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Ammazzate quel fascista! Vita intrepida di Ettore Muti 

Autore: Arrigo Petacco

Editore: Mondadori

 

Contenuto:
"Di certo c'è soltanto che è morto." Questo fu l'asciutto commento che seguì l'annuncio dell'uccisione di Ettore Muti, ex segretario del partito fascista, trovato cadavere con una pallottola alla nuca nella pineta di Fregene il 24 agosto 1943. Sulle ragioni dell'unico delitto eccellente che funestò i famosi "45 giorni di Badoglio" (25 luglio - 8 settembre 1943) si sollevò un gran polverone in cui convivevano le ipotesi più diverse e contraddittorie. Secondo la versione 'badogliana', Muti venne ucciso dai carabinieri mentre tentava di fuggire, dopo essere stato tratto in arresto. Secondo la versione fascista, il suo assassinio fu invece commissionato dallo stesso Badoglio che l'avrebbe ritenuto il solo gerarca capace di tentare un controcolpo di Stato con l'appoggio dei tedeschi. Ettore Muti era in quel momento il fascista più popolare d'Italia. Quarant'anni, spavaldo, violento, coraggioso, maschilista, amante rapace "più bello di Rodolfo Valentino", riassumeva tutte le caratteristiche del camerata 'perfetto'. L'audacia e lo sprezzo del pericolo erano in effetti i suoi segni distintivi. Votato all'avventura per l'avventura, senza pregiudizi ideologici o morali, fin dalla prima adolescenza non mancò a nessun appuntamento con la guerra. A quattordici anni combatté con gli Arditi sul Piave, a sedici seguì d'Annunzio a Fiume e poi, dopo la marcia su Roma, partecipò come aviatore spericolato alla campagna d'Abissinia, alla guerra di Spagna, alla conquista dell'Albania e infine al secondo conflitto mondiale, guadagnandosi una quarantina di decorazioni, fra cui due medaglie d'oro e dieci d'argento. Per i suoi meriti 'guerrieri', Mussolini lo nominò nel 1939 segretario del partito al posto di Starace, ma dovette ben presto pentirsene: il mestiere del funzionario e del burocrate non si addiceva a un uomo d'azione così ribelle, leale, impolitico e persino onesto. Arrigo Petacco ricostruisce la biografia tumultuosa e avvincente di questo fascista anomalo e, cercando di far luce sul fitto mistero che ne circondò la morte, rivela per la prima volta con chiarezza i moventi, le responsabilità, le strumentalizzazioni, le vigliaccherie e le sconcertanti complicità di tutti i protagonisti del "giallo di Fregene".