisizione dati che non hanno
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contemplato, in concomitanza delle misure termiche, l'acquisizione di dati mareografici e di flusso; mancanza di modelli di dispersione 2 e 3D; ecc) ed ampiamente parziali (misurazioni effettuate in alcuni giorni di fine gennaio - primi di febbraio 1997!). Relativamente migliori, seppur riferite a campagne di misura effettuate tra il 1988 ed il 1991 poi più ripetute, possono essere considerate le informazioni relative alle dispersioni in ambiente fluviale. Anche in questo caso si rileva comunque una oggettiva e grave incompletezza (mancanza di concomitanti misure di flusso e livello, modelli dispersivi, ecc), soprattutto in considerazione del fatto che proprio queste zone costituiscono in buona parte Siti di Importanza Comunitaria. Per non parlare, infine, della più grave provocazione contenuta nel progetto di ambientalizzazione della centrale di Porto Tolle, laddove (Cfr. 3.6, p.119), con assoluta mancanza del senso del tragicomico, parlando di un'area costiera, si esalta il "potenziale attrattivo di un grande impianto industriale e la spettacolarità intrinseca alle sue dimensioni e al suo funzionamento". Nemmeno i Futuristi avrebbero osato tanto. In conclusione, il Comitato Tecnico Scientifico del Parco Regionale del Delta del Po dell'Emilia-Romagna, nell' esprimere parere negativo alla realizzazione del progetto in oggetto , caldeggia, proprio per le osservazioni sopra riportate, la riconversione della Centrale Termoelettrica di Porto Tolle a gas metano, così come correttamente previsto dalla legge regionale istitutiva del Parco Veneto del Delta del Po.

Comacchio, 12 marzo 2002