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Racconto dei fatti.
Fino
al 2004 una vita come lavoratori, con una casa con un mutuo come tanti
altri cittadini, ma con alle spalle un passato da brivido sempre
pronto a distruggere qualsiasi passo verso la libertà.
Nel 2004 subiamo l’attacco definitivo di uno stalker.. Ma lo “stalker” è
solo una pedina in un gioco più grande che parte dalle nostre famiglie
e dal circolo di dove siamo nati fatto di normali operai,
imprenditori nazionali e internazionali, militari di alto lignaggio,
gente di chiesa, ...
Cominciamo a capire che ci vogliono distruggere a tutti i costi, forse
per cancellare definitivamente ogni nostro ricordo-testimonianza che ci
portiamo appresso, o forse tutto è mosso da una cerchia di pezzenti con
amicizie nei militari vicentini e padovani (alcuni legati ancora ai
gruppi paramilitari...)
Cominciamo a scrivere alle autorità il giro di
amicizie dei parenti e quello che accadeva nel circolo degli “amici”.
Ma non ci affidiamo a Padova o Vicenza —dove sarebbe naturale— ma a
forze esterne che possono capire il fenomeno con più obiettività. Non
ci rivolgiamo a Padova, semplicemente perché uno dei nostri zii
andava fiero di avere come informatori i carabinieri di Padova per i procedimenti in Procura di Padova!. Ci siamo rivolti
prima ai carabinieri di Rovigo, e poi alla Procura di Roma di
piazzale Clodio e al Presidente della Repubblica.
A Roma, vi era anche la sede legale della società del calcio nazionale,
dove vi lavorava, ai vertici, uno degli “amici”, il quale aveva (sempre a
detta del parente) contatti con i carabinieri di Padova che li
passavano le informazioni riservate all’occorrenza. A Roma e al
Presidente della Repubblica (allora Mr. Ciampi) mandammo per raccomandata vari esposti da
Novembre 2004 a Maggio 2005, ma quando in marzo andammo alla Procura di Roma a chiedere
a quale magistrato fossero stati assegnati i fascicoli, gli impiegati
ci dissero che solo il primo della lunga serie di raccomandate era pervenuta: delle altre non
vi era traccia! Una persona intuendo il grosso del problema, ci
consigliò di rivolgerci ad un’altra Procura. Il primo esposto, che era
l’unico pervenuto, fu aperto da un certo dottore Verusio
(non so se è quello attualmente in capo alla Procura di Grosseto che
sta lavorando sul disatro della nave Concordia) e
mandato a Padova per competenza (Verusio dunque ignorò quanto da noi
scritto sull'esposto relativamente a possibili collusioni all'interno
della Procura di Padova). Andammo anche al Quirinale per
avere informazioni della copia (sostanzialmente identica salvo le forme
di rito) e ci dissero che i documenti erano stati inviati al Ministero
dell’Interno e poi dal Ministero erano andati in Prefettura di Padova.
Tornati a Padova controllammo dal prefetto, ma tali documenti,
che erano stati inviati da Roma, tanto per cambiare, non
risultavano inseriti nel database!
Oltre metà aprile 2005
tornammo a Roma e verificammo se era arrivata o scomparsa la posta che
avevamo inviato per raccomandata ad inizio marzo: essendo ancora
mancante consegnammo per l'ennesima volta tutto il materiale all’ufficio primi atti,
facendoci fare un bel timbro sulla nostra copia (pensammo, sbagliando, che
questa volta la documentazione sarebbe pervenuta di certo visto che la consegnammo a mano! Ma non fu così!).
Tornati
a casa, a fine aprile preparammo una denuncia contro ignoti per
appunto la
sottrazione e/o smarrimento della serie di fascicoli inviati da
dicembre 2004 a marzo 2005. Spedimmo anche questa denuncia tramite
lettera raccomandata alla
Procura (senza includere la copia di atti scomparsi). Questa denuncia
corrispondeva oramai alla nostra settima raccomandata nella lunga
serie
inviata alla Procura di Roma. Le varie raccomandate le abbiamo nominate
poi con R1..R8, mentre i due atti depositati a Roma li abbiamo chiamati
D1-D2. Il malloppo totale a maggio 2005 era di 7 raccomandate, 2 atti
depositati all’ufficio primi atti, qualche email alla Procura.
La foto sotto riportata mostra l'elenco delle ricevute degli atti inviati e/o depositati in Procura.
Di tutto il malloppo sopra indicato sapremo solo in novembre 2005,
tramite un fax proveniente dalla Procura della Repubblica di Roma, che
solo la nostra raccomandata R7
era pervenuta: del resto non vi era traccia (la prima non conta, perchè
era stata inoltrata a Padova e non l'avevamo dunque inserita nella
lista degli atti scomparsi...) .
Ecco qui uno stralcio del fax arrivato da Roma:
Quanto indicato qui sopra scritto per mano del magistrato e/o suo
incaricato,
in breve voleva dire che tutto quello che avevamo
spedito/depositato prima
dell'R7 e dopo l'R1, non era mai pervenuto! Spiego meglio:
l'esposto R7 indicava la
sottrazione e/o smarrimento degli esposti precedenti fornendo
ovviamente una lista del materiale scomparso... Il
magistrato, come vedremo meglio in seguito, pur iscrivendo il
reato specifico numero 616 c.p., inerente lo
smarrimento/sottrazione di documentazione , non risolveva affatto il
caso. A detta sua non
vi erano elementi utili per risolverlo! Dunque non si poteva sapere se
era stato un furto o
uno smarrimento... Mancando elementi non si poteva procedere e dunque
fu archiviato tutto. Ovviamente non si preoccupò di parlare con
noi in proposito: l'unica comunicazione fu quella sopra esposta.
La controreazione
Ora
torniamo un po’ indietro. Dal momento che cominciammo a scrivere
i documenti alle autorità le cose peggiorarono di brutto.
Cominciò in
particolare a diffondersi una serie di diffamazioni sul nostro conto:
si spargevano a macchia d’olio sul lavoro, sulle forze dell’ordine
locali e sul Comune di residenza. Un fenomeno inarrestabile! Non
solo, in più alcune nostre pratiche normali cominciarono a subire
anomalie, rallentamenti e addirittura smarriment anche
all’interno di vari uffici
dell'Amministrazione Pubblica e in alcuni istituti bancari! Oltre che
problemi nella consegna della posta, violazione di domicilio,
minacce... Continuavamo a chiedere
un aiuto alle forze dell’ordine e ai magistrati e nessuno si faceva
sentire.
Andammo avanti per vari mesi, coi nervi a fior di
pelle, con gente che ci veniva a perseguitare sotto casa. La paura era
di casa.
Finché
in marzo 2005, sotto stress mi capitò un incidente. Presi una forte
scossa e sotto stress per i fatti narrati, uscii e mi scaricai
danneggiando alcune auto dei vicini parcheggiate davanti casa. Fu un
attimo: quella scossa fu come una bibita drogata che mi fece perdere la
ragione per pochi attimi.
L’incidente fu strumentalizzato dai carabinieri padovani che ne
modificarono la dinamica: in particolare dal vice-comandante, tale
maresciallo P.P., che cominciò a perseguitare me e Giovanna. Il
tal maresciallo si faceva chiamare comandante... Il maresciallo
mi fece passare per un soggetto paranoico e convinse i vicini a farmi
denunciare per minacce: curiosità è che non avevo nessun rapporto con
tali persone delle quali non conoscevo nemmeno il nome! Nel verbale fu
completamente omesso il fattore scossa elettrica (il contatore
segnò un sovraccarico dell'80% per due giorni! E per due ore fu
impossibile ripristinare la corrente elettrica).
Ora questo passo è molto importante. Ora se vi ricordate, di tutti gli esposti che avevamo inviato a Roma:
il primo era veramente arrivato e fu letto dal magistrato Verusio. Era poi stato inviato per
competenza a Padova. Dunque al momento dell'incidente era già arrivato per competenza al maresciallo
P.P. per le indagini, visto che a Padova era arrivato tre mesi prima dell'incidente .
Fatalmente tutti gli esposti inviati successivamente all'arrivo a Padova non pervenirono a
Roma! Un caso? L'unico che pervenne fu un esposto inviato in incognito
con un altro nome: l'R7! Un'altro caso? Allora questo maresciallo P.P.
sapeva probabilmente tutto ma non aveva mosso un dito! Cosa centrava lui con la sparizione di tali
documenti?
Torniamo all'incidente che ho avuto in marzo 2005: il maresciallo cominciò a dirigere la situazione in modo da farmi
considerare un mitomane, un paranoico. Ma non solo.
Io e mia moglie ci eravamo decisi,
vista la situazione, di depositare anche li da
loro per le carte sparite a Roma: ma questo "comandante" non solo si
rifiutò di prendere tale carte, ma continuò a considerarci come
persone che farneticavano.: dunque dovevamo essere sottoposti a visita psichiatrica!
Visto che oggi nel 2014 la mia situazione è preoccupante, ho meno remore, e vi metto qui pure lo
stralcio di una lettera che non avevo mai indicato così precisamente per provarvi quanto ho detto:
Questa lettera mi arrivò a casa dopo l'incontro con il maresciallo
P.P..: mi si dice di presentarmi a farmi una visita psichiatrica!
La spiegazione di questa lettera, da parte dell'avvocato
professionista a cui ci eravamo rivolti per ottenere aiuto era chiara:
“vogliono insabbiare tutto e farvi passare per matti”,
ci disse.
Nell’ottica di arrivare a portare a termine il suo progetto, il
maresciallo fece degli abusi d’ufficio: era stato lui a fare pressioni
sulla dottoressa che sottoscrisse tale lettera che continuarono
poi
anche negli anni successivi. Tutto questo serviva per nascondere
quelle testimonianza scritte negli esposti spariti!!!
Il nostro avvocato, che era anche parlamentare europeo, di certe cose se ne
intendeva: ci disse subito che la procedura non era legale e non doveva essere fatta nessuna visita! Si
mandò dunque una lettera al responsabile superiore della dottoressa chiedendo spiegazioni!
Non ci fu nulla da fare, alcuni carabinieri al comando di P.P. ci
venivano a rompere le scatole e volavano bestemmie! Per tutelarci
dovemmo emigrare! Il maresciallo continuò a perseguitarci in giro
per l'Italia in tutti gli anni successivi.
Anche se non vi furono mai
delle carte "DA MATTO" O CERTIFICAZIONI CHE ATTESTASSERO LA MIA
INSANITA' MENTALE, IL MARESCIALLO P.P. COINVOLSE MOLTE PERSONE, IN
MANIERA INDIRETTA E ILLEGALE IN TAL SENSO FACENDOLO CREDERE. LA STESSA POLIZIA DI STATO DI UNA NOTA
CITTA' ITALIANA, NEL 2010 SI SPORCO' LE MANI ANDANDO DIETRO ALLE
FARNETICAZIONI DEL MARESCIALLO P.P., COME VEDREMO, FACENDO DELLE COSE CONTRO
LA LEGGE E ATTIVANDO DEI PROCEDIMENTI AMMINISTRATIVI ILLEGALI. IL TUTTO PER
RISPEDIRMI IN VENETO SOTTO LE GRINFIE DI P.P. E DI TUTTE QUELLE
ISTITUZIONI CHE LUI TENEVA SOTTO SCACCO, COME APPUNTO I MEDICI
DELL'ASL, I SERVIZI SOCIALI..!
Torniamo alla narrazione della storia,
In giugno 2005, visto che in procura ordinaria perdevano tutto,
prendemmo la precauzione di spedire tutto il malloppo anche alla Procura Militare di Roma che chiamiamo RM1. La Procura Militare poteva entrare in gioco per la questione delle Antenne...
A
Roma il contenuto della raccomandata RM1 fu inoltrato per competenza
nuovamente alla Procura Ordinaria di Roma.
Qui il fascicolo non venne perso e venne assegnato ad un magistrato, ma
confluì poi in maniera rocambolesca nell'esporto R7.
In giugno 2005 la vita in paese a Padova non era
più possibile, non solo per la persecuzione del maresciallo P.P. ma
anche
per il clima teso che si era creato nell’intero paese: il maresciallo
infatti mi aveva dipinto come un pericoloso mitomane paranoico
che senza ragione poteva creare danni e minacciare persone. Era stato
il maresciallo che aveva convinto i vicini a denunciarmi per
minacce, spiegando che in quella maniera si sarebbe potuto liberarsi
facilmente di me (negli anni successivi la nostra casa ritornò
alla banca che ci aveva concesso il mutuo e venne comprata da gente del
posto che aveva particolari interessi in materia, cioè aveva interessi
che sloggiassimo... Dio li mandi un colpo!). Da giugno
2005 avevamo levato le ancore e cercato di risolvere il caso rimanendo
fuori da quell’inferno. Per cinque mesi non tornammo più a casa.
Tornammo pochi giorni di nascosto in ottobre, poi partimmo per non
tornare mai più. Non ci fu nulla da fare: perdemmo tutto!
Il magistrato di Roma intanto, mentre vivevamo sul lago d'Iseo in novembre
2005 ,ci inviò la notifica di richiesta di chiusura delle
indagini sugli esposti spariti.
Noi a quel tempo eravamo rimasti completamente senza
soldi a Marone in provincia di Brescia e vivevamo in una piccola tenda
di campeggio. Purtroppo i carabinieri del luogo e il loro comandante, un tale maresciallo Renda, erano stati influenzati
da quelli di residenza, cioè dal solito P.P.: dunque non ci offrirono
nessun appoggio e nessun
appoggio avemmo nemmeno dai servizi sociali e/o difensore
civico della Comunità Montana di Sale Marasino. E cosa ci troviamo anche qui a centinaia
di km di distanza? Un carabiniere di P.P.! Un caso anche questo?
Stavamo per finire morti di fame perché nessuno ci aiutava,
ed era perché era stato dato ordine alle autorità di non farlo:
volevano che fossimo costretti a ritornare a Padova per cuocerci ben
bene e assegnarci in stato di indigenza ai nostri parenti che non
aspettavano altro! Sarebbe rientrato tutto: le nostre
testimonianze erano sparite, io sarei stato dichiarato matto, mia
moglie sarebbe stata dichiarata con un forte esaurimento... E sarebbero
stati tutti felici e contenti: chi a fare l'operaio, chi a cogliere le
ossa dei morti per fare le sedute spiritiche che erano tanto in voga
nel gruppo, chi a esercitare l'attività di pedofilia, chi a farsi
dire i segreti dei procedimenti in Procura di Padova direttamente dai
carabinieri, chi godersi le reliquie a uso personale...
Ma noi non eravamo di quell'avviso.
In febbraio 2006 andiamo dunque fuori dall'ambiente del lago d'Iseo, saltiamo i carabinieri di Marone e
puntiamo diritti alla Questura di Brescia: lì
ripresentiamo il nostro caso: a Brescia non vorrebbero
avere a che fare con una cosa del genere dove c'entra la Procura di Roma. Comunque alla fine, una bionda scrive
la ratifica e acquisiscono tutto il materiale. Ridepositiamo tutti i documenti. Il giorno dopo siamo
sbattuti dai carabinieri in strada. Vogliono che torniamo in Veneto! Ma dalla strada e di nascosto riusciamo
a raggiungere Roma in treno.
E’ marzo 2006. Vogliamo assolutamente parlare con
il magistrato P. C.: ma è fatalmente in ferie e così vediamo un
suo impiegato. ; Mostriamo il fax che ci aveva scritto P.C. :Dunque
spiegavamo all'impiegato che il materiale pervenuto era poca cosa: si
trattava di un aggiornamento indicante tra le altre cose i fascicoli
che non risultavano pervenuti al magistrato! Ci disse che il
procedimento era stato chiuso e ci spinse ad andare in
Cancelleria. Ma
quando eravamo già usciti dall'ufficio, si affrettò a richiamarci.
L’impiegato
controllando sul terminale si accorse che il materiale era
corposo e non poche pagine! Ci
spiegò dunque, mostrandoci sul terminale, che il nostro
fascicolo era si in origine piccolo, ma era successivamente
divenuto ben corposo per il materiale inoltrato dalla Procura
Militare (si
trattava del malloppo inviato un anno prima alla
Procura
Militare e spedito per competenza alla Procura Ordinaria, aperto da un
magistrato e confluito poi al dott. C. che aveva già un fascicolo aperto: l'
R7 ).
Lasciata la segreteria del magistrato, ci dirigiamo in Cancelleria:
effettivamente il nostro procedimento era stato chiuso mesi
prima! Esattamente Il 3 gennaio! Ma che ci facevano in Procura il
tre di gennaio? Non stavano a festeggiare come tutti gli altri?
In Cancelleria riusciamo ad ottenere il decreto di archiviazione..
Scopriamo
che il decreto contiene una serie di bizzarrie inconcepibili. La prima
è che vi è scritto che noi abbiamo denunciato un reato verificatosi in
una data posteriore all’invio dell’R7. Impossibile! Non è nemmeno
concepibile che una persona possa denunciare un reato che avverrà in
futuro! Non eravamo chiaroveggenti. E poi una serie di errori su date,
su numeri… e una serie di parole formalmente corrette ma
sostanzialmente da gettare perchè errate o false. Non si faceva
nessuna menzione dei reati segnalati sugli altri documenti che erano
pervenuti dalla Procura Militare e non vi era stato nessun procedimento specifico!
Morale della
favola , quel decreto stabiliva che il reato 616 da noi asserito
non si era mai verificato e chiudeva il caso senza mai averci sentiti
come testimoni, senza darci la possibilità di presentare prove o
indizi… Senza mai che quei nostri esposti (R2,R3,R4,R5,R6, D1, D2)
fossero stati analizzati!
Se fossimo stati presenti avremmo potuto confutare chiaramente quanto
stavano asserendo i giudici! Ma con noi i giudici non hanno mai voluto
parlare, e non abbiamo nemmeno mai parlato con la polizia giudiziaria
che doveva condurre le indagini...
Noi
non avevamo un soldo e rimanemmo a Roma solo pochi giorni vivendo di
Provvidenza. Alla fine delle ferie del magistrato eravamo già lontani
da Roma: ad Assisi. E inviammo da Assisi un fax contestando il decreto di
archiviazione. Non facemmo nessuna menzione di essere passati al suo
ufficio e aver visto sul suo terminale che disponeva di tutta la
documentazione!
La replica del magistrato si fece attendere
solo pochi giorni: ci scrisse che l’istanza di riapertura delle
indagini da noi richiesta, era stata rigettata e che il caso era chiuso e l’unica
soluzione era il ricorso in Cassazione. Ma scrisse anche che la
documentazione non pervenuta continuava a non essere pervenuta: cioè
che lui non aveva in mano tutti i nostri esposti. Cosa che a noi, per
quanto avevamo visto nel suo ufficio, non risultava affatto.
A
questo punto cominciammo a capire che capitavano cose non chiare a
Roma. Siccome in quel periodo a Napoli vi erano degli indagini in
corso sulla FIGC ci presentammo in questa procura consegnando del
materiale che poteva in qualche maniera collegarsi a tali indagini, e
facemmo contestualmente in settembre 2006 una denuncia contro il
magistrato e il giudice per abuso d’ufficio e per aver soppresso degli
atti veri nella Procura di Roma (questo almeno sono i reati formulati dal magistrato di turno a Napoli vedendo la nostra denuncia)...
A Napoli erano assai preoccupati, tanto da prendere
l’incartamento immediatamente e assegnarlo al magistrato definitivo in due ore di orologio. Uno ci chiese: -“avete paura che vi
vogliano ammazzare?”. E lo disse con fermo convincimento,
aggiungendo che loro erano al corrente che a Roma capitavano cose del
genere, e quasi a farci coraggio: “non siete gli unici a cui sono
successe queste cose”, ci disse grosso modo.
Presa la denuncia, sigillata, e
portata con la massima urgenza dal magistrato, il poliziotto ci disse di parlare
subito nel pomeriggio con il magistrato. Ma il magistrato non c’era
o era occupato e tornammo due settimane dopo: purtroppo il
procedimento era stato trasferito a Perugia, ovvero nella sede naturale
ove vengono svolti i processi che riguardano anomalie della procura di
Roma. A Napoli ci invitano dunque di andare con urgenza a parlare con
il magistrato di Perugia e ci suggeriscono di far mettere tutti i
colloqui a verbale.
A Perugia il magistrato non è più
dell’Antimafia come era quello di Napoli. Nonostante le numerose
richieste ci sarà impossibile parlare con il magistrato. Il
magistrato rifiuta ogni incontro e ogni nostra richiesta: altro che mettere i colloqui a verbale!
Ma nel frattempo magistrato e Polizia
di Perugia fanno degli errori madornali sul nostro caso: ASSEGNANO la
nostra protezione alla stazione carabinieri del Maresciallo P.P.. E altri errori e banalità
che ci misero in pericolo di vita.
Dopo tre mesi di tentativi di colloquio con il magistrato senza successo, trovammo a Città di Castello dei carabinieri
disponibili a scrivere un verbale serio e vagliare documentazione e
prove in nostro possesso. Ne nasce una nuova denuncia querela che viene
assegnata a un nuovo magistrato di Perugia: Gabriele Paci. Paci è
diverso dal precedente, e si attiva subito. Ma il fascicolo di Paci gli
viene “sottratto” quasi subito e viene inserito, come
aggiornamento, sul fascicolo del magistrato precedente. Tutte le
attività si arenano nuovamente.
Nel 2007 finiamo
a vivere a
Terni, inseguiti da una serie di persone che ci vogliono morte. A Terni
alcuni ispettori di Polizia ci aiutano per chiedere una mano ai servizi
sociali del comune, lo fanno tramite un articolo di giornale che dia risalto alla
nostra
vicenda. Dal giornale approdiamo a un programma della RAI,e ad una rete
nazionale.
Giancarlo Magalli lancia un appello all’Umbria perché ci
aiutino a trovarci un lavoro e una casa. Torniamo a Terni contenti
confidando nella fine dell'incubo. Ma non sarà così!
Il
comune di Terni non
interviene e nemmeno il vescovo di Terni. Viviamo in Caritas, ma
cercano di
mandarci via il prima possibile senza offrirci soluzioni, soluzioni
invece che per altri ospiti della Caritas arriveranno. Qualcuno
racconterà alla Polizia che la Caritas ci aveva trovato la casa e noi
avevamo rifiutato!
Inviamo
un esposto/denuncia alla Procura di Firenze, accusando il magistrato di
Perugia di lesione del nostro diritto di legittima
difesa.
Il magistrato di Firenze, chiede notizie sul
procedimento alla Procura di Perugia. Non sappiamo cosa poi sia successo. Fatto sta che non
otterremo comunque l’incontro con il magistrato, né con quello di Perugia né con quello di Firenze.
Il magistrato
di Firenze, un certo R.M., di certa esperienza, viene promosso, mandato
alla Procura di Ferrara come capo procuratore. Lo aspetterà poi un
“incidente”.
Accusato di comportamenti inopportuni con i suoi colleghi, verrà
buttato fuori dall’ordine dei magistrati senza più la possibilità di
ritornarvi. Invece da internet risultò che il magistrato di Perugia chiederà il trasferimento:
verrà trasferito nelle Marche e ora (2014), sempre da fonte internet sembra andrà nella Procura di Terni.
Gabriele
Paci invece ritornerà a fare le indagini in Sicilia sulla mafia.
Curiosità è che il maresciallo P.P , come lui ci disse, proveniva dalla laguna di
Comacchio (Ferrara).
Per noi non ci sarà pace:né a Terni né nel resto dell'Umbria, né in
Abruzzo, né nelle Marche, né in Toscana, né in Emilia Romagna! Per
tutto
il periodo successivo otterremo una persecuzione da alcune forze
dell’ordine che si spingeranno a commettere alcuni atti amministrativi
illeciti nel 2010,: atti coperti da una falsa parvenza di legalità, ma
sostanzialmente falsi come si vedrà poi.
Dal 2009 non riusciremo più ad ottenere un
lavoro, per il continuo perpetrarsi di un terrorismo nei nostri
confronti. Da agosto 2010 vivremo senza una casa, in rifugi di fortuna,
vivendo di Provvidenza.
Stremati, la nostra condizione fisica
peggiorerà a causa del tipo di vita. Siamo oggi rimasti senza molti denti, e
io Matteo ho tutti i denti davanti rovinati da buchi per la
decalcificazione e mancanza di sostanze (per la carenza di
alimentazione, carenza di sonno che non permette alle difese
immunitarie di rinfrozarsi...). Non otterremo nessun aiuto da
servizi sociali e Caritas, anche a causa di una spaventosa campagna
diffamatoria nei nostri confronti. Saremo trattati peggio dei peggiori
criminali. Le nostre denunce rimarranno inascoltate. Noi destinati a
morire tra incredibili sofferenze: il prezzo da pagare per aver
nominato alcune persone di peso nei primi esposti. Si trattò di un
peccato di gioventù, di persone poco esperte in cose legale quali
eravamo e poco informati sulla reale situazione della giustizia in
Italia. E si trattò di aver trovato un carabiniere bestia come P.P..
Io nella
mia indigenza, non riuscirò nemmeno ad ottenere un paio di
occhiali da vista dopo la rottura dei miei, e dovrò arrangiarmi
con una miopia di 6/10, con la quale ho
difficoltà anche ad allacciarmi i lacci delle scarpe... Con febbre a 38
e influenza lasciato a dormire fuori...
Il progetto finale sarà di farci morire,
facendo sembrare la cosa come il naturale evolversi di una vita ai
bordi della società (vita fatta da persone che vivono di malaffare e
che non vogliono integrarsi nel tessuto sociale, cioè il vestito che ci
hanno apposto addosso). Oppure rimandarci là dove siamo nati, per darci
in pasto a quell’ambiente che ha mostrato di saper giostrare forze di
polizia e magistrati a proprio piacimento.
Nel 2012 facciamo un nuovo esposto ai carabinieri .
E in Luglio 2013 depositiamo l'ennesima denuncia in Procura:
senza esito! Forse sarà sparita anche questa! Il responsabile
sembrava proprio non volerla: prima cominciò a dire che ci volevano le
marche da bollo, poi che non si capiva il reato, e infini a malincuore
ci fece un timbro sopra: ma da quando non si mette un numero di
protocollo? Nessun numero di protocollo infatti!
Il maresciallo P.P. fece il disastro, ci mise contro carabinieri e
polizia di mezza italia, e ci bloccò tutti gli interventi dei servizi
sociali e noi non riuscimmo a fare nulla per fermarlo! CI ha
rovinato la vita! Siamo sicuri che non siamo nemmeno gli unici: ancora
nel 2005 l'assistente sociale ci diceva che aveva fatto passare
per matte altre persone. Perchè? Il maresciallo non è più in provincia
di Padova, nel 2013 è andato a Vicenza, nella caserma Chinotto dove vi
è un reparto speciale. Lì se nessuno lo fermerà potra fare danni ancora
più gravi approffitando della sua posizione e della sua divisa!
Come mai a Vicenza? Questa domanda potrebbe avere una risposta
nei documentari qui inseriti in lingua inglese nella parte dell'Unico.
La narrazione della prima parte della storia del periodo compreso tra il 2004 e il 2009 è contenuta nel documento narrazione1 "screening", mentre la seconda parte dal 2009 al 2014 è contenuta nel documento "narrazione2".
Nell'indice a sinistra si trovano molti documenti, compresi originali.
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