e
il mondo romano
Dai testi biblici a nostra disposizione sappiamo che
gli Ebrei avevano un atteggiamento di superiorità verso i popoli vicini e gli
stranieri in generale. Nonostante che in diverse parti la Bibbia prescrivesse
il rispetto dei forestieri, l'atteggiamento degli Israeliti risultava
particolarmente duro, ed una legge del periodo di Esdra nel V secolo prevedeva
addirittura il divieto di matrimonio con i non-circoncisi. Il poeta latino
Giovenale ricorda che gli Ebrei erano soliti non rivolgere la parola a quelli
che non appartenevano al proprio popolo, e addirittura verso coloro che non
erano della propria "conventicola", mentre l’apostolo Paolo nella
Lettera ai Romani ricorda il carattere altezzoso e scontroso degli Ebrei, i
Vangeli infine ci ricordano che gli "eletti" ritenevano di non poter
entrare nelle case dei pagani perché considerate impure.
Nonostante
tale loro carattere, il primo contatto con i Romani al tempo della dominazione
greco-siriana sulla Palestina risultò non ostile. Il Libro dei Maccabei
riferisce infatti che "il dominio dei Greci aveva ridotto Israele a un
popolo di schiavi", mentre i Romani avevano un comportamento diverso;
riporta il medesimo testo: " i Romani erano famosi in tutto il mondo per
la loro potenza militare e accoglievano tutti quelli che volevano allearsi con
loro. Chiunque lo chiedeva poteva contare sulla loro amicizia… Con tutto ciò
nessuno dei Romani si è fatto incoronare re, nessuno ha vestito la porpora. Al contrario
hanno eletto un senato dove ogni giorno trecentoventi uomini si consultano
sugli affari pubblici perché tutto vada bene. Ogni anno affidano a un sol uomo
il potere e l'incarico di governare tutto il loro impero. Tutti obbediscono
solo a lui e tra di loro non nascono né invidie né gelosie". Diversamente
dagli altri popoli i Romani infatti preferivano non sottomettere i popoli con
cui entravano in contatto, ma stabilire attraverso un'abile diplomazia, dei
rapporti di alleanza che prevedevano la facoltà di intervenire nelle questioni
di governo in cambio di protezione contro popoli nemici.
Nel 64 a.C. il re Ircano chiese l'intervento delle
truppe di Pompeo contro suo fratello Aristobulo e negli anni successivi lo
stato ebraico divenne uno stato alleato di Roma, sotto la guida di Erode il
Grande. Tale periodo risultò molto importante per il paese, sotto la direzione
dell'energico sovrano la Palestina divenne una terra popolosa - si ritiene che
quasi un decimo della popolazione dell'Impero fosse ebraica - dotata di
fortezze e di un'efficiente rete stradale. Tuttavia il contrasto fra i
Sadducei, conservatori e portati al compromesso, e i Farisei, gli
"integralisti" dell'epoca, agitò profondamente la società di allora.
Alla morte del grande sovrano la Giudea divenne una provincia romana, mentre le
altre regioni della Palestina rimasero per un periodo di tempo più o meno lungo
governate dagli eredi del grande sovrano.
I rapporti fra Romani ed Ebrei presto degenerarono
nonostante che la popolazione locale godesse di una serie di privilegi ed
esenzioni a tutela del proprio credo religioso, che prevedevano fra l'altro il
rispetto del riposo sabbatico. Le differenze culturali fra il mondo romano e
quello ebraico non potevano essere più profonde. Quando i Romani giunsero in
Palestina la tradizionale religione pagano-naturalista risultava in crisi, e le
classi colte romane preferivano i culti provenienti dall'Oriente come il
mitraismo, il culto di Iside, e quello di Cibele. I Romani ritenevano comunque
il problema religioso un problema strettamente personale poco influente sulle
questioni di governo. Non solo come sappiamo, il procuratore Ponzio Pilato fu
decisamente contrario ad esprimere un suo giudizio su Gesù Cristo quando
sollecitato dai massimi sacerdoti, ma anche il governatore di Corinto, come
riporta gli Atti degli Apostoli, quando gli venne portato Paolo rispose:
"Se si tratta di un delitto o di una colpa grave, o Ebrei, è giusto che vi
ascolti. Ma visto che si tratta di sottigliezze dottrinali della vostra legge,
arrangiatevi da soli! Io non voglio essere giudice in queste faccende".
Gli Ebrei avevano un modo di sentire la religione decisamente diverso da quello
dei Romani e dato vita a una religione decisamente più profonda di quella
greco-romana, tuttavia per quanto riguarda la tolleranza e il rispetto dei
diritti del singolo, i Romani avevano raggiunto un livello decisamente
superiore a quello ebraico.
I
Vangeli non ci danno molte informazioni sulle questioni politiche della
Palestina ai tempi di Gesù, tuttavia risulta abbastanza significativa la
risposta del Maestro di fronte al centurione romano che si era rivolto a lui:
"Non ho mai trovato una fede così grande tra quelli che appartengono al
popolo d'Israele". Ancora più interessante è poi la famosa affermazione di
Gesù di fronte ai Farisei che avevano cercato di metterlo in difficoltà:
"Date a Cesare quello che è di Cesare e date a Dio quello che è di
Dio", un'opinione probabilmente non condivisa da una parte notevole degli
Ebrei.
Negli anni successivi alla morte di
Cristo la situazione della Palestina peggiorò. Gli Atti degli Apostoli e lo
storico ebraico Giuseppe Flavio riportano la presenza di numerosi personaggi
messianici che si ritenevano investiti di poteri miracolosi e suscitavano
clamore nel popolo. Ai tempi dell'imperatore Claudio agli Ebrei venne
interdetta la facoltà di risiedere a Roma, e nel 66 d.C. dopo alcuni anni di
malgoverno romano sotto i procuratori Albino e Gessio Florio scoppiò la rivolta
ebraica, una delle più gravi fra quelle che sconvolsero il mondo romano. La
rivolta - alla quale non presero parte i cristiani - ebbe come promotori non
solo gli Zeloti ma anche i più moderati Sadducei, e ad essa prese parte anche
lo stesso Giuseppe Flavio, che non era certamente un estremista, e che più
tardi si allontanò probabilmente vedendo i moti degenerare. La rivolta provocò
uno scontro sanguinosissimo fra le varie fazioni ebraiche, e fu la causa di una
grave carestia con molte migliaia di morti. L'ultima a cadere in mano romana fu
la fortezza di Masada tenuta dagli Zeloti, i quali per non arrendersi ai Romani
si suicidarono in massa.
Quando
i Romani ripresero Gerusalemme il Tempio, simbolo dell'unità del popolo
ebraico, venne distrutto, ma negli anni successivi l'amministrazione ritornò
alla normale tolleranza. Nel periodo successivo si ebbero invece sollevazioni
fra diverse comunità ebraiche nel Mediterraneo in Egitto, Cirene, Cipro,
Mesopotamia, ma si può ritenere che il motivo di tale tensione fossero
contrasti locali fra le popolazioni di origine greca e quella ebraica.
Nel
132 quando l'imperatore Adriano decise di costruire una città dedicata a Giove
Capitolino sulle rovine di Gerusalemme, che non era stata più ricostruita, si ebbe
una nuova sollevazione, guidata da Bar Cocheba, un personaggio messianico, non
molto stimato dagli stessi Ebrei, che nel Talmud venne considerato un
menzognero. Il fallimento della nuova sanguinosa rivolta portò ad un ulteriore
incremento della diaspora, già iniziata nei decenni precedenti, ma anche ad una
profonda revisione all’interno dell’ebraismo: vennero abbandonati i sogni di
riscatto politico-religioso a favore di una visione più interiore della
religione.
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