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Quando
ho deciso di contribuire alla discussione sulla “Pace” ero già
consapevole di sollevare un polverone. Sapevo fin dall’inizio che le mie
parole sarebbero state travisate ed utilizzate strumentalmente per il solo
gusto di fare polemica, ma mai avrei immaginato che qualcuno si inventasse
le mie posizioni politiche. Mi
ritrovo a scrivere, infatti, solo per chiarire ai lettori quali idee e
quali contributi volevo portare alla riflessione sull’avvenimento che
sta scuotendo il mondo. Sono
costretto, però, a cominciare con un invito rivolto a tutti quelli che
hanno voluto interpretare a modo loro le mie precedenti dichiarazioni:
andate a rileggere il comunicato stampa, visto che mai ho sostenuto la
validità di questa guerra o le motivazioni americane. Troppo
facile sostenere che chiunque non condivida le posizione della sinistra
sia uno schiavo di Bush ed un ebete che non riesce a formulare un pensiero
proprio. Troppo
facile sostenere che chi non ha aderito al movimento per la pace sia un
guerrafondaio. Tutto
troppo facile, ma anche troppo idiota. Abbiamo
denunciato l’assenza, nel movimento della pace, di risposte ad alcuni
problemi, assenza confermata dalle parole di alcuni di voi: “Il
movimento per la pace non ha mai detto di voler dare delle risposte al
problema iracheno…” Anche
qui siamo di fronte all’idiozia, non si può dire solo No e basta, non
si può non affrontare il problema iracheno, come non si possono
tralasciare le sofferenze di molti popoli, la maggior parte ancora oggi
sotto il giogo e la dittatura comunista. Se
gli Stati Uniti avessero detto di voler attaccare la Corea del Nord per
scongiurare il pericolo nucleare, avreste, nello stesso modo di oggi,
gridato allo scandalo. Avreste fatto le vostre rimostranze e le vostre
sfilate, ma non avreste dato alcuna proposta alla soluzione del problema. Se
torniamo con la mente ai giorni della guerra in Afghanistan, ricorderemo
anche allora un movimento pacifista, sicuramente non ampio come
l’attuale, ma che vedeva la sinistra nostrana in prima fila contro
l’intervento occidentale. A distanza di più di un anno dalla fine di
quel conflitto chi se la sente di condannare le bombe occidentali, che
hanno ridato la possibilità ai bambini di giocare con gli aquiloni, alle
donne di riacquistare la dignità di persona e quindi poter studiare,
guidare e far vedere il proprio volto, alla gente di riaccendere le radio
e riascoltare la musica? Che
poi Bin Laden sia morto o vivo, libero o in qualche buia galera, davanti
al sorriso di un bambino che corre libero nelle strade della propria città,
diventa realmente un particolare di poca importanza. Il
che non giustifica sempre il ricorso alla forza. La
crisi Irachena ha messo in risalto delle problematiche molto gravi: la
totale inefficacia della diplomazia internazionale, la mancanza di una
politica mirata alla stabilità di quei territori, l’assenza
dell’Europa dallo scenario internazionale. Problemi
troppo grossi per essere risolti da una bandiera colorata appesa ad un
balcone. Il
ruolo dell’ONU deve, ormai, essere ridiscusso, un’assemblea, che non
ha alcun reale potere, non ha alcuna possibilità di intervenire in modo
risolutivo in nessuna crisi. L’Africa, purtroppo, è ancora percorsa da
moti e tumulti, guerre tribali e scontri razziali, senza che questi
vengano realmente ed efficacemente affrontati dalle Nazioni Unite. L’Europa
ha dimostrato tutta la sua inconsistenza politica, spaccandosi sulla
semplice base dei diversi interessi di Francia e Germania, da una parte, e
Italia, Spagna e Gran Bretagna, dall’altra. Un’Europa unita, con una
sola volontà politica avrebbe giocato un ruolo diverso, anzi avrebbe
recitato la parte da protagonista così come deve essere in tutte le crisi
che riguardano l’area del Mediterraneo. Nasce
così la reale necessità di costruire, nel minor tempo possibile, un
soggetto politico che possa fare da contro altare alla diplomazia
statunitense, un nuovo blocco politico ed economico in grado di
stabilizzare il panorama internazionale. Si
ribadisce l’esigenza di dare un contenuto politico, culturale, sociale
all’Europa, che oggi è ridotta a puro coacervo di mercati e di banche,
si avverte l’urgenza di restituire all’Europa il suo ruolo naturale,
che storicamente ha sempre ricoperto: quello di culla della civiltà. Dobbiamo
cominciare a riflettere su questi temi, per evitare un domani altri
conflitti ingiustificati. Queste sono le sfide che dobbiamo affrontare per
assicurare un lungo periodo di pace al mondo. Ma
tutto questo non si può realizzare con la polemica o con gli slogan,
abbiamo la necessità di aprire un confronto serio con tutti, senza alcun
pregiudizio politico. Mi
auguro anche di poter dialogare con la giovane sinistra, ma quella seria,
non quella Joystick, che si muove solo a comando del padrone. In
conclusione vorrei ribadire un concetto che mi sta molto a cuore: il
“Pacifismo” è un’idea molto seria, ce lo hanno insegnato, con
l’esempio, Gandhi e Madre Teresa di Calcutta, non certo il sig. Guevara
o il sub-ragioniere Marcos. Il Coordinatore Regionale (Gianfranco
Turino)
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