Il giuoco delle tre carte
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Riferimenti:
Procedimento penale n.373XX/05 R.G. GIP  Procura della Repubblica di Roma.
Fascicolo nr 49XX/k aperto dal PM in base alla nostra documentazione inviata in Procura della Repubblica di Roma in data 5/5/5 con il titolo “ulteriori fatti accaduti dopo xx e fino al 1° maggio 2005”. Tale fascicolo costituiva un aggiornamento ai precedenti 6 e lo denominiamo con il codice “R7”


Gravi errori del GIP e del PM evidenziati dalle loro stesse dichiarazioni
rilasciate in tre documenti:

    -Richiesta di archiviazione avanzata dal PM
    -Decreto di Archiviazione eseguito dal GIP
    -Fax del PM del 03/04/06

Obiettivo di questo documento è di mostrare come, nell’intero procedimento effettuato presso la Procura della Repubblica di Roma, vi siano errori oggettivi e lesioni dei diritti fondamentali della persona, errori che minano le basi del procedimento stesso, rendendolo completamente sballato.
Questo documento evidenzia, ponendo a confronto “tre carte” prodotte dal PM e dal GIP, come sia tutto da rifare, e come sia addirittura impossibile un ricorso in cassazione, poiché la Procura di Roma ha dimostrato di non essere in grado di garantire i diritti fondamentali, nemmeno il diritto alla difesa, al confronto tra le parti e la semplice acquisizione di documenti, continuamente smarriti e/o sottratti. E’ evidente che in condizioni del genere qualsiasi procedimento non può svolgersi liberamente, secondo la legge. Il settimo errore, sotto riportato, mostra inoltre a nostro avviso, come il PM stesso si sia macchiato di gravi illeciti.


Premessa:
Da Novembre 2004 fino a Aprile 2005 inviamo alla Procura di Roma numero 6 lettere raccomandate contenenti vari esposti e denunce. Il 19 Aprile 2005, constatando presso la Procura di Roma che tali documenti non risultavano pervenuti, ridepositammo tempestivamente un riepilogo degli stessi, presso l’ufficio apposito primi atti di piazzale Clodio. Al ritorno da Roma scrivemmo la denuncia di smarrimento e/o sottrazione, e la presentammo direttamente presso altra Procura della Repubblica, visto che pure i carabinieri si rifiutarono di accettarla. Per prassi, senza particolare fiducia, spedimmo, in data 5/5/5, una raccomandata alla Procura di Roma, descrivendo un aggiornamento dei fatti e la questione dei documenti  sottratti e/o smarriti. Per l’occasione inviammo la raccomandata senza indicare i nostri nomi nel mittente, per vedere se cambiava qualcosa.
E qualche cosa cambiò: l’unica consolazione fu che questa settima raccomandata, inviata con altro mittente, pervenne al PM, che aprì il fascicolo 49XX/k, iscrivendo lo smarrimento/sottrazione dei documenti nel registro delle notizie di reato (art 616 c.pen.); anche i due fascicoli del 19 Aprile 2005, depositati a mano, furono perduti.
Il procedimento che scaturì dal nostro settimo esposto ebbe però un iter molto controverso.
Ora ci basiamo su tre documenti prodotti dal PM e dal GIP per dimostrare che tutto il procedimento non sta in piedi, ovvero che ci sono degli errori oggettivi evidenti, senza approfondimento, e addirittura interpretazioni errate da parte del GIP riguardo le stesse parole del PM, contenute nella richiesta di archiviazione.
Tali incomprensioni ed errori non si sarebbero verificati se il procedimento si fosse svolto regolarmente, dandoci la possibilità di intervenire nella discussione e di fornire prove, memoria difensiva e quant’altro previsto in procedimenti regolari.
E’ da notare che quanto è successo è grave, e denota un imbarbarimento del diritto e della giustizia: basti pensare che il diritto romano ha sempre goduto di questi sani principi. Si legge, addirittura sulla Bibbia, che “non è costume dei Romani consegnare un uomo prima che l’accusato sia stato messo a confronto con gli accusatori, ed abbia avuto la possibilità di difendersi dalle accuse.” (Atti degli Apostoli 25,13-17) .
Sembra proprio che siamo tornati indietro, a più di duemila anni fa! 


Analisi
Analizziamo la richiesta di archiviazione, il decreto di archiviazione e il fax del 3/4/2006. Questi tre documenti, riportati in copia in questo documento, dimostrano gravi errori intercorsi nel procedimento.

Primo errore:
il GIP  interpreta erroneamente  le parole contenute nella richiesta di archiviazione presentatagli dal PM.
Ne consegue che il Decreto di Archiviazione perde uno dei suoi presupposti per essere legittimo.


La richiesta di Archiviazione, effettuata dal PM in data 04/10/2005, ed a noi notificata tramite fax il 09/11/05, ribadisce che il nostro esposto “ulteriori fatti………” è pervenuto alla Procura, e non si è verificata nessuna sottrazione del medesimo. La frase di per sé non è scritta chiaramente, ma il PM, visto la sparizione di vari documenti, ci tiene a sottolineare che quest’ultimo a lui pervenuto non ha fatto la stessa fine degli altri, ossia è pervenuto e non si è verificato per quest’ultimo nessuna irregolarità.
Nelle righe successive il PM dichiara gli esposti precedenti a quello menzionato non sono pervenuti. E tale affermazione, per annullare qualsiasi dubbio,  è ribadita ancora nel fax del 3/4/06 ove dichiara “posto che le denunce scomparse restano non pervenute” (Click per vedere l'elenco delle denunce scomparse).

Il GIP dichiara, verso le ultime righe del decreto di archiviazione: “ritenuto, peraltro, che la notizia di reato sia manifestamente infondata, per i motivi esposti nella condivisibile richiesta del P.M., cui si rinvia.”
Il GIP ha preso “fischi” per “fiaschi” interpretando in maniera errata le parole del PM: non vi è alcuna condivisione nella richiesta di archiviazione. Il PM vuole chiudere tutto perché non ha elementi se si verta in sottrazione e/o smarrimenti, mentre il GIP manifesta di  chiudere tutto perché il reato è manifestatamente infondato!
Per togliere ogni dubbio basta leggere il fax dell 03/04/06, successivo all’archiviazione, ove si riporta "che le denuncie scomparse rimangono non pervenute"!
E’ da sottolineare che le parole del PM, ad uno primo sguardo possono risultare di difficile lettura e possono avere tratto in inganno il GIP. In ogni caso, proprio l’errata interpretazione delle informazioni contenute nella richiesta di archiviazione da parte del GIP, minano irrimediabilmente  la base e la validità del decreto stesso, e delle considerazioni relative. Con questi presupposti tutte le considerazioni successive sono inevitabilmente errate, perché basate su un errore iniziale.
E' da verificare l'autenticità del fax, ma in questo chi l'ha scritto ci ha favorito, visto che è stato scritto a mano.

Per quanto detto sopra, visto che viene meno la veridicità  "dell'infondatezza del reato" affermata dal GIP, viene anche meno la validità del decreto di archiviazione. Si tratta di un errore in origine, dovuto all'interpretazione errata delle affermazioni del PM. Il GIP stesso era comunque venuto  in possesso, tramite lo stesso fax di opposizione del 10.11.2005, di numero due avvisi di ricevimento, timbrati dalla Procura che attestavano che tali documenti erano arrivati in Procura.
Tali documenti non sono mai stati  protocollati, nè inoltrati ad un magistrato.
 Inoltre il PM era in possesso di una lista di raccomandate numerate che non erano pervenute, ed elencate nell'esposto a lui pervenuto. Bastava una semplice indagine della polizia postale per verificare che tali raccomandate esistevano ed erano state sottratte e/o smarrite. Dunque non vi è nemmeno la presunzione di una manifesta generalità del reato, tanto da non poterlo identificare precisamente. Non riusciamo a capire cosa possa aver fatto commettere al GIP un errore così eclatante, e non riusciamo nemmeno a capire quale spiegazione plausibile possa essere data per determinare un'infondatezza di reato con le prove da noi fornite.

Il GIP sostiene che “non qualsiasi indicazione di indagine suppletive rende ammissibile l’opposizione ed obbligatorio il confronto tra le parti nell’udienza a ciò destinata”.  Quest'ultima dichiarazione perde di importanza una volta mostrato l'errore del GIP, relativo all'infondatezza del reato. Infatti viene meno il presupposto dell'archiviazione e  il diniego del confronto delle parti.

Il GIP inoltre, visto le prove inviate, doveva giustificare il motivo dell'archiviazione, specificando per quale motivo riteneva infondato il reato, e non limitarsi a censurarlo genericamente. Se il reato è infondato, come sostiene il GIP, cosa è successo agli esposti/denunce e che fascicoli hanno generato?  Non hanno generato nulla.
Di conseguenza per quanto detto e per la gravità del reato manifestatosi all'interno di una Procura, nonchè Procura di riferimento, il GIP ha compiuto un illecito non permettendo alla parte lesa il confronto e  la difesa. Si rinvia inoltre per maggiori dettagli alla sentenza della cassazione sezione VI penale del 14 Marzo-28 Giugno 2001.

Secondo errore: 
data impossibile contenuta nel decreto di Archiviazione
Nelle prime righe del decreto il GIP scrive “ .. asseritamene commesso in Roma il 22.6.2005 ..”.
Non era possibile per noi dichiarare un reato commesso in data futura, visto che l’esposto era stato inviato il 5/5/5, e dunque non poteva contenere la descrizione di un reato avvenuto in data 22.6.2005. Si tratta dunque di un altro errore gravissimo. Noi non riusciamo a capire quale scambio di informazioni siano avvenute tra il PM ed il GIP: abbiamo verificato anche eventuali errori di battitura, ma non abbiamo trovato nessuna data che possa essere simile. E’ ammissibile che anche in questo caso il GIP abbia preso “fischi” per “fiaschi”. L'unica spiegazione plausibile è che si sia indagato proprio sull’unico esposto pervenuto, certamente presente in data 22/06/05: l’indagine sarebbe molto banale ed inutile, poiché lo stesso PM  dichiara di esserne in possesso. Ovvero sembra che si riferiscano all'unico esposto arrivato e che ha determinato l'apertura del fascicolo e l'iscrizione del reato 616 nel registro delle notizie di reato. E naturalmente questo esposto non è stato sottratto e fin qui siamo d'accordo tutti. Ridendo e scherzando, diciamo che il giorno 3 di Gennaio 2006, data dell'archiviazione, non si era ancora passata la nottata del primo dell'anno, e magari prima ci si doveva riprendere dalla baldoria : ci chiediamo pure chi vi fosse in quei giorni in Procura. Per altre questioni non riuscivamo a trovare un avvocato disponibile prima del 10 di Gennaio, erano tutti in ferie!

Terzo errore:
grave anomalia nel procedimento con lesione del diritto fondamentale della difesa
La lesione del diritto alla difesa si è presentata perchè non è stato possibile far pervenire in Procura documenti, prove, elementi per le indagini, memoria difensiva nelle maniere consentite dalla legge. La lesione del diritto della difesa si è manifestato anche per quanto detto nel "quarto errore".
Il GIP scrive:  “non qualsiasi indicazione di indagine suppletive rende ammissibile l’opposizione ed obbligatorio il confronto tra le parti nell’udienza a ciò destinata, ma soltanto l’indicazione di indagini idonee a porre in discussione i presupposti della richiesta del P.M. e a determinarne eventualmente il rigetto”.  Fornire indicazioni e prove utili per le indagini per noi era un’impresa quasi impossibile: degli stessi fax, inviati al numero diretto del PM, è registrato solo il primo, mentre tutti i precedenti esposti, inviati per raccomandata o depositati a mano sono stati sistematicamente sottratti e/o smarriti. Questo si evince dalle stesse parole del PM scritte nel fax del 3/4/06.
Non solo le 6 raccomandate e i 2 documenti depositati manualmente erano andati sottratti, ma il fatto si ripeté anche per la raccomandata inviata il 21 Novembre 2005, che conteneva molti elementi utili e prove. Dunque siamo stati impossibilitati a fornire al PM quanto avevamo a disposizione. Dunque la decisione del PM e del GIP è stata fatta senza avere a disposizione il nostro materiale, rifiutandosi con il loro comportamento, di voler analizzare altri elementi. Non è una questione di decidere se l’elemento è idoneo per l’indagine, poiché nemmeno sono entrati in possesso di questi elementi. Il PM inoltre era stato informato, tramite fax e lettera, del nostro stato di povertà che ci rendeva impossibile un viaggio a Roma. 

Pensare che il diritto romano si studia ancora oggi, ed ogni cittadino ha diritto a difendersi: cosa è successo ad una regola fondamentale come questa? 
Secondo i nostri studi anche questa decisione del GIP è illeggittima considerando quanto stabilito dalla sentenza della cassazione sezione VI penale del 14 Marzo-28 Giugno 2001. Dunque reputiamo non valide le ragioni indicate dal GIP, anzi le consideriamo illeggittime! Consideriamo inoltre fuorviante e non aderente alla nostra realtà la sentenza di riferimento 19618 indicata dal GIP per giustificare il rigetto dell'opposizione. Ci sembra invece più consona quella menzionata sopra del 2001. 
Si rammenta inoltre che l'archiviazione, senza il confronto delle parti e senza contradditorio, è invocata per limitare le indagini inutili e non deve essere utilizzata come strumento arbitrario, perchè va a ledere uno dei diritti fondamentali della giustizia. Non è nemmeno ammissibile un comportamento del genere seppur credendo nella infondatezza del reato. Occorre ricordare che il diritto è stato fatto per l'uomo e non viceversa!
Che  giustizia vi può essere se i casi sono chiusi senza aver istruito un processo e senza aver sentito le parti? E' una giustizia da paese non democratico!
Tale decisione è aggravata dal fatto che il reato 616, verificatosi all'interno della Procura, è un reato gravissimo. Il GIP avrebbe dovuto valutare, a maggior ragione, che in presenza di un reato del genere, potevano essere  inquinate le stessa procedure e prove, dunque dovrebbe essersi preoccupato di sentire i diretti interessati! Non ci si basa su quello che si sente in giro, senza verificare i fatti. E' un principio pure scientifico. Non siamo al bar!

Inoltre la constatazione    “non qualsiasi indicazione di indagine suppletive rende ammissibile l’opposizione ed obbligatorio il confronto tra le parti nell’udienza a ciò destinata, ma soltanto l’indicazione di indagini idonee a porre in discussione i presupposti della richiesta del P.M. e a determinarne eventualmente il rigetto” non può essere determinante in casi come il nostro dove invocavamo delle indagini per reati di mafia. Dobbiamo forse noi sostituirci al lavoro del PM, e fare le indagini al posto loro? Sembra proprio di si, perchè fornire prove consone significa pure doversi arrangiare a fare le indagini, e prevedere che queste siano accettate come tangibili. Per quale motivo le prove da noi fornite, presenti nel fax di opposizione del 10/11/2005, non sono state considerate idonee almeno per contattarci, e si è continuato sulla strada dell'infondatezza del reato?


Quarto errore:
lesione del diritto al confronto tra le parti
Il GIP, rifacendosi alla sentenza della cassazione, ha inoltre spiegato che non era necessaria la nostra presenza e il confronto tra le parti. In questa maniera ci ha chiuso l’unica porta rimasta, attraverso la quale potevamo presentare la nostra difesa e tutti i documenti che erano stati sottratti, ovvero presentare il tutto durante il confronto.
La decisione del GIP è ovviamente la conseguenza dell’aver preso “fischi” per “fiaschi” come descritto nel primo punto. Infatti ritenendo che il reato è infondato, non vi è nemmeno bisogno di un confronto! Ci avrà considerati matti! Ma non si possono accettare le decisioni del GIP, perché il GIP ha dimostrato di  non essere in grado nemmeno di leggere e capire la stessa richiesta di archiviazione che gli proveniva dal PM.
La decisione del GIP, come descritto nei punti precedente, è da noi considerata illeggittima a fronte della sentenza della cassazione sezione VI penale del 14 Marzo-28 Giugno 2001 (vedere le parti sottolineate).

Quinto errore:
non si è provveduto a vigilare sull’invio degli esposti e/o denunce
Il PM afferma che i precedenti esposti e/o denunce non sono pervenuti.  Questa affermazione è contenuta nella richiesta di archiviazione e ribadita nel fax del 3/4/06.
E’ da considerare che in data 21/11/05 abbiamo inviato una lettera raccomandata, contenente ulteriori elementi e in allegato tutti i documenti precedenti che non risultavano pervenuti. Tale lettera è stata anticipata da un Fax al numero diretto del PM, che informava dell’invio di tale lettera raccomandata, e chiedeva una particolare vigilanza sul suo arrivo.
Anche tale raccomandata sembra essere stata smarrita, e lo si evince dalle stesse parole del PM. E’ da notare inoltre come i carabinieri , dove eravamo letteralmente bloccati in condizioni di fame, non abbiano mai voluto aiutarci, nè a far pervenire i documenti che risultavano smarriti, nè per metterci nelle condizioni di far pervenire un’opposizione valida. In realtà i carabinieri si erano limitati a dire che non erano cose di loro competenza. Il fatto che i carabinieri ci avevano lasciati a noi stessi è evidenziato in un documento apposito contenuto nel fascicolo “Beatrix 2006”. Tale comportamento ci aveva indotto a dover chiedere aiuto alla Polizia, cosa che si è concretizzata con la denuncia-querela presentata in Questura, sempre contenuta del fascicolo menzionato.

Sesto errore:
si è fatto un procedimento su un fascicolo incompleto
Il PM afferma che i precedenti esposti e/o denunce non sono pervenuti (vedi richiesta di archiviazione e fax del 3/4/06). Lo stesso titolo dell’unico esposto pervenuto, “ulteriori fatti accaduti dopo xx Marzo e fino 1 Maggio”, evidenzia che si tratta di un documento di aggiornamento. Come ha fatto il PM a fare un’indagine seria senza analizzare i documenti precedenti? Mancano infatti tutti i fatti sui quali il documento pervenuto si basa. Rimandiamo alla lettura del documento stesso perché ci si renda conto come la questione dei documenti spariti sia solamente una premessa al contenuto dell’esposto. Ripetiamo che la denuncia di sottrazione e/o smarrimento era stata da noi presentata presso la Procura di Milano, continuando comunque a spedire ulteriore documentazione a Roma. La vicenda principale del documento e dei fatti di Marzo risultano completamente ignorati!  Il PM non si è preoccupato di recepire la documentazione precedente ed ha ignorato anche le nostre richieste ove chiedevamo come fare a fargli pervenire i documenti senza che questi vengano ulteriormente sottratti e/o smarriti! La richiesta di archiviazione e la relativa archiviazione denotano come il PM ed il GIP non abbiano voluto saperne di questi documenti, perchè il reato continuò a manifestarsi, e con la chiusura del procedimento senza contradditorio ci hanno impedito di consegnarli a mano o di esporre prove e memoria difensiva!

Settimo errore:
IL PM dichiara il falso e occulta documentazione!
Non ottenendo alcuna risposta delle Procure della Repubblica ordinarie, non sapendo più che cosa fare, chiedemmo aiuto alla Procura Militare di Roma, in via delle milizie, inviando un esposto in giugno 2005, ed allegando tutti i documenti che erano stati smarriti in Procura Ordinaria. La procura militare inviò il fascicolo, in data 4/7/2005,  a quella ordinaria di piazzale Clodio, non ravvisandovi reati di tipo militare.  Recatici subito in Procura ordinaria a Roma il 22 Marzo 2006, per capire l'iter della pratica "militare" il dipendente ci diede il numero 44XXX/O5B di riferimento indicandoci pure che era stata chiusa in data 3 Gennaio 2006.
Sempre il 22 di Marzo, ci recammo allora presso gli uffici del PM che aveva aperto il fascicolo del 5/5/5. Il PM non c'era perchè in ferie! Un impiegato ci disse che il fascicolo 49XX/k del 5/5/5 era stato passato al GIP. Mentre eravamo alla porta ci richiamò indietro per dirci che Il fascicolo era molto corposo, poiché in esso era confluito altro materiale da un altro PM. Noi stessi vedemmo il nome del PM dal terminale e alcuni altri dati.
Andammo così dal GIP e riuscimmo ad ottenere il decreto di archiviazione del primo fascicolo scoprendo che era stato chiuso anche questo il 3 gennaio 2006, ovvero la stessa data di chiusura di quello "militare". Subito non ci facemmo caso perchè eravamo così sopresi di quella chiusura senza notifica.

Nei giorni successivi ci siamo resi conto  che in pratica i nostri esposti smarriti dalla Procura ordinaria erano comunque arrivati al PM , da altro PM, il quale gli aveva ricevuti a sua volta dalla Procura militare. Però eravamo sconcertati perchè non si capiva, a fronte di tutto questo, il motivo per il quale il PM insisteva sul fatto che le denunce continuavano a risultare non pervenute. Ad un certo punto cominciammo a dubitare delle parole stesse del PM: il fascicolo in suo possesso conteneva anche tutto quello che era stato sottratto precedentemente, sostituito dal materiale arrivato dalla Procura Militare. La nostra tesi era confermata da quanto avevamo visto, ovvero:
-i due fascicoli erano stati chiusi lo stesso giorno;
-il terminale a video indicava la confluenza di un altro fascicolo.
-non avevamo avuto nessuna richiesta di archiviazione per il fascicolo militare, tanto da far pensare che la richiesta per il primo è servita anche per il secondo.

Confermando queste ipotesi,  arrivavamo  però a concludere che il PM è a conoscenza dei contenuti di quanto era stato sottratto e/o smarrito, e ancora peggio ha di sostanza dichiarato il falso nella richiesta di archiviazione e pure nel fax del 3.4.2006.

Solamente in settembre 2006 ci siamo resi conto di un particolare fondamentale che ci era sfuggito.
Il 22 Marzo 2006,appena recatoci in Procura Ordinaria per chiedere informazioni sull'iter della pratica "militare",  l'impiegato ci diede come riferimento il numero 44XXX/O5B.  In realtà tale numero corrisponde al codice di iscrizione del reato 616 nel registro delle notizie di reato, indicato nella richiesta di archiviazione prodotta dal PM, pervenutaci con il fax del 9.11.2005. Per essere più precisi il fascicolo militare ci era stato indicato con il numero "44XXX/O5B", mentre nell'archiviazione il numero che compare in alto a sinistra era scritto nella forma "05/44XXX". Dunque tra i due numeri vi è solamente una differenza, una "B" che sta ad indicare un "bis" o cosa del genere.

Allora è risultato evidente che il PM non solo ha dichiarato il falso, ma ha pure occultato il fascicolo militare dentro quello preesistente, in modo che non si venisse a scoprire la verità. Così il PM, in un colpo solo è riuscito a chiudere tutti i due i fascicoli. 
In maniera indiretta egli stesso diventa l'autore del reato di sottrazione, ed è dunque logico che l'intero procedimento è fuorilegge, inconsistente e fuorviato da indagini inconsistenti e gravate da illeciti commessi dal magistrato stesso. E' chiaro dunque anche il motivo per cui il PM non voleva procedere e archiviare il caso il prima possibile, adducendo che non vi erano elementi per stabilire se si trattava di smarrimento e/o sottrazione e chi poteva essere eventualmente l'autore, visto che uno degli  autori era proprio lui. Il PM si è spinto a tanto perchè era convinto che la cosa non sarebbe mai emersa, convinto pure che noi saremmo morti e insieme con noi le schifezze da lui fatte. Sui motivi che possono aver portato il PM a comportarsi in maniera così poco dignitosa possiamo ipotizzare che sia inserito nella rete di amiconi che citavamo sulla pagina principale.

Ottavo errore:

considerare, da parte del PM, l’ipotesi di smarrimento piuttosto che di sottrazione.
Il PM dice che non vi sono elementi per stabilire se si verta di smarrimento o sottrazione. Noi diciamo che, scientificamente, in base alle leggi statistiche, non possiamo trovarci assolutamente davanti al reato di smarrimento: ci troviamo evidentemente davanti al reato di sottrazione.  Non si tratta di un’opinione ma di un dato scientifico, dunque reputiamo che su questo punto il PM stia compiendo un grosso errore tecnico. Secondo infatti le stesse parole del PM ci troviamo di fronte allo smarrimento di 9 documenti su 10, un dato troppo alto per essere di origine casuale! Non servono prove per dimostrarlo, lo dimostra la statistica stessa con le sue leggi scientifiche! Se non accettiamo nemmeno le leggi scientifiche siamo nel kaos completo.
E' chiaro comunque, per quanto detto nel "settimo errore" non vi era nessuna intenzione da parte del PM di fare indagini serie.

Nono errore:
considerare, da parte del PM, valida la richiesta d’archiviazione via fax e non valida la nostra opposizione via fax.
Il PM deve aver ritenuto idoneo comunicarci la richiesta d’archiviazione via fax, poiché la via normale, tramite raccomandata o altro presso il domicilio, non poteva dare alcun risultato. Infatti non ci trovavamo più in Veneto, per salvarci la pelle. Di conseguenza, se la richiesta d’archiviazione tramite fax ha valore legale, abbiamo ritenuto valida legalmente anche la nostra opposizione tramite fax. Il comportamento del PM ha legittimato anche il nostro fax, anche ad avviso della stessa Polizia, da noi interpellata.
Tuttavia il GIP ed il PM hanno rigettato la nostra opposizione, perché non avvenuta nei modi standard di legge, senza considerare che la loro richiesta d’archiviazione ha subito lo stesso iter.
Non ci è stata comunicata la non validità dell’opposizione, impedendoci di trovare altre soluzioni, esempio l’uso della firma digitale per autenticare i documenti inviati via Internet, come per molte pratiche.  Non ci è stato comunicato nemmeno che si erano riuniti in Camera di Consiglio il 3 gennaio ’06 (almeno così ci disse il cancelliere del GIP, a noi non è chiaro se vi sia stata una camera di consiglio), chiudendo tutto, neanche tramite fax.
Insomma, la validità del loro fax serviva al GIP ed al PM solo per dare l’avvio alla chiusura di ogni fascicolo nostro.
Ribadiamo che al momento della ricezione della notifiche della richiesta di archiviazione ci trovavamo in condizioni di indigenza. Vivevamo in tenda in riva al lago, patendo la fame e il freddo. Per il fatto che non eravamo residenti il comune ove calpestavamo il suolo non si interessò al nostro caso. Solo grazie alla carità di una famiglia che ci aveva lasciato un posto per la tenda e l'utilizzo dei bagni con l'acqua calda siamo sopravvissuti. I carabinieri di quel luogo pur essendo stati avvertiti della situazione non hanno mosso un dito per aiutarci. Ci hanno risposto che non era loro competenza. Alla ricezione del fax, in data 9.11.05 abbiamo tentato di fare il possibile per capire e fare opposizione. Abbiamo dovuto contare solamente sui nostri mezzi, perchè anche il difensore civico interpellato il giorno seguente si rifiutò di aiutarci, ci trattò malamente, sempre per il fatto che non eravamo residenti. L'unica cosa che riuscimmo a fare fu scrivere un fax di risposta. Dopo alcuni giorni, grazie alla carità di un sacerdote di un altro paese, che non ci conosceva,  riuscimmo pure a inviare una lettera raccomandata. Il nostro comune di residenza pur invocato più volte non volle mai aiutarci. Solamente molto più tardi, in febbraio 2006 ci furono le condizioni per andare dalla Polizia e dovemmo farlo di nascosto, ma dopo pochi giorni fummo sbattuti in strada. La situazione vissuta fu molto grave, ad esempio una persona della San Vincenzo aveva sentito delle chiacchiere che eravamo delinquenti ed era stata spinta a non aiutarci (avevamo avuto del formaggio, del latte, della pasta). Ce lo disse ma poi ci aiutò lo stesso.
Dopo l'invio di alcuni fax di risposta a quello del PM del 9.11.05 non ottenemmo nessuna risposta. Non sapevamo dunque se erano pervenuti e la domanda era plausibile visto tutte le sparizioni dei documenti precedenti. Così chiedemmo aiuto per email anche al difensore civico del comune di Roma e pure al sindaco Walter Veltroni che ci rispose attraverso la sua segreteria chiedendoci ulteriori informazioni. Da alcune pagine internet ci pareva che Veltroni conoscesse il PM e allora speravamo eventualmente in un interessamento del sindaco per far da ponte per comunicazioni che normalmente venivano sottratte. Avevamo chiesto anche un aiuto pratico al sindaco di Roma, ci saremmo trasferiti subito se ci dava una mano, infatti a noi stava a cuore seguire il procedimento aperto perchè era l'unica strada per pulirci da tutto il fango che ci era stato tirato addosso. Ma dopo aver specificato in dettaglio la situazione il sindaco di Roma non ci rispose più. Continuammo a vivere in tenda fino al 23 di Dicembre 2005, in condizioni misere senza la possibilità di difenderci e senza la possibilità di fare un'opposizione valida, senza la possibilità di recarci a Roma in Procura.


Riepilogo
Tutto quello che è accaduto sembra allinearsi con l’idea che assolutamente i nostri documenti non dovevano pervenire in Procura. Infatti di norma  i documenti sono stati sottratti e/o smarriti. Se per sbaglio uno di questi fosse pervenuto, tra l’altro inviato tramite interposta persona, se ne doveva chiudere il procedimento di fretta senza darci la possibilità di un confronto, e senza preoccuparsi di venirne in possesso delle denunce perse. Il reato inoltre ha continuato a manifestarsi anche nei nostri tentativi successivi di fornire tali esposti e/o denunce, dunque a Roma continuano ad accadere questi reati seppur il GIP li ritenga infondati. Il PM stesso si è reso complice di dichiarazioni false.
Nel tempo in cui potevamo comunque andare a Roma personalmente e chiedere un confronto siamo stati in qualche maniera “bloccati” in Lombardia. Giunti ormai in condizioni di povertà per tutti i fatti accaduti , nessuno ci aiutava: abbiamo vissuto per mesi in una piccola tenda igloo patendo la fame e il freddo. Nemmeno i carabinieri locali, pur da noi informati,  avevano voluto aiutarci, mentre nel paese si era sparsa la voce che eravamo delinquenti, così  avevamo difficoltà a chiedere qualsiasi  aiuto. In quei mesi avevamo tentato di uscire dalla situazione in tutte le maniere, cercando di interessare assistenti sociali, sindaci, associazioni. Nessuno voleva aiutarci e alcuni avevano ricevuto delle pressioni esterne per non farlo.
Quello che è successo in quei mesi è ampiamente descritto nei documenti contenuti nel riepilogo “Beatrix 2006”. Anche questo comportamento è in linea con tutti gli altri, ovvero di metterci fuori uso.
Nel frattempo invece si erano prodigati a farci piovere addosso varie accuse, molte delle quali erano conseguenza indiretta della sottrazione dei documenti a Roma e del mancato intervento dell’autorità.
In questa maniera non solo abbiamo perso l’azienda, il lavoro, l’auto, la casa ma siamo stati anche ingiustamente condannati e fatti passare per ladri e delinquenti. Siamo stati diffamati anche nei luoghi dove ci eravamo trasferiti, tutto nell’ottica di impedirci di ritornare a trovare un lavoro e fare una vita normale.
Con la chiusura del procedimento da parte del GIP, non solo non si è istruito un regolare processo, ma non si è nemmeno voluto conoscere la verità, visto che non siamo stati nemmeno posti in grado di fornire documenti e prove, e non si è voluto nemmeno un confronto ed un dialogo con la parte lesa.
E' evidente, per le false dichiarazioni del PM  che sembra avere più senso una denuncia del PM presso una procura esterna.
Per tutti i fatti accaduteci e per quanto accaduto in Procura chiediamo che sia aperto un procedimento dove si analizzano congiuntamente tutti i reati e dove si faccia l'ipotesi, per gli indagati  di associazione a delinquere di stampo mafioso.





Le tre carte
documento 1- Richiesta di Archiviazione avanzata dal PM
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Le tre carte

documento 2- Decreto di Archiviazione
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Le tre carte

documento 3- Fax del 3.4.06 del PM di risposta a una nostra richiesta di  delucidazioni
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