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Nel
1939 la Spagna chiude una delle sue più brutte e sanguinose pagine di
storia: la guerra civile. Il generale Franco, capo dei nazionalisti,
prende il potere e capisce che la propria nazione non può rimanere
divisa. Serve
un gesto per pacificare gli animi e
dimenticare gli odi. Nasce
in tal modo la “valle degli eroi”
un enorme cimitero dove vengono seppelliti i martiri di entrambe le
fazioni. Camminare per quella valle da sensazioni particolari, guardare le
lapidi di tanti giovani una accanto all’altra, un repubblicano ed un
nazionalista, alternati, insieme e in pace così come devono riposare oggi
le loro anime. Il
generale Franco più di sessanta anni fa, impartì al mondo la più grande
lezione di civiltà del novecento. Per
fortuna degli spagnoli, nessun franchista ha avuto la stessa “sensibilità”
d’animo dei nostri compagni crotonesi, altrimenti oggi i corpi dei
repubblicani riposerebbero tranquillamente in qualche fossa comune. Nel
2002 il Sindaco di Crotone decide di creare un monumento per la
pacificazione nazionale. Cinquantasette anni dopo la fine della guerra
mondiale un sindaco di periferia decide che è tempo di seppellire gli odi
e di lasciare, finalmente, riposare in pace le anime di quei ragazzi che
allora andavamo a morire per difendere l’idea di patria che avevano nel
cuore. Ma
la civiltà, si sa, non è bene comune. Qualcuno,
ancora oggi, si alza sul pulpito per farci la sua buona predica
antifascista, vomitandoci addosso tutte le sue sacre verità, sacre perché
appartengono a lui, e rivolgendosi ai compagni per la classica
mobilitazione. “La
pacificazione c’è stata oltre cinquant’anni fa”, apprendiamo
dal predicatore di turno, quella pacificazione che ci hanno versato
nell’animo tramite i loro civilissimi libri di storia, in cui a malapena
ci si ricorda dei martiri delle foibe (italiani, non fascisti, uccisi dai
comunisti titini), quella stessa pacificazione che consente di intitolare
una via a Che Guevara ma che non ci consente di parlare di uomini come
Giovanni Gentile, che per quanto posso ricordare non mi sembra si sia mai
macchiato di crimini o altre infamità. Che
i nostrani predicatori vadano a fare una gita in Spagna, vadano a visitare
la “valle degli eroi” vadano
a vedere i fiori su quelle tombe, vadano a guardare le lacrime versate
dalle madri di quei ragazzi. Poi ci dicano, dalla loro somma saggezza, la
differenza tra il dolore nazionalista e quello repubblicano. Bisogna,
comunque, capirli, poveri “missionari
della verità” vogliono far politica ma non sanno che dire e quindi
ogni tanto tirano fuori dal loro cilindro un coniglio, ma questo è uscito
un po’ troppo rosso. Ho
letto addirittura che ci sarebbero problemi a intitolare una via a Giorgio
Almirante. Non mi ricordo più il nome del consigliere comunale di
sinistra che ha fatto questa dichiarazione, dev’essere un ragazzo, anche
se non ricordo giovanotti tra i banchi dell’opposizione. La sua giovane
età, questa volta, gli ha giocato un brutto scherzo: non può certo
ricordare la statura politica ed umana di Giorgio Almirante. Ma se così
non fosse, se il consigliere fosse un logoro archibugio della sinistra,
uno di quelli che magari ha già amministrato questa città, uno di quelli
che magari ha avuto anche qualche incarico nell’amministrazione di enti
pubblici, che ne so magari una ASL; se cossi fosse allora non perdiamo
tempo ad ascoltarlo, non ne vale la pena, ha già fatto la sua storia e,
non me ne voglia, non sarà sicuramente ricordata dalle generazioni
future. Per
capire i grandi uomini ci vogliono spiriti liberi, per apprezzare grandi
intelligenze ci vogliono coscienze pure. Ecco
perché a nome della comunità giovanile di Alleanza Nazionale, propongo
alla nostra giunta di intitolare una via a Giorgio
Almirante e quella adiacente a Enrico
Berlinguer, perché la validità degli uomini va aldilà del loro
colore politico. Anche
questa volta qualcuno ha perso una buona occasione per stare in silenzio. Il
Coordinatore Regionale
Gianfranco Turino
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