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LE ORIGINI DELLA GUERRA FREDDA

Un problema storico ancora aperto

che ha pesato sul nostro recente passato

 

di Luciano Atticciati

 

            Nel corso della lunga guerra alla Germania diversi attriti erano sorti fra Gran Bretagna e Unione Sovietica. I sovietici lamentavano che gli Alleati occidentali tardavano ad aprire il “secondo fronte”, quello che da ovest avrebbe dovuto liberare l’Europa occidentale soggetta al controllo nazista, e che tale ritardo fosse dovuto alla volontà degli anglo-americani di provocare il logoramento della Russia impegnata nella terribile guerra contro l’invasore tedesco. Contemporaneamente contatti informali fra tedeschi e rappresentanti dei diversi governi impegnati nella guerra, spingevano al sospetto reciproco di una pace separata. A questi motivi di contrasto se ne aggiunsero altri riguardanti l’Europa orientale. La scoperta delle fosse di Katyn, dove vennero ritrovati i corpi di oltre 10.000 ufficiali polacchi, verosimilmente uccisi dai sovietici, portò alla rottura delle relazioni fra il governo polacco in esilio a Londra e quello di Mosca. Nello stesso periodo si ebbe in Jugoslavia il duro contrasto fra i gruppi partigiani titoini e quelli serbo-monarchici, mentre in Grecia successivamente alla liberazione, i gruppi comunisti attaccarono il governo di unità nazionale presieduto dal socialdemocratico George Papandreu.

            Per far fronte ai molti problemi legati al conflitto nel novembre del ’43 venne tenuto un incontro al massimo livello fra inglesi, americani e russi. Gli alleati occidentali diedero le massime assicurazioni a quest’ultimi. In particolare concessero il riconoscimento dei territori (Lituania, Lettonia, Estonia, Polonia orientale, Romania orientale e zone di confine della Finlandia) che l’Unione Sovietica aveva occupato successivamente al Patto Molotov-Ribbentrop. Ulteriori concessioni vennero poi fatte alla Conferenza di Yalta nel febbraio del ‘45, dove i sovietici richiesero territori appartenenti al Giappone e il ripristino di alcune concessioni risalenti al tempo dello zar su ferrovie e basi militari della Cina. Nella stessa sede venne accordato il riconoscimento del governo Tito in Jugoslavia, e quello di Lublino istituito dai russi in Polonia, oltre alla revisione del trattato concernente i Dardanelli in senso più favorevole all’Unione Sovietica

            Nelle settimane successive alla conclusione degli storici accordi, che vennero salutati come la base per un futuro di pace, e avevano suscitato grande entusiasmo in tutto il mondo, i russi intervennero pesantemente presso i governi di Polonia, Romania e Bulgaria da poco liberate. Nel mese di maggio la Jugoslavia, dove ancora non si era avuta la rottura fra Tito e Stalin, occupò la città di Trieste e avanzò richieste sulla Carinzia austriaca, mentre i territori già appartenenti alla Germania a est dell’Oder-Neisse vennero assegnati alla Polonia, nonostante non si fosse formulato un preciso accordo sulla questione.

            Nella seconda metà del ’45 l’Unione Sovietica manifestò un notevole interesse per il fianco sud e l’accesso al Mediterraneo. In Iran le truppe sovietiche appoggiarono la costituzione dello stato indipendente dell’Azerbaigian, e ritardarono il loro sgombero dal territorio. In Turchia il governo di Mosca denunciava il trattato di non-aggressione, presentava delle richieste sulla parte di Armenia sottoposta alla sovranità di quello stato, e richiedeva la creazione di una base militare per il controllo dei Dardanelli. In Grecia infine, la pressione sovietica si faceva sentire in maniera indiretta: Jugoslavia, Albania e Bulgaria fornivano il loro sostegno ai guerriglieri comunisti arroccati sulle montagne del nord. La Grecia infatti era nuovamente sconvolta da una tragica guerra civile. Le divisioni all’interno del mondo comunista, e successivamente lo scontro fra Stalin e Tito, provocarono tuttavia nell’ottobre del ‘49 il definitivo collasso delle forze comuniste locali.

            Nell’anno successivo venne dibattuta la questione dello sfruttamento dell’energia nucleare e l’uso delle armi atomiche. Gli americani presentarono il Piano Baruch che prevedeva l’eliminazione delle micidiali armi, al momento monopolio del governo statunitense, e una serie di controlli reciproci per impedire la produzione di armi analoghe in altri paesi. Il progetto venne respinto dall’Unione Sovietica, la quale riteneva che i controlli dovessero essere decisi esclusivamente dal Consiglio di Sicurezza dove le grandi potenze disponevano di un diritto di veto. Nel campo delle forze militari convenzionali si assisteva intanto ad un inquietante squilibrio. Subito dopo la fine delle ostilità gli americani avevano smobilitato l’esercito (ridotto ad una quindicina di divisioni) e rapidamente riconverita l’industria bellica, mentre l’Unione Sovietica, con grave allarme dei governi europei, manteneva in piedi un’esercito di circa duecento divisioni.

            Sempre nello stesso anno si ebbe la ripresa degli scontri fra nazionalisti del Kuomintang e maoisti in Cina, e lo scoppio della guerra in Vietnam. Il conflitto sorto come guerra anticoloniale contro i dominatori francesi, progressivamente venne influenzato dalle vicende della guerra fredda, mentre anche gli altri paesi del sud-est asiatico venivano investiti da insurrezioni dirette da gruppi comunisti.

            In Ungheria e Cecoslovacchia la democrazia sembrava reggere. In entrambi i paesi si tennero libere elezioni dove i partiti moderati riportarono un discreto successo. Nel febbraio del ’47 in Ungheria il segretario del partito di maggioranza venne accusato di complotto, e arrestato dalla polizia militare sovietica, nell’anno successivo in Cecoslovacchia si ebbe un analogo sviluppo, venne dato l'annuncio di un complotto appoggiato da potenze straniere in cui venne coinvolto direttamente il partito del presidente della repubblica Benes, e ciò dette lo spunto per un’ondata di arresti contro i partiti non comunisti. La fine delle due democrazie, e l’irrigidimento della dittatura negli altri paesi, dove gli stessi esponenti comunisti che avevano preso parte alla resistenza vennero processati e sostituiti da uomini maggiormente legati a Mosca, portò alla formazione dei due blocchi.

            L’inverno ’46-’47 fu terribile in Europa, nonostante fosse già intrapresa l’opera di ricostruzione, la situazione alimentare si presentava più grave che negli anni della guerra, le manifestazioni di protesta scuotevano il continente, mentre in Francia e in Italia i partiti comunisti estromessi dal governo, assumevano un atteggiamento di totale ostilità nei confronti dello stato. Di fronte a tale situazione il segretario di stato americano George Marshall lanciò un grande piano di aiuti, al quale diedero l’adesione anche Cecoslovacchia e Polonia. Ma l’Unione Sovietica vide in tale iniziativa un tentativo di interferenza, richiese ai paesi satelliti di astenersi, e condannò con durezza la politica americana. Il piano di aiuti ebbe effetti notevoli sulla ripresa delle economie europee, contribuì alla stabilizzazione politica e favorì l’istituzione di organismi di cooperazione.

            Nelle prime conferenze dei ministri degli esteri per la preparazione dei trattati di pace, la Francia avanzò pesanti richieste nei confronti della Germania, che in meno di un secolo aveva per tre volte invaso il territorio francese. Successivamente trovandosi isolata, dovette notevolmente ridurre le sue pretese, ma l’Unione Sovietica impose dei nuovi ostacoli ai lavori. Il governo di Mosca richiese il pagamento di riparazioni in una misura tale da provocare il dissanguamento della Germania, impose il confine tedesco polacco sull’Oder-Neisse, e con un atteggiamento piuttosto inconsueto si oppose alla creazione di una struttura federale (che doveva garantire dalla formazione di un governo autoritario) all’interno dello stato tedesco. Le intese fra britannici, americani e francesi sul futuro assetto del paese, e la creazione di un nuovo marco portarono i sovietici a bloccare i rifornimenti militari occidentali a Berlino e successivamente a estendere il blocco alla popolazione civile.

            La pesante iniziativa costituiva una pesante misura militare, e provocava un significativo salto di qualità nel contrasto Est-Ovest. Vennero prese in considerazione azioni militari per forzare il blocco, ma alla fine venne decisa un’iniziativa di grande portata, forse non prevista dai sovietici, il ponte aereo. Attraverso la concentrazione di aerei da tutto il mondo venne superato il blocco, e rifornita la città per tutta la durata della crisi. La pesante iniziativa sovietica non rimase senza replica, i paesi europei diedero vita per iniziativa dei laburisti inglesi, all’Alleanza Atlantica.

            Successivamente a tale evento il vecchio continente e la regione del Mediterraneo conobbero un perodo di tranquillità, ma una crisi gravissima si aprì nell’Estremo Oriente. Alla conferenza di Yalta era stato deciso di fare della Corea un paese indipendente (in precedenza era una colonia giapponese) temporaneamente presidiato da americani e russi. Le trattative per la formazione del nuovo stato non ebbero buon esito, e il paese si avviò verso la nascita di due stati separati. Nel giugno del 1950 il governo della Corea del Nord attaccò con successo la Corea del Sud. Gli americani nonostante le scarse forze di cui disponevano nella regione, riuscirono a lanciare un efficace contrattacco. Quando la situazione sembrava tornata alla normalità, la Cina inviò reparti di “volontari” nella regione e costrinse il contingente americano ad una parziale ritirata. La guerra sembrava avere un’escalation dalle conseguenze gravissime, anche a causa delle affermazioni del generale Mac Arthur a proposito di una guerra su vasta scala alla Cina. Tuttavia la guerra, dopo interminabili negoziati, si concluse nel ’53 con un ritorno allo status quo.

            Il fallimento dell’iniziativa sovietica in Germania e in Corea spinse Stalin ad una politica più cauta, ma solo la morte del dittatore favorì il processo di pace. Si concludeva così la fase più calda della guerra fredda, negli anni successivi l’Unione Sovietica riportò un certo numero di successi, ma la sua crisi interna procedeva di pari passo, aggravata dal logoramento economico che il confronto con l’Occidente comportava. Sebbene in apparenza monolitico, il potere sovietico tendeva a sfaldarsi, processo favorito dall’azione dei numerosi dissidenti, e dalla richiesta sempre più diffusa di una maggiore libertà. La nuova politica inaugurata negli anni Ottanta portò alla fine della guerra fredda, i paesi del blocco comunista liberato non conobbero un immediato progresso, tuttavia una grande sfida poteva considerarsi conclusa per l’umanità.

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Luciano Atticciati è nato a Roma nel gennaio 1959, si è laureato in scienze politiche indirizzo storico con una tesi su “il movimento sindacale dei ferrovieri nel periodo giolittiano”. Negli anni successivi ha tenuto una rubrica culturale presso un’emittente televisiva romana, un ciclo di conferenze in radio, ha scritto articoli di storia e politica internazionale su varie riviste, e partecipa ad iniziative culturali su internet.

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