Migliorare l'opacizzazione interna del telescopio
La ricerca del massimo dettaglio è sicuramente il più importante obiettivo che un astroimager planetario dovrebbe cercare di conseguire. Le variabili che influenzano la qualità di un'immagine ad alta risoluzione sono ovviamente tantissime, e molte di queste sono purtroppo non controllabili dall'astrofilo: l'esempio più banale che potrebbe essere fatto in questo caso è il seeing (ossia il livello di turbolenza atmosferica), il nemico numero uno delle immagini lunari e planetarie: nemico che è agli ordini esclusivi del Caso (entità questa mai benevola con gli appassionati del cielo...). Ma l'astrofilo incallito sa come cercare di dare una spintarella alla sorte, intervenendo su quegli aspetti che possono essere modificati e controllati. Nell'ambito della ripresa di immagini digitali, il contenimento dei riflessi interni al telescopio è, insieme alla precisa collimazione delle ottiche, il più importante di questi aspetti. La soluzione da me proposta nel seguito mira proprio ad eliminare nella maniera più completa possibile i riflessi interni al tubo ottico, intervenendo sulle pareti interne dello stesso. E' una soluzione scaturita da considerazioni personali, e che quindi non ha la pretesa di essere la migliore in assoluto: si tratta solo uno spunto per chi non è soddisfatto dell'opacizzazione del proprio telescopio e desidera migliorarla.
Analisi del problema
Abbiamo un bel tubo ottico in metallo, il cui interno è verniciato di un nero che spesso non è neanche poi così opaco: questa è la situazione in cui veniamo lasciati dalla maggioranza delle case costruttrici. Non serve chissà quale strumentazione per rendersi conto che un sistema di contenimento dei riflessi così pensato è, quando proprio si è fortunati, solo appena sufficiente: basta puntare la Luna in fase avanzata e buttare un occhio all'interno del tubo. La vernice nera, anche se opaca, produce in ogni caso riflessi abbastanza brillanti, che rimbalzano da una parete all'altra del tubo: una situazione inaccettabile per chi ha intenzione di usare una CCD (o una webcam) per riprese hi-res. Bisognerà quindi modificare tutte quelle superfici che potrebbero riflettere in maniera deleteria la luce che entra nel tubo, ricordando però che non solo la radiazione visibile, ma anche quella infrarossa (a cui i sensori digitali sono molto sensibili!) deve essere controllata adeguatamente per conseguire un risultato accettabile. La superficie più rilevante è ovviamente quella interna del tubo: i sistemi più diffusi per migliorare l'opacizzazione di questa parte del telescopio sono l'installazione di diaframmi (soluzione valida solo per i rifrattori, o per i riflettori con tubo sovradimensionato rispetto allo specchio primario); oppure l'applicazione su tutta la superficie di materiale opacizzante. Entrambe le soluzioni sono ugualmente preferite dagli astrofili: io ho scelto la seconda, per motivi che illustrerò nel seguito.
Scelta dei materiali
Quando si parla di modifiche all'opacizzazione interna, spesso si sente parlare di "pivilene". Questo materiale gommoso ha tre grossi vantaggi per l'astrofilo: è facilmente reperibile a basso costo, viene venduto anche in strisce di spessore variabile, ed è adesivo. Per via di queste caratteristiche è sicuramente il materiale più usato per l'autocostruzione di diaframmi di contrasto (potete trovare qui una procedura per l'applicazione di diaframmi in pivilene, a cura di Marco Retucci). Altri materiali solitamente utilizzati per rivestire l'interno del telescopio sono il feltro ed il simil-velluto adesivo, entrambi di semplicissima reperibilità. Tutti questi materiali forniscono una ottima difesa contro i riflessi indesiderati. E l'infrarosso? Ebbene, in una prova pubblicata sul n° 16 di "Le Stelle" (Marzo 2004) Domenico Licchelli ha osservato come il feltro ed il pivilene abbiano una riflettività maggiore del velluto nero adesivo su tutto l'intervallo delle lunghezze d'onda, in particolare nell'infrarosso. Questo risultato, unitamente ad alcune considerazioni di carattere più pratico (in particolare, l'estrema facilità con cui il feltro perde "pelo" e il diametro del mio telescopio, 150mm, che mi ha un pò scoraggiato dall'applicare dei diaframmi in pivilene) mi hanno convinto ad usare il sopracitato velluto adesivo.
Applicazione del rivestimento
Dopo aver misurato la circonferenza e la lunghezza interne del tubo ottico, ho ritagliato un pezzo di velluto nero delle dimensioni corrispondenti. Ho poi ulteriormente tagliato in tre parti questo pezzo, così da facilitare l'operazione di incollaggio. A questo punto, non resta che smontare il menisco (o la lastra asferica per gli Schmidt-Cassegrain) e procedere con l'applicazione delle fasce di velluto, partendo dal fondo del tubo (evitare di toccare lo specchio primario con le dita o, ancora peggio, con il lato adesivo del velluto!). Assicurarsi quindi che il rivestimento aderisca perfettamente alla superficie. Infine, rivestire tutte le altre superfici che possono generare riflessi (ad esempio i paraluce del primario e secondario). Ho preferito non utilizzare alcun tipo di colla in aggiunta a quella già presente sul lato adesivo, innanzitutto perchè quest'ultima si è rivelata più resistente del previsto. Inoltre l'utilizzo di incollanti potrebbe ostacolare eventuali interventi di sostituzione e manutenzione del panno.
Conclusioni
Come si evince dalla foto, il rivestimento di velluto svolge un ottimo lavoro nel contenere i riflessi. Una rapida occhiata alla Luna ha evidenziato un leggero ma incontrovertibile aumento del contrasto: segno che, in fin dei conti, una buona opacizzazione serve a qualcosa.
Buon lavoro!
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