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                       SOMMARIO


due signori, Randone e Bensa, che nel 1898 visitano la parte iniziale della grotta delle Vene, in val Tanaro, per circa cinquecento metri, pubblicandone pure la topografia. Lo stesso Randone raggiungeva anche l'ingresso del garbo del Manco, un enorme foro al centro di una spettacolare parete sulle pendici meridionali del M. Mongioie, nella stessa val Tanaro. La tecnica usata consisteva nel farsi calare, seduto dentro una cesta, sostenuta da corde, dai robusti contadini della valle. Questi primi speleologi piemontesi erano però in ritardo rispetto ad altri loro colleghi: in Friuli e in Francia, favoriti dall'abbondanza delle aree carsiche, esistevano già gruppi organizzati che si occupavano sistematicamente dell'esplorazione delle cavità. Ce lo spiega, in quegli stessi anni, un geologo di Fossano, Federico Sacco, che con un approccio alpinistico-naturalistico, dà un impulso sistematico alla ricerca e allo studio delle cavità piemontesi.

"Si osserva che mentre gli alpinisti delle Alpi Venete ... si occupano tanto fervidamente delle caverne creando perfino speciali società o gruppi speleologici,... invece in Piemonte gli alpinisti si occupano poco o nulla delle caverne tendendo piuttosto a salire in alto, toccando le punte, piuttosto che inabissarsi nelle profondità terrestri... Ciò per un semplice motivo geologico o geochimico che dir si voglia; che cioè le alpi orientali sono essenzialmente calcaree…, mentre quelle occidentali sono costituite specialmente di rocce silicate …; in questo caso, come sempre, è l'ambiente che plasma i suoi abitatori."



Lo stesso Sacco si era in precedenza cimentato con l'esplorazione speleologica, nel Monregalese, rinvenendo la "grotta dell'orso", situata nei pressi di Pamparato, ancor oggi in corso di esplorazione.

"... frammezzo alla boscaglia si trova un foro di due metri di diametro che costituisce l'apertura di una specie di pozzo il quale si abbassa verticalmente per oltre 25 metri; in questo pozzo erano già scesi, pochi anni or sono, alcuni pastori, per estrarne un bue che vi era precipitato pascolando in quelle località."

E' qui evidente che le motivazioni per praticare la speleologia sono molteplici. Continua il Sacco.

"Per mezzo di due lunghe scale legate insieme discesi in questo antro verticale, al fondo della quale le grotta si prolunga ... in una frattura ... Volli discendervi: a tale scopo assicurata convenientemente una puleggia, per mezzo di una corda mi feci calare in quella fenditura..."

Segue la descrizione della grotta così come ancor oggi la possiamo vedere, salvo qualche concrezione scomparsa nel frattempo, e un accurato rilievo, da cui si evince che se le tecniche di progressione erano ancora da perfezionare, questi esploratori del secolo scorso erano comunque adeguati per quanto riguarda la documentazione della loro attività. A cavallo del secolo in tutto il Piemonte si riscontra un notevole fervore esplorativo: nel giro di pochi anni vengono




Nelle foto: Momenti di una risalita al Pis del Pesio negli anni '50


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