PERCHE’ TANTA FRETTA PER APPROVARE HERA?
La decisione che ci accingiamo ad assumere questa sera non è di quelle che si possono prendere a cuor leggero. Ascoltando il presidente Vichi, dalla parlantina sciolta e convincente, i dubbi sembravano momentaneamente attenuarsi, tant’è che in Commissione ero stata favorevole. Poi appena mi capita di leggere, ad esempio, lo Zanniboni-pensiero, i dubbi ricominciano e si amplificano.
Per il tuttora dinamico “imperatore delle acque” se “Romagna Acque” è l’agnello sacrificale, i romagnoli sono, o saranno, i veri “mazziati” perché si chiederà loro, cioè a noi, “con tariffe salatissime una scelta frettolosa per andare in Borsa a tutti i costi mentre i Comuni perderanno con Romagna Acque molto più di quanto, illusoriamente, pensano di riscuotere a Piazza Affari. Quando le idee sono poco chiare, anche il masochismo entra in scena, ma può darsi che gli ‘attori’ abbiano ragionato così: meglio un uovo a noi oggi che la gallina domani a chi prenderà il nostro posto”. Non sono drastica come Zanniboni, ma mi sono domandata: perché Seabo ha chiesto e ottenuto che dall’accordo fosse esclusa Romagna Acque, che gestisce la principale fonte di approvvigionamento di acqua del territorio romagnolo, nonché vari impianti locali, separando nel nostro territorio la fase commerciale da quella produttiva? A questo proposito non ho trovato risposte.
Se le stesse cose le dicesse un politico qualunque, passerebbero inosservate. Dette da Giorgio Zanniboni lasciano il segno. Se poi ci si mette anche Mario Ferri, che di queste cose se n’intende, il segno diventa un solco.
Se Ferri ha ragione - e nel campo è un’autorità -, se alcune componenti di Hera, in particolare Seabo, Ami e Teularia, sono state sopravvalutate, sul piano dei concambi noi saremmo penalizzati, a differenza di quanto ci ha detto Vichi. Ma già dall’accordo-quadro emerge il valore superiore attribuito all’azienda bolognese rispetto alle aziende romagnole.
La stessa diversificazione del voto degli azzurri: favorevoli in Emilia, contrari in Romagna, la dice lunga, dando ragione a chi sostiene da tempo che l’invenzione di Hera si prefigge l’obiettivo di fornire al Comune di Bologna, attraverso le ipotizzate dismissioni in Borsa di parte del suo pacchetto azionario, i mezzi per finanziare la progettata metropolitana bolognese. Già da tempo Federgasaqua ha informato in documenti ufficiali che “Bologna, azionista al 74% della ‘vecchia’ Seabo, punta a recuperare il maggior numero di fondi per la metropolitana”, mentre i comuni minori della provincia bolognese “vogliono reinvestire nella riqualificazione della rete idrica”. Tutti, nel bolognese, hanno comunque brindato. Non è un caso che Seabo abbia preteso di avere l’amministratore delegato nella persona del proprio presidente che rappresenterà il potere forte di tutta l’operazione. Che il presidente designato dai sindaci romagnoli abbia firmato nel 1997 l’ingresso di Telecom Italia in Telekom Serbia, vicenda sulla quale è in corso un’indagine della magistratura torinese e sulla quale è tuttora impegnata una commissione parlamentare d’inchiesta, come ha ricordato recentemente Repubblica, può non significare nulla, non essendo intervenuta nessuna sentenza.
Qualche notabile romagnolo ha già in tasca la nomina di vice presidente. Ma cosa conterà dal momento che si mette in dubbio che lo stesso Presidente possa contare qualcosa?
Gli aumenti tariffari, poi, non deriverebbero come ha spiegato Vichi in commissione dall’applicazione del ‘decreto Ronchi’, bensì, se Ferri ha ragione, da un’operazione “alquanto disinvolta” che “prevede un regime di canoni alti che dovranno essere pagati da Hera, al fine di consentire alla socetà degli asset di coprire le passività ad esse accollate, per cui
Hera dovrebbe pretendere aumenti tariffari al limite della tollerabilità
sociale”.
L’unica certezza derivante dall’operazione, sulla quale potremo contare sicuramente, sarebbe costituita dagli aumenti tariffari già quantificati dall’advisor.
Modena, Parma e Reggio Emilia hanno respinto le advances di Seabo, secondo alcuni perché più consapevoli di noi del loro ruolo. Altro fatto che m’invita a riflettere, insieme al rinvio di Verucchio e Morciano.
L’articolo 35 della finanziaria su cui ci ha intrattenuto Vichi, decisamente frutto di un non limpido compromesso fra maggioranza governativa e minoranza, potrebbe costituire una pregiudiziale di non lieve conto se è vero com’è vero che pendono innanzi alla Corte Costituzionale alcuni ricorsi da parte delle Regioni Toscana, Campania, Basilicata ed Emilia-Romagna che l’hanno ritenuto anticostituzionale. Come finiremmo se la Consulta accogliesse i ricorsi delle Regioni?
Il 10 agosto c’è stata consegnata la documentazione essenziale, ma si è trattato quasi sempre di sintesi e non di tutta la documentazione. Certo, agli attuali sindaci l’operazione non dispiace poiché dallo ‘sbarco’ in Borsa si ripromettono di portare nelle casse comunali un discreto gruzzolo, particolarmente interessante a ridosso delle elezioni amministrative.
Leggiamo di grandi progetti industriali, gasdotti, centrali termoelettriche... Se a me non stanno bene le progettazioni di Buzzi/E.On, non è che quelle di Unica o Seabo stiano meglio, ma soprattutto avrei gradito avere sotto mano un piano industriale. Sappiamo che il piano industriale vero e proprio lo metterà nero su bianco il consiglio di amministrazione di Hera dopo il 16 ottobre, ma a noi si chiede di votare il 3 settembre.
Si punta - ci è stato detto anche dal presidente Vichi - sul business derivante dalla vendita di energia elettrica tramite nuove centrali termoelettriche,
incentivare il conferimento dei rifiuti in discarica e negli inceneritori, importazione di rifiuti da altri
territori, ma non ho sentito una parola sul risparmio energetico, sulla riduzione della produzione di rifiuti, sulla bonifica delle reti idriche, su politiche mirate all’uso parsimonioso delle risorse idriche, insomma, nessuna scelta innovativa di tutela ambientale. Si dice, ad esempo, che Seabo SpA possieda almeno 700 chilometri di condotte in cemento-amianto, così come si sa che Seabo è proponente di tre centrali termoelettriche in provincia di Bologna e di una centrale in Regione Campania, Unica SpA di una centrale a Durazzanino di Forlì al confine con Ravenna, Amia di una centrale a Coriano. D’altronde, “Hera” non significa forse Holding Energia Risorse Ambiente? E tutto questo in assenza di una programmazione pubblica nel settore strategico dell’energia.
Nel piano industriale di Seabo è prevista una forte compressione dei livelli
occupazionali, con blocco di turn-over e notevoli esternalizzazioni, mentre i sindaci romagnoli si sono sprecati a strombazzare il consolidamento occupazionale della nova società.
In un documento della Federgasacqua avevo anche letto che i sindaci romagnoli si erano impegnati a sottoporre ai rispettivi consigli comunali l’approvazione di un accordo di programma che recepisse i temi emersi dal tavolo di lavoro delle imprese romagnole e dal confronto di Bologna. Invece, al solito, ci vengono proposti progetti già decisi da altri. A noi spetta solo dire sì o no. Tal quale come s’era verificato per “Adria”.
Dicevo che dopo l’incontro col presidente Vichi, continuando a leggere l’enorme documentazione che ho potuto reperire, i dubbi sono aumentati al punto da costituire un vero e proprio tormentone, anche a seguito di incontri avuti con consiglieri di diversi altri comuni, anche emiliani. Indipendentemente dalla nostra colorazione politica, ci hanno accomunato le perplessità.
Infine non ho ancora ben chiaro, visto che si parla da più parti, anche autorevoli, di aumenti tariffari, a discapito quindi dei consumatori, se non si possano ravvisare violazioni delle norme impartite dalla Comunità Europea (Regolamento sulle concentrazioni n. 4064/89, regolamento n. 1310/97).
Ma i dubbi, se non la quasi certezza, mi sono anche sorti sulla possibilità che su queste operazioni intervenga la Corte dei Conti. Ma se la vedranno quanti hanno votato in favore soprattutto di “Adria” e oggi di “Hera”.
Mirella Canini Venturini
Verdi Alternativi
[Cons. Com. 03.09.2002]
In ordine alla delibera di revoca di Adria, pur favorevole, non ho ritenuto di votarla poiché il quarto punto della premessa conteneva un’imprecisione, laddove si dice che il contratto d’affitto d’azienda con la società gas scade il 31.12.2004, mentre è nota la proroga di cinque anni e contestuale diminuzione del canone. Inoltre perché nel secondo punto del dispositivo si faceva riferimento ad Hera come cosa fatta.
Sulla delibera di revoca è uscito anche Marco Giorgi di Rifondazione/Verdi.
La delibera istitutiva di Hera è stata votata favorevolmente da: Rifondazione/Verdi, DS, PPI, astenuti il socialista Tonini e i due consiglieri di Forza Italia, Piscitelli e Traini; contrari: Verdi Alternativi, Lista Civica, AN.
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