La tomba monumentale dedicata a Primo Riccitelli
progetto dell'arch. Giovanni Vaccarini
1° classificato nel concorso indetto dall'amministrazione comunale di Giulianova
Abstract
Il cimitero è uno dei luoghi della memoria collettiva in cui sono custoditi i segni dello scorrere degli eventi, passeggiare in questi luoghi riporta tutte le nostre fatiche ad una dimensione sempre misera a confronto con lo scorrere del tempo.
La progettazione di elementi funerari è uno dei temi architettonici più interessanti; architetture a tutto tondo che si confrontano con le istanze primarie della vita e della morte, la memoria, il ricordo, il silenzio.
La storia dell’architettura ci consegna modelli magnifici : il pensiero corre alle piramidi egizie, al mausoleo di Augusto, o alla lucida dissertazione di Adolf Loos in cui annoverava il “tumulo” funerario tra i pochi esempi di pura architettura in cui la funzione cede il passo alla pura rappresentazione nel suo messaggio iconografico.
Il concorso bandito dall’Amministrazione comunale di Giulianova segna un passaggio simbolico importante:
recuperare la memoria della propria storia (conoscenza da trasmettere anche attraverso le opere, oltre che attraverso la storiografia) ;
recuperare il messaggio culturale che i due insigni personaggi ci comunicano.
Il progetto tenta di coniugare queste due istanze, dando risposta sia all’istanza monumentale/commemorativa che a quello culturale/conoscitiva.
Il silenzio :
il silenzio è il modo con cui accostarsi alla morte. Il silenzio si impone, oltre che come forma di suppremo rispetto, come chiave di lettura dello spazio del campo santo; silenzio dell’ascolto (dote dimenticata nell’epoca dell’immagine) delle vite che ci raccontano delle nostre radici dimenticate.
Il progetto si pone con un atteggiamento di rispettoso silenzio azzerando il livello di complessità fino al grado essenziale della forma(il tumulo, la piramide). I due sarcofaghi sono pensati come due organismi semplici, prismatici, leggermente “deformati” a formare delle superfici rigate.
I cristalli:
Le figure di Primo Riccitelli e di Vincenzo Cermignani rappresentano due figure di primo piano nel panorama non soltanto locale, ma nazionale ed europeo; sono due figli di una terra per molti versi aspra, due straordinari (nel senso del fuori dell’ordinario) esempi:
due cristalli.
Cristalli nati quasi per caso tra le rocce.
L’idea è quella di pensare i due sarcofaghi come due cristalli nati (quasi per caso) in una terra aspra.
La forma del cristallo si combina con quella del sarcofago disegnando due geometrie primarie che sembrano letteralmente spuntare dalla terra;
dai cristalli mutuano le forme elementari ed allo stesso tempo complesse, forme che si conformano come gemme animate.
La metafora del cristallo informa anche la scelta del vetro come materiale principale dell’attacco a terra dei due sarcofaghi.
La morte:
I due silenziosi cristalli sono pensati costituiti da due materiali :
una parte basamentale in vetro stampato ; sul vetro sono incise le note del “capitan Fracassa”l’opera incompiuta di Primo Riccitelli e “le golette” di Vincenzo Cermignani.
Il basamento in vetro diventa anche l’elemento di ridisegno dell’attacco a terra su cui sono posizionate due fiaccole commemorative .
La metafora dell’attacco a terra in vetro, su cui i due sarcofaghi sono come sospesi, è quella della vita (su cui incombe la morte – i sarcofaghi) che sembra leggera e soave paragonata alla pesantezza della morte (in pesante pietra).
i sarcofaghi sono dei parallelepipedi in travertino rosso persia ; sulle loro sagome sono impresse delle deformazioni plastiche : dei cristalli.
La matericità dei sarcofaghi rappresenta la metafora della pesantezza della morte che come un “tappo” schiaccia la vita.
Le sue superfici sono lisce, essenziali con incisi soltanto i nomi di Primo Riccitelli e di Vincenzo Cermignani; al basamento è affidato il racconto delle imprese dei due nostri :
le stampe sul vetro di rivestimento (lo spartito del “Capitan Fracassa” di Riccitelli o “il veliero” di Cermignani) rappresentano immagini dalla forte carica iconografica.
Vincenzo Cermignani, personaggio dalla intensa vita sociale e politica, ateo dichiarato, ha lasciato precise disposizioni testamentarie : …. “…essendo io ateo, desidero che il mio funerale abbi un carattere schiettamente civile. Non desidero né fiori, né corone, …………… nessuna setta religiosa dovrà essere autorizzata ad appormi il marchio del suo passaporto …………… nessuna allocuzione funebre deve essere pronunciata sulle mie spoglie …………… desidero indossare la mia camicia rossa di garibaldino con la decorazione ottenuta nella Campagna di Francia, combattendo contro le orde nazifasciste …………… desidero essere accompagnato dall’esecuzione della nona di Beethoven …………… sul mio “sarcofago” dovrà essere chiaramente scritto “né Dio, né Padroni” disponendovi la mia testa di marmo bianco, come pure la testa di bronzo del mio caro e fedele cane Willy”.
…………
Il progetto fa proprie le volontà di Vincenzo Cermignani, sul suo sarcofago non sono riportati simboli di nessun tipo, sul lato ovest è incisa sulla pietra “né Dio, né Padroni”, sullo stesso lato si prevedono gli ancoraggi delle due sculture in marmo bianco ed in bronzo.
La luce è uno dei materiali (immateriali) del progetto:
tutto l’attacco a terra è segnato dalla presenza del vetro (la leggerezza della vita) in contrasto con la matericità dei sarcofaghi in travertino rosso persia (la pesantezza della morte); il vetro avvolto dalla luce diurna si carica di luminosità che creano un effetto di sospensione dei due pesanti sarcofaghi (la morte che fluttua sulla vita leggera).
Di notte lo stesso effetto è cercato, silenziosamente (con la moderazione ed il rispetto dovuto al luogo della memoria) con una tenue luce al led posizionata ai bordi delle lastre che produce una tenue luce radente.
il vetro stampato per l’attacco a terra
il travertino rosso persia per i sarcofaghi
l’acciaio inox per tutti gli ancoraggi, scossaline, finiture di bordo.
> LE FOTO DELLA POSA PRIMA PIETRA (8 AGOSTO 2007)
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