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                       SOMMARIO


La storia delle esplorazioni
in Piemonte


Giorgio Dutto e Ube Lovera

Intorno alla metà dell'800 David Livingstone effettuò una serie di spedizioni nel centro del continente africano scoprendo il lago Ngami, il lago Niassa. Esplorò l'altopiano dei grandi laghi rilevando le coste del lago Tanganica e inseguendo le sorgenti nel Nilo trovò e battezzò le cascate vittoria Vittoria. Delle esplorazioni, tali solo per gli occidentali (gli africani ovviamente avevamo scoperto la regione parecchie migliaia di anni prima), si sarebbero avvantaggiati assai i nascenti colonialismi europei in Africa.
Pochi anni dopo in luoghi molto meno esotici, altri uomini, spinti dalla stessa sete di conoscenze e, probabilmente, dalla stessa ansia d'avventura, iniziarono ad interessarsi ad altre sorgenti: quelle del Pesio.
Il torrente Pesio, tributario del Tanaro, inizia il suo percorso esterno ai piedi del massiccio del Marguareis snodandosi quindi attraverso il monregalese. Il suo spettacolare ingresso temporaneo, il Pis del Pesio, è posizionato in parete a circa 25 metri di altezza; dopo forti piogge o in seguito al disgelo, il getto d'acqua che ne esce produce una cascata visibile da lontano. Naturale quindi che uomini dotati di grande curiosità si sentissero attratti dalla grotta e tentassero di raggiungerla.
Prima di loro, alla fine del '700, il Nallino aveva dato spazio al Pis con una avvincente descrizione:

"L'acqua non già di viva vena, che dagli accennati buchi esce con furia nel mezzo del monte, che traversando in capo della valle, la serra, e chiude, è l'origine del fiume Pesio".

È questa una delle prime note conosciute, riferite al fenomeno carsico piemontese. Certo non possiamo vantare la "fortuna" toccata ai friulani, citati dallo speleologo Plinio nella sua "Storia Naturale" che racconta di come il fiume che attraversa il Carso scompaia inghiottito dalla roccia:

"E nella pianura di Atena un fiume sprofonda e riesce dopo venti miglia come pure fa il Timavo nei dintorni di Aquileia".

Lo stesso Plinio ci parla del Po con una descrizione di difficile riconoscibilità:

"Il Po sgorga ... dal grembo del Monviso ...;



Risalita al Pis del Pesio di inizio '900

si nasconde poi in un cunicolo e torna ad emergere nelle campagne di Forum Vibi (Revello)".

Torniamo ora al Pis del Pesio. Qui e sulle montagne circostanti, a partire dagli ultimi anni dell'800 si aggira l'avvocato Strolengo, un signore assai interessato alla zona, ugualmente appassionato di grotte e di camosci. Trova, per iniziare, in una cengia di Testa Murtel la grotta che ora porta il suo nome (lasciando al fondo della stessa il suo biglietto da visita) e quindi, pochi anni più tardi tenta, con un piccolo gruppo di compagni la scalata all'ingresso del Pis. Corre il 1905 e Mader, uno dei compagni di Strolengo ci informa sull'impresa:

"L'altezza verticale dell'apertura è di m.22 ... Ora colà, legando insieme solidamente tre travi di legno con un tronco di abete piantato in terra, l'avv. Strolengo aveva fatto edificare una scala per superare quel dislivello... Sul tronco i ramicelli costituivano scalini naturali, e in più s'erano inchiodati dei travetti di legno, tanto più che il tutto era solidamente fissato con legni trasversali e grossi chiodi di ferro... Fatta colazione ci trattenemmo per circa due ore nella caverna".

Non riuscirono a proseguire perchè:

"... v'è un laghetto dall'acqua agitata, limpida e piuttosto profonda, cosicché impedisce di avanzarsi senza barchetta".

Sull'altro lato del Marguareis, in val Tanaro troviamo altri



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