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ArticoloAutore
20/06/2014
LO YOGA, IL KUNDALINI YOGA ED IL RUOLO DI INSEGNANTE
Wahe Guru Singh
07/07/2014
Wahe Guru Singh
19/07/2014
Anna Lucia Stornaiolo
30/07/2014
Cluadio Bergamo
13/08/2014
Paola Caporilli
27/08/2014
Fabio Amici
11/10/2014ONORARE VAYUElisa Cappelli
19/12/2014
Conferenza di Yogi Bhajan sulla KUNDALINI
da un'intervista con Yogi Bhajan del 1976
12/05/2015
Prof. Franco Berrino
14/05/2015
La missione nella propria vita.Bir Akal Singh
14/05/2015
Wahe Guru Singh


UNA STRADA IRTA DI OSTACOLI E PERICOLI – Parte II^
 
Riprendiamo il nostro discorso svolgendo idealmente la mappa che abbiamo costruito attraverso la disamina delle 5 fasi del percorso sulla strada per la saggezza. Abbiamo determinato che la saggezza si acquisisce per fasi anche se è vero che una fase non prescinde dalla precedente. Guardando il suo insieme verrebbe voglia di affermare che, mantenendosi in linea con i comportamenti e le attitudini di ognuna di esse,  percorrendo il sentiero tracciato ogni praticante con il suo passo è impossibile non arrivare all’ultimo stadio della Saggezza.
Purtroppo non è così, per poter essere intrisi del miele della Verità occorre Impegno e Disciplina.
Molte persone considerano lo Yoga ed in particolare il Kundalini Yoga semplicemente come un mezzo per passare circa due ore in tranquillità cercando di togliersi di dosso lo stress accumulato nella giornata, se ne tornano a casa più leggere, tutte Rose e Fiori, ma passata la notte ricadono nella quotidianità di ogni giorno.
Considerando le due affermazioni:
-           Impegno e Disciplina,
-          Rose e Fiori,
viene spontaneo rivolgersi una domanda:
 
Lo Yoga e più in particolare il Kundalini Yoga è per tutti?
 
La risposta è molto semplice:
 
NO!
 
Il Kundalini Yoga e più in generale lo Yoga non è per tutti! Per praticarlo occorre avere il coraggio di guardarsi dentro, di riconoscere le proprie deficienze e più specificatamente la rabbia, l’orgoglio, le paure, i comportamenti compulsivi, ma questo solo attraverso un lavoro profondo di abbandono della propria egoità!
 
Coloro che non imboccano questo percorso non approdano a nulla, solo ad un beneficio momentaneo che lascia il tempo che trova.
Queste persone non considerano che comunque, nel momento della pratica, la tecnologia del Kundalini Yoga funziona anche se loro vivono l’attimo in uno strato di contrazione e non di espansione. Ciò crea ancora più desolazione nel momento in cui si ricade nella quotidianità di ogni giorno.
È come iniziare ad attraversare un torrente, inizialmente ci si immerge fino alla cintola con entusiasmo poi, sentite le prime difficoltà nel procedere, si vuole tornare indietro. Allora ci si volta e si nota che la riva dalla quale siamo partiti è distante quasi quanto quella che era l’obiettivo ed a quel punto che fare?
Con coraggio, impegno, disciplina ed abbandono, poggiando bene i piedi, utilizzando ciò di cui siamo in possesso e dosando bene le energie siamo in grado di arrivare all’altra sponda e si apre il cuore alla gioia sapendo di aver esorcizzato la paura del futuro!
Contrariamente, ricadendo nelle paure ed insicurezze, dando fiducia solo alla propria egoità, ci si volta e si torna in fretta da dove si è partiti con il risultato di non aver fatto neanche un passo in avanti nella consapevolezza!
Se vi sembra troppo duro questo commento sappiate che Yogi Bhajan descriveva l’insegnante di Kundalini Yoga come colui che si nutre a colazione dell’ego dei praticanti.
Vi lascio con una citazione di Yogi Bhajan:
 
“Quando sei davanti ad un compito difficile .... comincia.
 
Wahe Guru Singh


LA MISSIONE NELLA PROPRIA VITA

Spesso si pensa che conoscere quale sia la missione nella propria vita sarebbe qualcosa di estremamente importante, che addirittura porterebbe a dare un senso più pieno e compiuto all'esistenza e ad un cambiamento enorme.
Ho riflettuto molto sull'argomento e, facendo appello alla mia consapevolezza, ho ricevuto la risposta che non occorre cercare troppo più in là della nostra esperienza, perché la missione nella nostra vita, quali anime incarnate, è sostanzialmente quella che pratichiamo tutti i giorni, cioè vivere la vita che ci è stata offerta sperimentando la capacità di essere Divini. In realtà ogni azione, pensiero, emozione che noi sperimentiamo non sono altro che tentativi di recuperare il ricordo di ciò che realmente siamo, anche se in verità nulla è mai stato perduto della discendenza d'Origine.
Bisogna ricordare che la nostra scintilla divina è ben custodita dentro di noi e, per questo, Dio ci parla in ogni istante indicandoci sempre la scelta migliore per noi stessi e per tutti, ma spesso siamo troppo impegnati a "risolvere" i problemi che ci creiamo nella vita materiale tanto da non riuscire ad ascoltare i Suoi suggerimenti. Non siamo abbastanza attenti per cogliere i messaggi che Lui ci invia e neanche abbiamo il coraggio o la determinazione sufficiente per compiere scelte o prendere certe decisioni.
Per questo motivo non avrebbe alcun senso sapere anticipatamente quale sia la propria missione, perché se questa implicherebbe fare una scelta o prendere una decisione radicale non credo che saremmo pronti senza aver fatto prima un percorso propedeutico e terapeutico.
Ma chi di noi, sapendo di vivere un'esperienza bella ed importante, rinuncerebbe ad essa per qualcos'altro che non sa bene a cosa lo porterebbe? Ad esempio, se qualcuno ci dicesse che il nostro compito fosse quello di abbandonare tutto quello che abbiamo per dedicarci ad una missione umanitaria in una parte del mondo dove regna povertà e malattia, quando stiamo vivendo la nostra vita in una città che ci offre molteplici stimoli e opportunità di svago, dove abbiamo la nostra famiglia che ci ama, l'affetto dei nostri amici ed un lavoro soddisfacente che ci permette di vivere in modo agiato?
Questo non avrebbe proprio senso! Perché in realtà lo scopo della nostra vita è essere felici, prosperi e armoniosi, esprimendo amore in tutto ciò che facciamo, e per fare ciò non è certo necessario compiere gesti eclatanti o incarnare particolari ed elevati valori etici o morali. Molto più semplicemente è sufficiente essere Se Stessi nell'ordinario; dove per essere "se stessi" s'intende esprimere Amore, perché è ciò che siamo realmente.
Possiamo esprimere la nostra missione nella vita attraverso gesti molto semplici, poiché le esperienze non sono altro che mezzi per agganciare un ricordo della nostra Reale Identità, e quando ci saremo ricordati allora capiremo che non c'era proprio altro da fare. Ma questo noi lo sappiamo già, dunque tutto ciò che ci resta da fare è Essere nel quì ed ora.
In definitiva esprimere la nostra Essenza ci libera da tutte le "responsabilità" che crediamo illusoriamente di avere nella nostra vita, e ci riconduce invece all'unica vera responsabilità che abbiamo: essere coerenti con la nostra natura Divina.
Quì c'è la nostra Salvezza, che dipende sempre e solamente da una scelta che stiamo prendendo in questo preciso istante. E quest'istante è rappresentato da ogni azione, parola, pensiero, emozione che noi esprimiamo quotidianamente.
Quando siamo consapevoli di ciò, sappiamo anche che non esiste ne passato ne futuro oltre quest'istante.
In quest'istante, potremmo anche dire, è condensata e riassunta tutta la nostra Missione!
 
Bir Akal Singh



Lo Yoga e la meditazione riducono l'infiammazione, il mantra Kundalini Yoga.

Prof. Franco Berrino
Epidemiologo dell'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano











Conferenza di Yogi Bhajan sulla KUNDALINI
Che cosa significa 'risvegliare la kundalini'
PRANA, VAYU, NADI E KUNDALINI
Traduzione dall'inglese di Harliv Kaur - Renza
Il PRANA
è la forza vitale che compenetra ogni atomo della vostra forma e senza dubbio dell'universo. Apana si riferisce alle funzioni di eliminazione del corpo. Queste funzioni operano a tutti i livelli, sia grossolani sia sottili, per espellere l'energia negativa e i rifiuti. Ai fini del risveglio della kundalini, tentiamo di descrivere il prana come il "soffio vitale" sopra l'ombelico e l'apana come il "soffio vitale”sotto l'ombelico. Ci sono 72.000 correnti o nadi che emanano dal punto dell'ombelico e terminano nelle mani e nei piedi. È attraverso di loro che il prana viene portato a tutte le parti del corpo. Di queste 72.000 nadi ce ne sono tre più importanti: ida, pingala e sushmuna. Il viaggio di ida e di pingala copre la distanza tra le narici (ida la sinistra e pingala la destra) e la base della colonna vertebrale. Sushmuna nasce dalla base della colonna vertebrale, dove le tre nadi si incontrano, e viaggia verso l'alto al centro della colonna vertebrale fino alla sommità del capo. Questo centro alla base della spina dorsale è chiamato sede della kundalini ed è il luogo in cui l'energia kundalini è dormiente. Ida rappresenta l'energia carica negativamente (apana), o energia lunare che elimina i rifiuti dal corpo e ha un effetto calmante, rinfrescante e ristoratrice sul corpo e sulla mente. Pingala ha l'energia con carica positiva (prana) che ha un effetto energizzante e produce calore nel corpo e nella mente. La kundalini non si sveglierà e non salirà fino a quando queste due energie, prana (positiva) e apana (negativa), non siano integrate e bilanciate nel Chakra della Radice. Questa pressione è necessaria per risvegliare la kundalini e per provocare la sua ascesa attraverso sushmuna, detta pure il Filo d'Argento. Così, attraverso l'inalazione e la sospensione del respiro, il prana è diretto verso il Chakra dell'Ombelico, mentre apana, attraverso l'espirazione e la sospensione, è portata verso l'alto dal Chakra della Radice fino al Punto dell'Ombelico. L'incontro e l'unione delle due forze nella cavità pranica crea un calore tremendo nel Chakra dell'Ombelico, che non è un calore caldo, è un calore bianco. Le energie combinate sono spesso descritte come quelle che danno energia al filamento di sushmuna, il che significa che sushmuna s'illumina come il filamento in una lampadina improvvisamente collegato a una fonte di energia. Rispondendo al controllo del respiro e alla direzione della mente, le energie integrate lasciano il Chakra dell'Ombelico e scendono al Chakra della Radice dove stimolano la kundalini. Quindi il respiro e l'applicazione della volontà fanno sì che l'energia kundalini si risvegli, caricando i centri superiori della coscienza. In questo modo le forme inferiori di energia possono essere trasmutate in forme superiori. La prima legge della termodinamica dice che l'energia non può essere né creata né distrutta ma può cambiare da una forma all'altra. Affinché questa energia possa fluire, blocchi e impurità nei nervi devono essere rimossi, e i canali ripuliti. E questo si può fare attraverso il potere del respiro, dei mantra, insieme alle varie posture e banda (chiusure). Il Kundalini Yoga insegna che per aumentare l'energia attraverso sushmuna, lo studente può applicare chiusure idrauliche, il che implica la consapevole applicazione di pressione. Si richiede una pressione tale da sollevare la kundalini e il prana-apana dai chakra inferiori per farlo risalire attraverso sushmuna. La pressione nel Chakra della Radice invia verso l’alto la forza apana-ida, al Chakra dell'Ombelico. Applicando il blocco idraulico nel diaframma la invia ancora verso l'alto, al Chakra della Gola. Da lì, la chiusura del Collo la fa entrare nel cervello per completare il percorso. Al fine di stimolare la ghiandola pineale, o sede dell'anima, la Decima Porta in cima alla testa, il Chakra della Corona, non deve essere "sigillato". In circostanze normali, il cancello è chiuso. Ma quando il calore della kundalini si risveglia, la pineale inizia a trasmettere un fascio di radiazione e lo proietta verso la pituitaria. La pituitaria, a sua volta, proietta impulsi e qualcosa come una "visione a colori cosmica". Quando entrambe, sia la pituitaria sia la pineale, sono stimolate insieme e si uniscono nel loro matrimonio mistico nel terzo ventricolo, il maestoso Terzo Occhio, il cancello del Chakra della Corona si apre”. (da Perle di Verità, n°4, 1980)
Domande e risposte con il Maestro
Domanda: Che cosa è la kundalini? Che cosa si prova quando l'energia kundalini si risveglia? La kundalini è come l'elettricità?
Risposta: Che cosa è la kundalini? È l'intera energia del cosmo nell'individuo e al di là dell'individuo. È l'energia della coscienza. Senza il costante flusso di questa energia, non potreste vivere. Con un grande flusso, la vostra mente inizia a fluire e a risvegliarsi. È smettere di vivere nelle realtà immaginarie e diventare molto rispettosi sia verso i compiti sia verso le gioie della vita. Potete sperimentarlo quando l'energia del sistema ghiandolare si combina con il sistema nervoso per creare una sensibilità tale che il cervello nella sua totalità diventa in grado di ricevere e di combinare i segnali. Una nuova chiarezza accompagna la percezione, il pensiero e l'intuizione. Normalmente si utilizza una piccola parte del potenziale del cervello. Quando la kundalini si risveglia, si capisce l'effetto e l'impatto di un'azione all'inizio di una sequenza di azione e reazione. Così si può scegliere se intraprendere o meno un'azione. In altre parole, una persona diventa totalmente e interamente consapevole. Questo è il motivo per cui viene definito "yoga della consapevolezza”. Come tutti i fiumi finiscono nell'oceano, così tutto lo yoga finisce per risvegliare la kundalini. La kundalini è il potenziale creativo dell'essere umano. Per riuscire a fare esperienza della kundalini, c'è bisogno della tecnologia e della scienza. Dopo l'ottavo anno di vita, la ghiandola pineale non secerne più in modo completo. Alcuni ritengono che ciò sia funzionale alla struttura umana. Il Kundalini Yoga attiva le potenzialità dormienti nel cervello. È necessario attingere alla riserva di energia immagazzinata vicino al Punto dell'Ombelico. Nella zona dell’ombelico vi è una pura fonte di energia che è nota, percepita e compresa dagli yogi. Questo è ciò che deve accompagnare il risveglio della Kundalini. E lo dico scientificamente. Questo meccanismo si verifica per davvero, ma mi rendo conto che alcune persone sono ancora all'oscuro di questi processi. Se avessi parlato cento anni fa dell'energia atomica la gente avrebbe detto: "È spaventoso. È impossibile. Chi potrebbe voler fare una cosa del genere? Non può esserci tutto ciò all'interno di ogni sostanza". Non si sapeva nulla dell'atomo, della sua struttura interna e delle sue potenzialità. C'è ancora quella stessa ignoranza sulla natura interna e sulla struttura della coscienza umana e delle sue potenzialità. La gente vuole sapere ma si spaventa, si inventa delle storie quando manca di esperienza, e fonda la propria fede su dicerie e disinformazione. Questo problema è umano, non dei singoli individui. Senza sapere nulla di ciò che è una cosa o di che cosa significa in realtà, ci accontentiamo delle nostre opinioni e supposizioni. Ecco perché vi incoraggio a fare domande, a imparare e a fare esperienza. Vi può capitare di incontrare delle persone che, pur non praticando il Kundalini Yoga, sono note per avere un sesto senso. Hanno una consapevolezza unica e capacità innate. Hanno un potere intuitivo che dice loro che le conseguenze di certe azioni alla fine saranno disastrose. Hanno un radar interiore che le avverte del pericolo e le guida verso azioni efficaci. Se disponete di questo rapporto intuitivo tra la vostra coscienza individuale e la coscienza universale, è possibile calcolare quello che qualcuno sta cercando di dire prima che lo faccia. Quello che gli altri dicono in realtà è irrilevante. Saprete che cosa intendono dire e il vero significato che sta dietro alle parole. Questo non è molto difficile. La maggior parte delle persone non è consapevole di avere dentro di sé questa capacità. Con un po' di lavoro mentale, questa capacità può essere attivata e resa funzionante. È una capacità intuitiva naturale. L'azione reale dietro di ciò, è che si diventa sensibili alla radianza dell'aura dell'altro. Quella radianza proviene dai corpi sottili che compongono la parte invisibile della struttura umana. Tutto quello che dovete fare è riconoscere il segnale dell'aura quando vi arriva. Allora saprete che cosa quella persona vuole per davvero. Se una persona viene da voi, immediatamente conoscete la sua proiezione. Prima ancora che parli, lo sapete: “Sei venuto con molte storie, ma in ultima analisi mi stai per chiedere un centinaio di dollari. Amico mio, non te li posso dare”. Sono abituato a parlare alle persone senza mezzi termini, ma si sta diffondendo la voce che io sia un gran sensitivo. Mi cercano per le previsioni e per il loro ego. Poiché questa non è una buona reputazione per un semplice uomo di Dio, mi trattengo dal fare show.
Domanda: Ho un amico che è uno psicoterapeuta. Insegna Hatha Yoga come parte della sua terapia. Mi ha detto che il Kundalini Yoga è una forma di yoga estremamente pericoloso e che può portare alla pazzia, se non è gestito bene. È vero?
Risposta: È davvero un peccato che delle persone parlino in questo modo. Prima di tutto, non sanno di che cosa stanno parlando. Il denaro è pericoloso? È solo una energia. La Kundalini è una energia latente che può essere utilizzata in tutta coscienza. L'unica cosa pericolosa è la persona la cui Kundalini viene risvegliata correttamente. Quella persona è totalmente cosciente. Non le si può mentire né la si può ingannare o sviare politicamente. La kundalini è essenziale. Finché si pratica una disciplina totale o un kriya completo e bilanciato, non c'è nessuna difficoltà. Nel Kundalini Yoga, noterete che ogni meditazione e ogni kriya ha una qualche forma di mantra. Questo assicura la canalizzazione dell'energia. In secondo luogo, [quelli che parlano così] non hanno nessuna esperienza reale di tutto questo. La verità è che il Kundalini Yoga produce esseri umani integri, insegnanti e yogi. Lo yogi è colui che ha un'unione con la coscienza suprema. Quelli che insegnano lo yoga come se fosse un mucchio di esercizi stupidi, non hanno diritto di definirsi yogi. Per insegnare questo yoga è necessario avere un'esperienza autentica e una conoscenza pratica della tecnologia. Non ci sono mai problemi se il Kundalini Yoga viene insegnato come l'originale scienza sacra che è.
Domanda: Che dire delle grandi visioni, delle esperienze psichiche, delle convulsioni e dei tremolii dopo la meditazione? È questo il risveglio della kundalini?
Risposta: Questo è lo scintillio al fondo della scala. Queste allucinazioni, fenomeni psicologici e debolezze nervose non significano nulla. Se uno studente che pratica il Kundalini Yoga è molto bloccato alla colonna vertebrale e alle nadi praniche, a volte può rendersi conto di quando i canali vengono ripuliti. Ma avviene in un lasso di tempo breve, non si interrompe nulla. Queste cose possono accadere quando il sistema nervoso di un individuo non è stato adeguatamente preparato, o se non si utilizzano il mantra o la tecnica di respirazione corretti. La vera misura del risveglio della kundalini è la vostra consapevolezza tra un respiro e l’altro, e il coraggio con cui affrontate la vita. Questi lampi momentanei causati dalla debolezza non hanno nulla a che fare con la kundalini.
Domanda: Il fine per uno studente di yoga è riuscire a portare tutta l'energia nel cervello?
Risposta: No! L'energia della kundalini viene rilasciata dal centro dell'ombelico, poi risale fino alla cima della testa. Quando discende per completare il suo ciclo di energia, i chakra si aprono completamente. Dicendo che i chakra sono aperti, intendo dire che i talenti di ogni chakra sono consolidati nel carattere e nel comportamento di quella persona. E non va assolutamente bene riempire una persona di energia che non può integrare.
Domanda: La maggior parte degli studenti di Kundalini Yoga si lascia crescere i capelli. È necessario? Risposta: No. Potete praticare con i capelli lunghi quanto volete, ma quella dei capelli è la prima tecnica per aumentare l'energia kundalini. Quando i capelli sono della loro lunghezza naturale e arrotolati sulla fontanella anteriore per gli uomini, o su quella posteriore per le donne, si attira energia pranica nella spina dorsale. La forza di questa energia positiva che scende verso il basso fa sì che l'energia Kundalini risalga per equilibrare. È per questo che troverete sempre grazia e calma in una persona con i capelli non tagliati dalla nascita, se sono tenuti bene. In realtà i capelli erano così importanti che la parola per la consapevolezza, kundalini, deriva da kundal che significa "un ricciolo di capelli della persona amata”.
Domanda: Hai parlato dei chakra come di centri della coscienza. Potresti descrivere le qualità di ognuno? Risposta: Ci sono sette centri del corpo. Sono tutti nella colonna vertebrale. Ognuno di essi ha un centro di proiezione o chakra. Il primo è il retto. Il secondo centro proiettato è l'organo sessuale. Terzo è il centro dell'ombelico. Quando strizzate insieme il retto e l'organo sessuale, l'energia si proietta al terzo centro di coscienza. Il quarto è il centro tra i due capezzoli, il centro del cuore. Il quinto è il collo. Il sesto è tra i due occhi all'attaccatura del naso. E il settimo, l'ultimo alla sommità della testa, corrisponde alla ghiandola pineale. E questi centri hanno una qualche correlazione con l'uomo? Sì. Una persona la cui coscienza dimora nel retto non avrà mai un normale rapporto sessuale diretto. Coloro il cui centro di coscienza è il secondo centro si definiranno in termini di sesso, e può darsi che usino il dolore o altre forme di intensa stimolazione come approccio al piacere nel sesso. Al terzo centro di coscienza una persona non riesce a superare l'avidità. Può provare ad arrivare al meglio di sé. In ogni caso desidera avere le cose degli altri, che possano risultargli utili o meno. Il quarto centro della coscienza è il centro del cuore, dove i capezzoli e la gola formano un triangolo. Qui una persona trova la conoscenza. Il quinto centro di coscienza è alla gola. Uno può parlare in modo non fluente l'inglese, ma le sue parole avranno quel peso che arriva direttamente al cuore. Al sesto centro di coscienza, una persona può conoscere ogni cosa intorno. Può utilizzare o meno la conoscenza. La ghiandola pituitaria dà la più grande intuizione. All'ultimo centro della coscienza, che è il centro più alto, una persona diventa più umile. Ha un'umiltà estrema. Nel centro più alto l'io diventa ego universale, e così la persona non prova né dolore né piacere. Quello che dice succede. Questo è il centro di coscienza più elevato. In una lunga e profonda meditazione, vi è possibile sapere dove sta la vostra coscienza. Ciò può essere visto e giudicato valutando quali sono i vostri contesti e quali i bisogni più importanti della vostra vita. Così è possibile sapere da quale chakra stai lavorando. Ma sapere non fa nessuna differenza. Potete mettervi a posto e cambiare le marce in modo tale da riuscire a venirne fuori?
Domanda: È possibile per un insegnante risvegliare la kundalini dei suoi studenti solo con la sua presenza? Risposta: La kundalini può essere stimolata direttamente da un insegnante. Ma quell'insegnante non ha più molto dell'insegnante! Gli studenti devono essere pronti, quindi si deve dare una tecnologia perché possano risvegliarla loro stessi. Perché dovrebbero attendere ai piedi di un maestro come cuccioli? Si deve passare attraverso questa esperienza e quindi condividere le tecniche con gli altri.
Domanda: Uno studente di Kundalini Yoga deve essere celibe?
Risposta: Lo studente può essere un padrone di casa, mettere su famiglia e adempiere agli obblighi di una società spirituale. Il celibato in realtà significa stare da soli, senza abusare delle abilità sessuali e generative. Una persona sposata è sola, perché due persone vengono fuse in una. Anche nel matrimonio, l'energia sessuale va rispettata e costruita. Una coppia normale potrebbe trovare una frequenza di una volta al mese completamente soddisfacente se affrontata correttamente. Se si desidera praticare il celibato senza mai fare sesso, ci si deve ricordare di praticare il Sat Kriya ogni giorno in modo da potere utilizzare l'energia e non impazzire.
Domanda: Quando la Kundalini si risveglia, si va in trance o si diventa rigidi?
Risposta: Un risveglio della kundalini vi darà la grazia dell'emozione. La vita riempie ogni cellula di modo che siano in grado di muoversi armoniosamente con una consapevolezza del ritmo e della musica di tutti i vostri contesti. La kundalini vi rende vivi, aggraziati, e non rigidi come la morte.
Domanda: Perché questi insegnamenti sono condivisi così apertamente adesso?
Risposta: Le tecniche appartengono a chi le fa. Sono un patrimonio dell'umanità. Io sono solo un postino con un sacco di lettere da consegnare. È possibile aprirle e utilizzarle oppure no, questo è un problema vostro. Ma il mondo sta attraversando dei cambiamenti. Le generazioni future dovranno usare queste tecniche per rimanere mentalmente sane e forti fisicamente. Questi insegnamenti aiuteranno l'umanità a risvegliarsi dall'adolescenza. Sto condividendo questi insegnamenti per creare una scienza del Sé totale.
[da un'intervista con Yogi Bhajan del 1976]



Onorare Vayu


Curare la respirazione equivale a sviluppare pazienza, attenzione, nutrimento quindi amore. 
E’ movimento. Il primo movimento, l’indispensabile. 
Quello che ci permette di patire, nel senso pieno del termine, inclusa la percezione della gioia. 
Nel massaggio tantrico classico il soffio è uno strumento a tutti gli effetti, così come in pratiche sciamaniche che ho avuto modo di sperimentare in New Mexico con nativi indiani. Si direbbe che le Indie conoscono il soffio, così come aree intere di questa terra che abitiamo, da ere lontane. E’ che l’essere umano conosce il soffio. Lo conoscevano i greci, con la definizione della psyché che insieme al thumòs e al soma costituiva uno dei cardini fondamentali del movimento, ciò che muove l’eroe in battaglia o verso certe decisioni. Gli dei a giostrare il tutto, tenerne le redini, sì, ma la mente di Odisseo, per dire, è multiforme, ha possibilità di scelta, possibilità di determinare una scelta piuttosto che l’altra. Scelte veicolate dal soffio vitale.
Muscoli, ossa e pensieri possono essere alleati e al contempo fattori ostacolanti di un respiro sereno, rilasciato. Questo perché se c’è una tensione nel caso dei muscoli, uno svuotamento nel caso delle ossa, un accumulo inutile e dispersivo nel caso dei pensieri, si perde la passività. Associamo la passività a un fattore inutile in questa era di azione. Passività è poter sentire. 
Di fatto, non solo nei canti vedici ma in qualsiasi forma di canto, il suono esce nell’espirazione. Sottovalutiamo quanto le nostre parole siano, di fatto, fiato. Così è. Prendiamo a riferimento l’Hamsa Mantra:
AUM HAMSAH SO-HAM SVAHA

Ci imbattiamo subito nel suono dell’universo cui segue HAM seme verbale dell’etere e SAH che è il sole, la luce, la corretta visione. SO-HAM è la formula del respiro.
E come reagiamo se scopriamo che la formula del respiro, se la si traduce dal sanscrito non è altro che "Io sono/Io sono ciò". Nel respiro assaggio la mia natura divina. L’essere si definisce attraverso il respiro. 
Mi piace sempre riportare questa lettura leggendaria e semplice dell’origine, dove un bimbo chiede piangendo Koham-Koham, Chi sono? Chi sono?.
E l’universo manda indietro un soave e accogliente: SO-HAM. Sei ciò che io sono.
In sanscrito questi suoni stanno anche a significare un concetto vicino all’orgoglio giusto verso se stessi, la fierezza di essere se stessi. Per chiudere il cerchio, possiamo dire che questo mantra è anche conosciuto come "Formula mentale del cigno del sapere", in quanto il cigno sta a simbolizzare l’Atman. 
Faccio riferimento in chiusura a Gabriella Al Chamali Cella, una delle più grandi insegnanti di yoga che io abbia mai incontrato - direi una vera e propria insegnante di simboli e dunque tutto ciò che tiene unite le cose. Da lei sto imparando quanto una classe possa essere guidata al meglio semplicemente lasciando risuonare la domanda: "Dov’è il tuo respiro?" Durante la pratica yogica è importante non lasciarsi andare a pensieri o immagini ma restare centrati. La presenza la si richiama subito attraverso l’attenzione al respiro, tanto in statica, nella meditazione, quanto in dinamica, nelle asanas o nelle forme di meditazione in movimento come il taiji quan. 
Se qualcuno ti domanda: "Dov’è il tuo respiro?" non puoi non tornare dove la coscienza si aspetta che tu sia: qui e ora. 
Si sente parlare di Pranayama come la raccolta di tutte quelle pratiche che consentono la gestione dell’energia vitale attraverso il respiro che porta in uno stadio superiore. Prendere coscienza dell’atto respiratorio è onorare lo scambio continuo che avviene tra noi e il mondo. Onorare anche le piante e vederle con occhi diversi. Sviluppare cura. Fondersi col cosmo è anche osservare con mente vuota una foglia, per dire. 
Prana è il soffio vitale. 
Yama è il controllo, potremmo dire. 
Nell’Induismo è anche il Signore della Morte, colui che controlla la vita. 
Il Pranayama sarebbe il controllo dei ritmi respiratori.
Quando si ispira e si espira sono i ritmi cosmici che si manifestano.
La raccolta e l’espansione. 
Puraka, l’inspirazione, è felicità, pienezza, luce.
Rechaka è tristezza, abbandono, vuoto, morte simbolica. In questo senso, anche liberazione di quel che non ci serve. 
Banya Kumbaka è, ad esempio, una delle innumerevoli tecniche di Pranayama che aiutano a connettersi con l’astensione dal respiro, l’apnea consapevole. Chi, sotto una buona guida, pratica queste tecniche entra a contatto con il vuoto come vera pienezza, con la gioia che - se allenata - può scaturire proprio in virtù della considerazione della fine. 
Chi trasporta questo soffio vitale? Vayu, il vento, iconograficamente rappresentato come un uomo bianco a cavallo di un’antilope.
Questa divinità è associata, guarda caso, al chakra del cuore, ponte tra i tre superiori e i tre inferiori.
Dove è il cuore risuona l’eco della prima vibrazione dell’universo. Vayu a un suo yantra che è quello grigio fumo con due triangoli che si intersecano formando una stella a sei punte, a simboleggiare l’equilibrio. 
Ciò che è fermo, immobile, non ha prana.
Sta a noi scegliere quel che ci è naturale: il movimento, coccolato dall’attenzione, assecondato dalla pazienza, nutrito dall’amore. 
E qui sento di voler portare le parole di una delle più grandi insegnati di yoga che io abbia incontrato finora, Gabriella Al Chamali Cella, lei che è donna di pratica di unione in tutti i sensi, lei scrive in "Yoga della conoscenza interiore": 
"Osservando come respiriamo possiamo capire se accettiamo totalmente questo "scambio" con il mondo circostante, se riusciamo a viverlo completamente o se in qualche modo ci "freniamo". Chi per paura del cambiamento non vuole analizzarsi, non ama porre attenzione al suo respiro, quando accetta di osservarlo lo troverà certamente superficiale, insufficiente. […] Per chi non sente la sua affinità con il mondo, per chi ha difficoltà a "lasciarsi andare" e vivere ogni emozione, e anche per chi si sente carico di tossine, di impurità da cui vorrebbe liberarsi, un passo importante sarà iniziare un lavoro corretto, costante, sul proprio respiro."

Iniziare a onorare Vayu.
Da quando si aprono gli occhi.
Per tutte le ore della giornata.
Danzando con un ritmo che si crea spontaneamente. 
E ci riporta all’essenza, all’essenziale.

Elisa Eva Cappelli - Ottobre 2014





RESPIRO CONSAPEVOLE: UN GESTO D’AMORE



"Nei sacri spazi
ho respirato, con il cuore,
attimi di eterno."
(da: "Intimità" di F. Amici)



La respirazione è un processo biochimico del metabolismo energetico dell’essere umano, che agendo in modo involontario permette all’intero organismo di nutrirsi mediante l’ossigenazione di tutte le cellule che lo compongono e, dunque, rappresenta una funzione primaria poiché gli permette di vivere. Senza respirazione infatti non ci può essere vita.
La respirazione, oltre a consentire alle cellule di nutrirsi e rigenerarsi, apporta notevoli benefici al corpo fisico ed in particolar modo alle funzioni metaboliche, permettendo l’ espulsione delle tossine, la purificazione del sangue ed aumentando le difese del sistema immunitario.

Durante la respirazione avviene l’assorbimento del Prana, cioè dell’energia della creazione emanata dall’Infinito che pervade l’Universo e si trova in tutti gli elementi, vivificando il nostro "involucro esterno".

Il respiro ha un legame molto stretto con il nostro corpo fisico, ma assume anche un ruolo fondamentale nella comunicazione tra conscio ed inconscio, in particolare nelle manifestazioni dell’inconscio e della mente; infatti portando attenzione ai nostri momenti di turbamento possiamo facilmente verificare come questi accelerano e modificano il ritmo del nostro respiro, oltre alle ripercussioni a livello fisico quali: il battito del cuore più veloce, tremori, sudorazione, ecc. ecc. Ogni manifestazione esterna a noi ha origine nella mente ed il respiro rappresenta la chiave per accedere al dominio dell’attività della mente. Per questo motivo, prendendo consapevolezza del rapporto che c’è tra respiro e mente, possiamo agire sul ritmo del respiro per modificare lo stato della mente e controllare gli stati emotivi che spesso ci causano blocchi energetici che, a loro volta, si ripercuotono principalmente a livello fisico.

La forma più antica di disciplina del respiro conosciuta è senza dubbio il Pranayama, uno degli aspetti dello yoga. Pranayama è un termine composto di due parole in sanscrito: Prana, che indica la forza o energia vitale: l’essenza della vita stessa; Yama, dal termine "Ayama", che ha il significato di "estensione". Il significato è dunque "estensione dell’energia vitale".
Per una migliore comprensione del concetto di "energia vitale", la radice sanscrita del termine Pra-na-yama stà ad indicare "estensione di ciò che esisteva prima d’ogni vita atomica o cellulare", che possiamo riassumere con: Dio!
Nello Yoga Kundalini, attraverso specifiche tecniche di pranayama unite all’ascolto ed alla ripetizione di mantra, è possibile accedere alle energie inconsce, per distruggere l’ego e liberare alcuni blocchi energetici, rendendo possibile il riequilibrio psico-fisico dell’ individuo.
Ma per usufruire del prana e quindi di tutti i suoi benefici occorre la cosciente presenza della mente; infatti l’assorbimento del prana avviene da un atto di volontà, ricordando che comunque il prana è superiore alla mente ed è l'uomo che deve adeguarsi all’Universo e non viceversa.

L’attenzione al respiro ci rende presenti e consapevoli dell’unico tempo che realmente abbiamo a disposizione: il presente e, bloccando l’attività disordinata della mente inferiore, abbiamo accesso alle dimensioni superiori.
Continuando a respirare consapevolmente si aumenta gradualmente il proprio livello di coscienza e ci si connette sempre di più alla Coscienza del Creatore.
Essere consapevoli del respiro sposta l’attenzione dai pensieri e crea spazio nella mente. In questo modo si genera consapevolezza.
Essere consapevoli del nostro respiro ci costringe a stare nel momento presente, che è la chiave di tutte le trasformazioni interiori. Cerchiamo di essere dunque consapevoli del respiro. Facciamo attenzione alla sensazione del respiro; sentiamo l’aria che entra ed esce dal corpo. Osserviamo come il torace e l’addome si espandono e si contraggono leggermente con l’inspirazione e l’espirazione. Un respiro consapevole è sufficiente a creare spazio laddove prima c’era un’ininterrotta successione di pensieri. Allo stesso modo, un respiro consapevole è un modo eccellente per portare spazio nella nostra vita.
Durante l’inspirazione avviene un moto di espansione, mentre durante l’espirazione tutto si contrae e ritorna allo stato iniziale. Tutto questo riproduce lo stesso movimento dell’ Universo. In realtà noi rispecchiamo l’Universo in modo olografico. Allo stesso modo quando meditiamo contemplando il respiro, ci rivolgiamo a noi stessi ritraendo l’universo in noi (fase dell’inspirazione), mentre quando ci rivolgiamo all’esterno proiettiamo l’universo fuori di noi (fase dell’espirazione), espandendo il nostro Sé e dando origine alle manifestazioni nella realtà terrena.

Il respiro consapevole allinea tutti i chakra e li armonizza con il corpo fisico aumentando il flusso di prana, che serve a costruire il corpo di luce.
La respirazione consapevole unita al puro intento potrebbe essere chiamata "respirazione dell’anima", poiché consente di connettersi con il flusso di vita che ha origine nel Tutto e dal Tutto si manifesta fluendo dentro di noi, cambiando noi stessi ed il nostro mondo, cosicché il velo illusorio della dimensione terrena verrà via via dissolvendosi.

Attraverso il respiro riceviamo e trasmettiamo vibrazioni a frequenze armoniche secondo il nostro livello di coscienza. Mediante questa pratica impariamo ad attivare tutto l’Amore Sacro che possiamo contenere e quindi possiamo prendere consapevolezza di essere sia il "sognatore che il sogno" della nostra vita ed iniziare il percorso di ritorno verso l’Infinito, ricreando la nostra "Reale Identità".
Respirare aiuta a far scorrere liberamente l’energia nel nostro sistema (fisico, emozionale, mentale) andando a sciogliere le disarmonie energetiche ed avviare quindi il processo di guarigione spirituale, aumentando la nostra capacità di esprimere amore, che rappresenta la nostra vera funzione.

Attraverso il respiro ci sintonizziamo con l’attimo presente, cioè il punto di incontro tra Dio e le Sue manifestazioni, alla base del quale c’è l’Amore che deriva dall’esperienza primaria della propria esistenza.
Per questo l’origine dell’attimo presente è l’Amore Primario stesso, cioè l’amore verso tutto ciò che si manifesta coscientemente nel tempo e nello spazio.
Dunque consapevolezza ed amore sono la stessa cosa, ma il contenuto della consapevolezza è l’esperienza di essere presenti a se stessi, ovvero di esistere nel qui ed ora; l’Amore invece è la pura esperienza di esserci, la nostra esperienza primaria. Ogni nostra altra esperienza (emozione, pensiero, avvenimento, oggetto…) esiste grazie alla nostra esperienza primaria di esserci, che è Amore allo stato puro. L’Amore è l’esperienza vera dalla quale scaturisce l’esperienza-rapporto: più siamo vicini ad Amare più possiamo rendere vero il rapporto fra noi ed il mondo manifestato.
In altre parole, l’Amore è il Sé esperienziale, ciò che siamo in realtà e, per questo, non possiamo che Amare!
In ultima analisi possiamo affermare che respirare in modo consapevole è un gesto d’ amore!


Fabio Amici Roma, agosto 2014




IL RESPIRO NELLA PITTURA

Amo i colori, tempi di un anelito inquieto, 
irrisolvibile, vitale, spiegazione umilissima e sovrana 
dei cosmici ‘perché’ del mio respiro.
Alda Merini

Nella pittura come in altre discipline, soprattutto quelle orientali, la meditazione, la postura, ed un respiro consapevole ci mettono in contatto con l’universo intero e ci consentono di entrare in uno stato creativo straordinario. 
Nelle discipline pittoriche cinesi e giapponesi, come nel Sumi-e, che ho potuto apprendere facendo dei seminari,  il controllo del respiro è molto importante e permette di essere particolarmente creativi e intuitivi. Stando in piedi, con gesti unici accompagnati dal respiro, si dipinge il bamboo con l’inchiostro su di un foglio di carta di riso, usando una tecnica antica introdotta in Giappone dai monaci zen.   http://www.valeriaviscardi.exto.org/
Nella preparazione e nello svolgimento del mio lavoro quotidiano il respiro è parte essenziale, dal momento della creatività alla scelta dei colori, dall’inspirazione profonda per effettuare un gesto accurato, all’espirazione che rilassa e crea continuità al gesto stesso. Nella pittura il respiro svolge una funzione molto importante, quella di dare un ritmo al movimento che eseguiamo. E’ uno sbaglio pensare ad esempio di trattenere il respiro per eseguire un lavoro di precisione. Se vogliamo tracciare una linea con il pennello e facciamo un’inspirazione durante il gesto, questo favorirà il movimento che sarà più dinamico, ma anche plastico. Tutto il nostro essere viene coinvolto ed il respiro ci aiuta a ritmare la nostra realizzazione, veloce se eseguiamo qualcosa di attivo, di energetico, più lenta se invece abbiamo bisogno di accuratezza, di rigore.
Fin da bambina, mi accorgevo che chiudendo gli occhi, ascoltando della musica e respirando con calma, potevo accedere ad una successione di colori, che espandendosi e  rimpicciolendosi, vibravano al ritmo del mio cuore. Erano onde di colore mai eguali ed a seconda del mio rilassamento diventavano smaglianti, splendenti, intense o sature, come direi ora da pittrice. Questo, mi procurava un’esperienza di forte rilassamento, che ho ben presto imparato a riconoscere ed a sfruttare, usandolo prima di iniziare un nuovo lavoro, un disegno, una pittura.
Andando avanti nei miei studi e frequentando, presso uno studio di pittura, i corsi della dottoressa americana Betty Edwards "Disegnare con la parte destra del cervello",  ho potuto apprendere tra le tante tecniche, anche quella della respirazione. Il disegno cieco ad esempio, che senza guardare il foglio dove stai disegnando, e seguendo per ipotesi le linee della tua mano, ti permette di cadere in un rilassamento totale  perdendoti nelle pieghe della pelle ed accorgendoti in fine di respirare profondamente come durante il sonno. Tutto ciò, aiuta a far si che la parte destra del cervello, la parte creativa, intuitiva si liberi da pregiudizi, autocritiche e valutazioni che spesso la parte sinistra le infligge.
Se parliamo di colori, possiamo dire di "muoverli" attraverso la scala cromatica. Il giallo con il rosso si muoveranno verso l’arancio , il blu si muoverà verso il giallo diventando un verde ed il rosso si muoverà verso il blu formando un viola e così via in una miriade infinita di combinazioni e di nuance. Pertanto, quando nella pittura parliamo di muovere un colore gli diamo un’entità, un’anima e quindi un respiro proprio. Provenendo da una scuola dove per formare i colori si potevano usare solo i tre primari, Rosso magenta, Giallo primario e Blu Cyan, più il bianco e pochissimo nero, ho imparato ha preparare i miei colori da sola. Ho imparato a trovare i colori secondari, i terziari e via di seguito, individuando e sperimentando i toni strato su strato, ascoltando il loro accento, il loro anelito. 
Il mio lavoro mi porta a sperimentare sempre nuove tecniche, nuove esperienze, ad usare la musica o un mantra come rilassamento, a praticare discipline orientali come lo yoga, il taiji, il reiki. Ognuna di queste discipline fonda le sue radici sulla respirazione e mi aiuta a trovare velocemente un contatto con un nuovo lavoro, oppure a ritrovare il gesto e l’ atteggiamento giusto in un lavoro preparato in precedenza ed ancora da terminare.
L’atto del dipingere quindi ha un suo ritmo che coinvolge tutto il corpo del pittore  e viene scandito dal respiro, fino al punto in cui la pittura stessa acquista un suo proprio ritmo, un proprio respiro interiore, spirituale, come ci dice il grande pittore Wassily Kandinsky nel suo trattato scritto nel 1910: 
"LO SPIRITUALE NELL’ARTE"  
La vera opera d’arte nasce "dall’Artista" in modo misterioso, enigmatico, mistico. Staccandosi da lui assume una sua personalità, e diviene un soggetto indipendente con un suo respiro spirituale e una sua vita concreta. Diventa un aspetto dell’essere.

Questo aspetto, questo respiro, può essere captato dallo spettatore. Spesso andando a vedere una mostra rimaniamo affascinati dalle opere d’arte, il nostro sguardo rimane ammaliato dall’immagine, mentre il respiro trasale dando un sussulto al cuore… e si entra nel quadro, si viaggia all’interno. Si ascoltano le sensazioni che questo ci comunica e siamo sulla stessa onda sonora dell’artista, nello stesso respiro.

Paola Caporilli        Roma, Agosto 2014




RESPIRO E QI GONG

                                                                        "I Diecimila esseri si
appoggiano allo Yin, serrando sul loro petto lo Yang, l’Armonia nasce
               nel Vuoto dei soffi mediani»
                                                                                                                              dal Huangdi Neiing Lingshu        

Qi gojng significa lavorare, allenare il Qi.

Decidere quale parola scegliere per tradurre un ideogramma Cinese, non sempre risulta scontato; bisogna contestualizzarlo e molto dipende dalla relazione che  ha con gli altri elementi del sistema in cui è inserito.  
L’ideogramma Qi  da alcuni viene tradotto come “energia”, da molti sinologi ed esperti di Medicina Tradizionale Cinese “soffio” ed in alcuni contesti “respiro”. 
Il pensiero cosmologico e taoista cinese rappresenta l’universo come formato da soffi originari Yuan Qi in perpetuo divenire, ogni cosa è un aspetto della sua maggiore o minore concentrazione, si può dire che il Qi sia una forma di materia rarefatta che acquista forma fisica quando è condensato. 
Questo concetto lo possiamo ritrovare nell’etimologia del carattere: la parte inferiore a sinistra rappresenta un chicco di riso che si apre grazie alla cottura, nella parte superiore è invece raffigurato  il processo di ascesa del vapore generatosi. Abbiamo quindi raffigurati, nello stesso ideogramma, l’aspetto più materiale, il germoglio, e quello più rarefatto, immateriale, il vapore. Se consideriamo l’aspetto più materiale come appartenente allo yin e quello più energetico e rarefatto allo yang, possiamo dire che il movimento e l’interazione di queste due polarità (i reggitori cosmici) generano il Qi.
Pur partendo dallo stesso soffio originario, Yuan Qi, i vari soffi prendono nomi diversi; per esempio nell’uomo si incontrano il soffio yin della terra e del cibo con il soffio yang del cielo e dell’aria. La milza e lo stomaco traggono dal cibo l’energia alimentare definita “Gu Qi” che inviata dalla milza ai polmoni si combina con l’aria che respiriamo Tian Qi (soffio del cielo) e va a  formare la Zong Qi, energia toracica, che nutrendo cuore e polmoni, sostiene le funzioni circolatorie e respiratorie nonché la fonazione. Sotto l’azione catalitica della Yuan Qi, che risiede nei reni, la Zong Qi viene trasformata nella Zhen Qi, energia autentica, questa rappresenta lo stadio finale nella raffinazione del Qi che circola nei meridiani, nutre gli organi (Ying Qi) ed organizza la difesa superficiale del corpo (Wei Qi). Sia la Zong Qi  (energia toracica) che la Zhen Qi (energia autentica) nascono nei polmoni, conferendo quindi a questo organo la funzione di controllo del Qi in generale.
Queste trasformazioni ed alchimie, dove l’energia della terra tratta dal cibo si fonde con quella dell’aria del cielo,  ci  fanno capire perché nel pensiero cinese l’uomo venga considerato come elemento ponte tra terra e cielo e come in questo “aggancio” sia continuamente presente l’elemento aria (cielo), infatti se possiamo esimerci dal bere e mangiare per un breve tempo,  non possiamo interrompere la respirazione. Nello stadio “uomo” vengono compresi tutti i “diecimila esseri” animali e vegetali, anche essi ponte tra lo stadio “terra” e lo stadio “cielo”.   E’ interessante notare come nel linguaggio comune cinese, la constatazione della cessata attività respiratoria,  quindi della morte,  venga espressa con la frase “Ta mei you qi”ossia “non ha più Qi”.  
Il respiro diventa allora il metronomo che ci dà il ritmo alternando la fase yang  di apertura/espansione verso l’esterno (espirazione), a quella yin di chiusura/raccolta all’interno (inspirazione).  Usando il respiro come strumento di lavoro del Qi (qi gong) ed usando l’alternanza continua delle due fasi (apertura chiusura,) la nostra mente, attraverso la consapevolezza e la chiara intenzione, in cinese Yi, riesce a condurre e direzionare il Qi nel corpo, favorendone la circolazione  ed eliminando le ostruzioni. Possiamo giocare con il respiro e con la mente scambiando gli abbinamenti: inspiro ed espando, espiro e raccolgo, oppure fare  al contrario seguendo le sensazioni più piacevoli.  Importante è la qualità, anzi, le qualità del respiro. Per esempio. se  voglio che in ogni cellula del mio corpo quando espando si realizzi una spinta verso la periferia, direzione centrifuga, e quando raccolgo un richiamo verso il centro, direzione centripeta, il mio respiro deve essere in accordo con il mio corpo e con il mio cuore (cuore/mente) e accingendomi a praticare debbo regolarli tutti e tre : corpo, respiro e cuore.      
Tralasciamo le regolazioni di corpo e cuore e vediamo la regolazione delle qualità del respiro:

REGOLAZIONE DELLA RESPIRAZIONE   TIAO XI
A) OMOGENEA          JUN                                                                                                                                                                   
La frequenza di inspirazione ed espirazione deve essere costante, stessa durata delle due fasi, senza apnea, provando sensazione di benessere. Senza forzature si deve portare la respirazione all’omogeneità.

B) LEGGERA              XI                                                                                                                                                                   
Il respiro deve essere leggero, impercettibile all’udito, gli antichi Taoisti dicevano che avendo una piuma sotto al naso,  essa non si dovrebbe muovere al passaggio dell’aria.

C) PROFONDA         SHEN                                                                                                                                                       
La profondità del respiro ci aiuta a spingere l’energia dove vogliamo. Un buon allenamento per ottenere questo consiste nel spingere l’energia verso la testa  durante l’inspirazione e verso i piedi nel corso dell’espirazione.  Con l’allenamento, aprendoci al cosmo, diventiamo canale tra cielo e terra, che, come abbiamo visto, è il ruolo che ci compete. 

D) LUNGA              CHANG                                                                                                                                                           
Senza mai forzare la respirazione, attraverso la pratica, il rilassamento del corpo e della mente, si arriverà a diminuire la frequenza dei cicli di respirazione per ogni minuto. Importante è seguire sempre una sensazione di benessere e mai di fastidio.
Nella pratica del Qi gong, inizialmente, la respirazione deve fluire nel modo più naturale possibile, non è consigliabile prestare attenzione a tutte le qualità su elencate, sarebbe troppo impegnativo ed ingombrante per la mente  e poco rilassante, risulta invece utilissimo concentrarsi su una di esse  in particolare: La leggerezza. Tenendo costantemente presente la leggerezza del respiro, tutte le altre qualità si regoleranno automaticamente. La normale respirazione (respirazione esterna), definita “di cielo posteriore”, se condotta sempre aderendo al concetto di leggerezza, stimola la capacità di pervenire alla respirazione interna, detta “ di cielo anteriore ” o respirazione embrionale, dove il movimento respiratorio si svolge nel Dan tian.
Ma qui il discorso si allarga ad altri aspetti comunque interessanti che meritano però un trattamento più approfondito di quello che si propone questo scritto. Due parole vanno magari spese sul concetto di Dan tian. Quando non viene specificato se superiore , mediano o inferiore, ci si riferisce al Dan tian inferiore, localizzato internamente nella zona dell’ombelico. Questo centro energetico viene considerato la casa del Qi ed anche la pompa che grazie ai comandi della mente spinge il soffio verso la periferia o al contrario lo richiama a se attraverso i canali di scorrimento del Qi, i meridiani.
In ultimo, voglio sottolineare l’importanza del respiro nelle pratiche di auto elevazione spirituale, per esempio in esercizi specifici come la "piccola e la grande circolazione celeste" e nelle meditazioni; qui il respiro diviene strumento di consapevolezza e facilita il trasferimento dell’attenzione al proprio interno.

"La virtù scorre, i soffi si diffondono ed è la vita"
                                                                                                     dal Dao De Jing di Lao Tzu   

Luglio 2014, Claudio Bergamo




RESPIRO
Vorrei che andaste incontro al sole e al vento
con la pelle, più che con il vestito,
perché il respiro della vita
è nella luce solare
e la mano della vita è nel vento. 
Respiro di vita - Kahlil Gibran
Dedico queste righe alla mia "maestra di respiro", a Simona (Jagat Kaur), non potrò mai dimenticare la qualità del respiro che mi ha insegnato.
Respiro: prima persona del verbo respirare (io respiro); oppure sostantivo maschile che significa "movimento ritmico di immissione ed emissione dell’aria per il quale si attua il processo della respirazione" recita il dizionario. Invece di dividerla nelle sue tre sillabe (re-spi-ro) proviamo così: res-piro, quando dico res inspiro, e quando dico piro espiro, trovandone un senso quasi onomatopeico o di armonia imitativa. Continuiamo a definire: "respiro è ogni singolo atto della respirazione", come un respiro lungo, lento e profondo per fare l’esempio che ben conosce chi pratica yoga. Poi il dizionario ci dà altri casi di uso di questo sostantivo: esalare l’ultimo respiro, per dire morire; tirare un respiro (o sospiro) di sollievo quando passa la paura o una situazione critica. Se invece diciamo che un’opera o un pensiero o un discorso è di "ampio respiro" vogliamo connotarne la sua complessità o profondità. E ancora il termine  è usato in senso figurato con il significato di "sollievo" e "tregua" (non ho un attimo di respiro). Per finire, il dizionario ci indica che musicalmente viene utilizzato come "Apostrofo che in uno spartito segnala al cantante o al suonatore di strumento a fiato il momento in cui può respirare senza interrompere la continuità di una frase musicale".
Abbiamo definito formalmente la parola che dà titolo a questa lettura che è solo una modesta introduzione a una serie di scritti che abbiamo chiesto di elaborare a "esperti" del respiro, se così li vogliamo chiamare: insegnanti di yoga kundalini e hata di differenti scuole, di taiji e qigong, botanici, pittori, musicisti, letterati ed altri che vorranno rispondere al nostro invito. Da "utente" cosciente del respiro, vorrei solo buttare giù un po’ di idee e stimoli,  forse anche ovvietà e banalità, in questo luogo virtuale che è il corrispondente fisico dell’associazione Erbamoly, ma che spero servano da impulso per ampliare il tema.
Esplorerò pertanto la questione "respiro" trattandola per piccoli spunti che saranno ripeto ben lungi dall'essere esaustivi, perché, come già abbiamo visto dalla definizione, si tratta di una parola che ha più significati e richiama alla mente varie cose: ritmo,movimento, polmone, gola, scambio, aria, naso, bocca, pelle, parlare, attività involontarie e cosciente, mondo interno ed esterno, inspirare ed espirare, ossigeno ed anidride carbonica, soffocare, primo respiro ed ultimo respiro, ridere, piangere, sbadigliare, diaframma e potremmo andare avanti all'infinito dal momento che parliamo di un attività primaria che dà origine e ne implica molte altre che riguardano dialetticamente il nostro corpo e il mondo in senso lato. Il respiro è un'attività  e una funzione che svolgiamo dalla nascita, la quale ne decreta l'inizio, e la portiamo avanti fino alla morte che s'identifica proprio con la sua fine. E' un atto imprescindibile pertanto dalla nostra esistenza. Chi non ha in mente la nascita di una nuova vita? Ancora prima di venire al mondo, il respiro della madre annuncia il suo arrivo, il ritmo del suo respiro va cambiando, per aiutare il passaggio del bambino il quale appena vista la luce, dovrà impegnarsi in pochi secondi a realizzare quest’attività e che con un grido o con il pianto ci segnalerà che si è attivato il suo respiro polmonare, il suo primo contatto con l’aria.
Ecco il contatto con il mondo, con la vita autonoma, fuori dal liquido in cui eravamo immersi. Nessuno ce lo insegna come fare, un urletto, un pianto, dicono faccia male, ma è un attimo, ed eccoci nel mondo: insieme all’aria arrivano gli odori, odore di madre, di latte. Ecco un nuovo ritmo si aggiunge al battito del cuore. Poi nel corso della vita il respiro è ciò che ci accompagna per sempre, è ciò da cui traiamo vita, possiamo stare senza mangiare o bere per un certo lasso di tempo, ma senza respirare possiamo starci pochissimo. Eppure è un’attività della quale spesso ce ne dimentichiamo. Ricordo che durante una conferenza che tenne a Roma Thich Nhat Hanh  molti anni fa, c’era un campanellino che ogni tanti minuti (ora non ricordo esattamente quanti)  tintinnava per ricordarci di respirare. Nella nostra vita, capita allora di riconoscere questa dimenticanza, e a quel punto cominciamo a pensarci, forse ne prendiamo una chiara coscienza. Ci pensiamo, ci chiediamo perché tante volte, la maggior parte del tempo di veglia della nostra esistenza, non ci rendiamo conto di respirare? Respiriamo male? Tratteniamo il respiro? Sì, spesso è così. A volte ci dimentichiamo di respirare. Ascoltiamo quello che lo stesso Thich Nhat Hanh ci dice con il titolo di una sua opera: Respira! Sei vivo.
Però a giustificare questa  nostra dimenticanza: "E’ difficile immaginare come sarebbe se, per esempio, dovessimo respirare sempre con una frequenza fissa respiratoria: non ci sarebbe quasi tempo di parlare o di assumere cibo" ( lt http://www.liberascuola-Rudolfsteiner.it/main/home/main.asp?mode=m3&ida=189). Ed è vero anche questo. Quindi, non ne facciamo un dramma se ci rendiamo conto che il nostro respiro non è sempre lungo, lento e profondo. Per ovviare alla mancanza di una giusta frequenza respiratoria c’è il nostro amico e alleato che è il sonno che aggiusta tutto, quando è sano. E’ nel sonno (se non abbiamo il raffreddore o il naso chiuso) che il respiro diventa naturalmente regolare e profondo. E, poi, abbiamo a disposizione le risorse verso le quali la nostra coscienza e conoscenza del respiro ci hanno diretto (yoga, qigong, meditazione, e così via). Ognuno sceglie ciò che gli è più congeniale per imparare a respirare meglio. Perché come già detto tutti respiriamo, è impossibile non farlo, nel momento in cui cessa tale attività moriamo, più semplice di così non può essere.
Proprio perché è semplice –è semplice vivere, è semplice morire- la respirazione è l’attività di cui nessuno può fare a meno, un semplice scambio, che ci accomuna a ogni altro organismo sul nostro pianeta. Molte delle nostre attività biologiche implicano lo scambio dialettico con il mondo, il dentro e il fuori, interno ed esterno:  "La funzione respiratoria ci riporta, anche su un piano psicologico, al tema del dare e dell’avere, del rapporto con l’esterno, del prendere e restituire con l’ambiente. L’organo dello scambio dell’uomo è rappresentato dal polmone che diventa quindi, in chiave simbolica il depositario delle vicissitudini di relazione dell’individuo." E ancora "Il nostro respiro rivela chi siamo e come viviamo, svelando eventuali resistenze e blocchi emozionali." (http://www.psicosomatica.org/pubblicazioni.php?id=8)
Quest'attività ci mette in un contatto potremmo dire alchemico con il mondo: convogliamo una sostanza (ari a) all’interno e attraverso una serie di organi: naso, bocca, faringe, laringe per cominciare; e poi attraverso bronchioli per passare attraverso la fitta via di  piccole cavità (gli alveoli) adibite allo scambio gassoso: acquisizione di ossigeno proveniente dall’esterno e cessione di anidride carbonica e vapore acqueo, giusto per dare un’idea molto basica di tutto ciò. I polmoni che hanno sede nella gabbia toracica sono costituiti di tessuto spugnoso ed elastico, si espandono durante l’inspirazione e si contraggono durante l’espirazione. 

Postura e diaframma
E ciò che li protegge e delimita che lateralmente sono le costole e in basso è il diaframma, muscolo a forma di cupola che separa gli organi della respirazione da quelli della digestione. Orbene, sarà intuibile che la nostra postura gioca un ruolo importantissimo per la respirazione e viceversa, respirare bene aiuta ad allinearsi. E il diaframma che importanza ha? Sappiamo che basicamente esistono tre tipi di respirazione: addominale, toracica e apicale. La prima, quella addominale, è quella che coinvolge il diaframma ed è chiamata appunto diaframmatica o vegetativa, ed è usata dal corpo in modo autonomo nel sonno (quella di cui dicevamo prima che ci riporta naturalmente ai nostri ritmi). Durante la veglia, noi umani, utilizziamo o la respirazione toracica o quella addominale; di rado quella apicale o clavicolare che coinvolge i muscoli delle spalle.  E’ intuibile quindi la misura di importanza che ricopre il diaframma e quali vantaggi riceviamo dal sapere usarlo e come imparare a sbloccarlo quando è bloccato. 
Ridere, piangere, sbadigliare
A questo proposito mi piace pensare a uno dei migliori modi per sbloccare questo muscolo ovvero la risata che è il più semplice e divertente esercizio di respirazione. E’ suscitato da una risposta riflessa (per esempio il solletico) o da una emotiva, a volte incontrollabile, dovuta a una situazione, battuta, lettura, a un pensiero, e ritengo che sia soggettiva. Fatto sta che è un tipo di respirazione molto liberatoria che coinvolge apparati muscolari e respiratori. "In termini organici il riso coinvolge, in maniera coordinata, gli apparati muscolare e respiratorio e si manifesta con una vera e propria scarica motoria. Tale scarica sollecita, progressivamente, l’impegno di tutta la muscolatura, volontaria ed involontaria, mettendo in azione i muscoli facciali, della laringe, i muscoli respiratori, il diaframma e molti muscoli dell’addome, del dorso e degli arti superiori ed inferiori. Il rilassamento, invece, che quando si ride si determina in molti settori muscolari è altrettanto involontario e può coinvolgere gli sfinteri. Il detto "pisciarsi addosso dal ridere", infatti, non è solo un modo di dire, ma una reazione assolutamente fisiologica". ( http://www.oloselogos.it/articoli-qigong/allenarsi-ridendo-fisiologia-del-ridere/). Chi non ricorda quei momenti trascorsi a scuola quando era impossibile smettere di ridere guardando un compagno, e dimenticandone anche la ragione, e alla fine che bella sensazione!  
Il ridere fa parte di quello che io definisco "respiro sano", ma anche il pianto è un modo di respirare, infatti si parla di pianto liberatorio tanto a livello emotivo che fisico. Altro respiro sano è quando pratichiamo attività come abbiamo detto riguardanti le discipline dello yoga, del taiji, del qigong, o altre attività fisiche dove siamo parte attiva, e impariamo a respirare e a liberare il nostro diaframma; o quando siamo parte passiva di un massaggio (shiatsu, ayurvedico, riflessologico), o quando ci viene praticata una seduta di reiki, e anche negli scambi di reiki dove siamo parte attiva e passiva al contempo. Questo lo sappiamo, e ce ne parleranno, come ho detto, gli "esperti".
Allo sbadiglio che ha un che di misterioso, gli si attribuiscono molte cause (sonno principalmente, fame, noia ecc.), ma l'effetto è quasi sempre quello di ossigenare meglio il cervello, in un sol "boccone" inghiottiamo tanta aria. Ed è simpatico il suo effetto sociale di contagio. Se avete una amico animale (cane o gatto per mia esperienza) quando vi incontra per casa o nel giardino come saluto fa uno sbadiglio, quindi questo comportamento empatico non si riferisce solo alla specie umana, ma anche alle altre.
E nel parlare di altre specie viventi segnalo ancora un mistero perché pare ancora non proprio risolto della respirazione, questa volta dei felini: le fusa. Da Wikipedia: "...Per fusa s'intende la produzione di un suono continuo che deve alternare il flusso d'aria polmonare in entrata ed in uscita di lunga durata".  E chi ha un gatto sa che quando fa le fusa è contento, e che per alcuni di noi umani ha un grande potere rilassante.
Camminare e correre
Camminare è un’altra attività molto semplice che naturalmente ci porta a respirare regolarmente. Che sia consapevole o meno, la camminata va fatta preferibilmente dove l’aria è più buona per ovvii motivi, seguendo la XIV prescrizione della famosa Scuola Medica Salernitana.
DE AERE
Scegli per abitar l’aere che sia
Lucido, non di nebbia oscuro intorno,
Non di vapori impuro, e non infetto
Da pestiferi effuvj, e da mal nati
Aliti di materie adre, e fetenti

Una camminata ci donerà naturalmente energia, se poi ogni tanto ci ricordiamo di respirare con consapevolezza, ancora meglio. Per approfondire:   http://www.sentierinteriori.com/breathwalk.html
A chi invece piacesse correre, ricordiamo che è necessaria una consapevolezza più stabile, conoscere il proprio corpo e sapere che tipo di sforzi si possono affrontare, secondo me, senza mai forzare la propria respirazione né andare oltre i propri limiti. E' naturale che queste attività correre, camminare, fare esercizio fisico all'aria aperta ha una valenza maggiore rispetto a farla in una palestra al chiuso.  Ad ogni modo ho visto gente correre lungo tratti della tangenziale a Roma, o in altri posti dove veramente non proprio salubri. Aria aperta quindi è bene come parchi, mare, montagna, campagna, è noto che in una pineta si respira bene, o vicino a un eucalipto, o sotto ad un tiglio ci si rilassa meglio. E qui non apriremo l'argomento del mondo vegetale, quello della sintesi clorofilliana, così complesso e meraviglioso che per ovvi motivi va trattata in altra sede , ma se uno vuole velocemente rinfrescare i ricordi al riguardo: http://www.elicriso.it/it/le_piante_come_sono_fatte_e_come_vivono/respirazione/).
Respiro malato
E se l'aria non è buona involontariamente immettiamo sostanze inquinanti respirandole ( http://www.europeanlung.org/assets/files/it/publications/outdoor-pollution-it.pdf), ma tante volte lo facciamo anche volontariamente (sigarette). Molte volte per queste e per altre cause il nostro respiro diventa malato. Delle patologie di carattere respiratorio sono in aumento principalmente nelle città o vicino a fabbriche che non hanno adottato le necessarie misure anti -inquinamento e in altri posti inquinati.
Tant'è vero che asma,  difficoltà respiratorie, sensibilizzazioni allergiche dovute a vari fattori, sono sempre più diffuse tra la popolazione. E' un argomento credo familiare a molti, perché spesso si ha un familiare, o un conoscente o sé stesso affetto da questi problemi. Queste forme patologiche del respiro in un eccesso di zelo, potremmo dire, da parte del nostro corpo, possono culminare con il temutissimo shock anafilattico. Il sistema immunitario sentendosi minacciato risponde in pochissimo tempo con la chiusura immediata e totale nei confronti del potenziale "nemico" (sostanze che teoricamente non dovrebbero causare alcun danno) arrivando ad impedire il respiro .
E' per questo che è da auspicare che si rispetti la vita sulla terra (vegetale, animale, minerale) e si dia il nostro impegno, a qualsiasi livello, affinché l'ambiente che ci circonda migliori, o per lo  meno non peggiori. 
La parola
Parlare è come cantare e viceversa, usiamo la voce che ha un legame inconfutabile con il respiro. Una frase è fatta di parole messe in fila una dopo l’altra, e quando parliamo emettiamo aria nelle pause del discorso, dei concetti, per riflettere, per sottolineare qualcosa; tali pause graficamente le segniamo con la punteggiatura. Mentre quando si parla inspiriamo. I bimbi quando ci vogliono raccontare tante cose insieme, non fanno pause e restano senza fiato. Cosa che può capitare anche ai non-bimbi per motivi di ansia, di emotività fino ad arrivare a problemi patologici, come la balbuzie, o c’è chi addirittura trattiene il fiato e non riesce a proferire parola in momenti di alto stress, di paura, o in presenza di forti emozioni. Anche qui una buona educazione della respirazione e dell'uso del diaframma aiuta tantissimo come sanno tutti quelli che devono parlare in pubblico, che hanno la necessità di farsi sentire, anche senza l’uso di un microfono (insegnanti, conferenzieri). E a tale scopo cito: "Quindi è fondamentale essere in grado di espirare correttamente, non nel senso di un controllo rigido e programmato, ma – al contrario – di consentire alla respirazione tutta la libertà di cui abbisogna. Lavoriamo per liberare e potenziare la respirazione, non per imbrigliarla. Quando parliamo non facciamo caso al respiro ed esso viene regolato naturalmente in base alle esigenze del discorso. Quando si parla in pubblico si tende a voler controllare la respirazione, rendendo il discorso difficoltoso e artificiale" http://www.parlareinpubblico.com/pdf/manuale.pdf
Paura
Voglio concludere con un concetto che spesso ripeto a me stessa: delle volte il gioco della nostra salute e del nostro respiro viene condotto dalla paura.  La paura ha un senso ben preciso che è quello di salvarci dai pericoli, e sappiamo che in sua presenza la nostra respirazione aumenta e delle volte si ferma. Delle volte però anche un pensiero, una proiezione futura, una situazione spiacevole, ma facilmente superabile attivano la nostra paura. e capita anche di vivere perennemente in sua  compagnia come se una bestia feroce ci stesse inseguendo. Se la paura altera il respiro, si può dire anche il contrario, attivando un buon respiro consapevole possiamo aiutare noi stessi a superare le paure. Allora, coccoliamoci un po’ con una buona tisana, annusiamo qualche buon profumo, ad esempio della lavanda, che ci rassicuri, facciamo due passi, magari con un amico a cui raccontare le proprie paure, e respiriamo. 
Questo per cominciare, poi periodicamente pubblicheremo degli interventi specifici per disciplina come già detto. Vi aspettiamo virtualmente e di persona.

Anna Lucia Stornaiolo   Selci, luglio 2014.





UNA STRADA IRTA DI OSTACOLI E PERICOLI – Parte I^

Srimad Bhagavatam - Canto 12 capitolo 5 versi 7, 8, 9 (parte dell'insieme Vedico considerato essenza del Bhakti Yoga o Yoga della Devozione). Verso 7: Una lampada compie la sua funzione soltanto per la combinazione del combustibile, del recipiente, dello stoppino e del fuoco. Analogamente la vita materiale, basata sull'identificazione dell'anima sul corpo, si sviluppa ed è distrutta per l'azione della vita materiale, della passione e dell'ignoranza, che sono gli elementi costitutivi del corpo. Verso 8: L'anima, all'interno del corpo, brilla di luce propria ed è separata dal corpo grossolano e dal corpo sottile invisibile. Essa resta come base fissa della mutevole esistenza corporea, così come il cielo etereo è lo scenario immutabile della trasformazione materiale. Per questa ragione l'anima non ha fine ed è al di là di qualsiasi paragone materiale. Verso 9: Mio caro re, meditando costantemente sul Signore Supremo ed applicando una intelligenza chiara e logica, considera attentamente il tuo vero sé ed il modo in cui è situato all'interno del corpo materiale. Questo può far meglio comprendere il concetto di dualità; noi riusciamo a crescere nel momento in cui, consapevoli della grandezza dell'anima, trasportiamo i suoi valori nella vita umana.

Nel  precedente incontro abbiamo parlato del significato della parola Yoga, dell’esperienza conosciuta e consapevole dell’unione del Sé individuale con il Sé Universale, con la Coscienza Universale o Infinita o Dio. Il  Kundalini Yoga con la sua tecnologia ci da la possibilità di lavorare attraverso l’iterazione dei tre sistemi: Corpo Fisico, Mente e Anima indifferentemente sul Sé inferiore o corpo fisico, Sé centrale o Sé esistente e sul Sé superiore. Più realmente andare ad abbattere la dualità che contrappone l’Ego all’Infinito a favore di una univocità che ci consente di fonderci con la Coscienza Universale e trasportare nella vita umana i suoi valori, valori che ci portano poi alla prosperità. 
Tralasciamo per il momento il concetto di dualità e di univocità che riprenderemo in futuro per concentrarci su quello che è il lavoro dell’esperienza della consapevolezza.
Abbiamo detto che un insegnante ci può trasmettere la tecnica, esperita la quale arriviamo a Gyan (conoscenza) che ci porta alla consapevolezza. Sembrerebbe molto semplice da realizzare ma non è così. I parametri della vita su questo pianeta prevedono per il raggiungimento degli obiettivi che ciascuno si pone, qualunque esso sia vuoi di lavoro o di crescita spirituale o di relazione interpersonale,  due fattori  ben precisi  che sono: Metodo e Disciplina. 
Se il Metodo ci viene conferito dall’insegnante, che accettiamo e che vincoliamo quindi a trasmetterci l’insieme di tutte quelle regole che ci rendono più idoneo il cammino, la Disciplina non può esserci conferita altri che dalla nostra Volontà e dalla sua capacità di interagire con la Mente e quindi governare il Corpo Fisico, assunto che la nostra Anima trasmette in collegamento con la Coscienza Universale quanto serve al nostro cammino terreno.
Il percorso intrapreso per il raggiungimento della crescita personale è irto di pericoli ed ostacoli, ma è comunque con precisione delineato e nel Kundalini Yoga viene identificato come:

LE CINQUE FASI SUL SENTIERO DELLA SAGGEZZA

Saram Pad – Lo stadio del Novizio

Karam Pad – Lo stadio dell’Apprendista

Shakti Pad – Lo stadio del Praticante

Sahej Pad – Lo stadio dell’Esperto

Sat Pad – La fase del Maestro

Yogi Bhajan e Gurucharan Singh Khalsa ci ricordano che ognuna di queste fasi ha delle qualità e specifiche differenti, la successiva non prescinde dalla precedente; proveremo a dare un piccolo assaggio delle loro specificità.
"La saggezza si acquisisce per fasi. Si impara lasciandosi alle spalle il vecchio e rischiando una avventura in territori sconosciuti. Quando inizi un viaggio in un territorio nuovo, una mappa ti da confidenza o almeno conforto per contrastare gli ostacoli che ti aspettano. Una mappa ti da speranza quando ti senti perso. Ti puo' ricordare di essere creativo e audace, dato che ci sono molti modi per raggiungere il tuo obiettivo."

Saram Pad – Lo stadio del Novizio - Siamo in "luna di miele",  quando coscientemente avviamo la relazione con il nostro spirito e con il nostro sentiero spirituale. Siamo felici. Abbiamo abbandonato il dolore del passato e percepiamo la freschezza di una nuova vita nel sentiero spirituale. Abbiamo trovato un maestro spirituale e un sentiero; percepiamo la benedizione di questi doni. In Saram Pad, l'insegnante incarna Gur, o "formula". In questa fase, lo studente ha bisogno di norme chiare e semplici. Tutte le eccezioni, i cambiamenti contestuali, e più complesse distinzioni vengono dopo. Occorre avere chiarezza  per i primi passi verso la maestria. L’insegnante non dovrebbe mostrare  perizia e maestria, dando troppi dettagli. Mantiene le cose semplici e porta gli studenti sulla strada che consente loro padronanza focalizzata.

Karam Pad – Lo stadio dell’Apprendista - In questa fase iniziamo il lavoro personale su noi stessi. Siamo divenuti consapevoli del lavoro, delle difficoltà e della crescita necessari per mantenere un profonda relazione con la nostra spiritualità. In  Karam Pad, l'insegnante incarna Guru, o "saggezza". Questa è la trasformazione di gu-oscurità, ignoranza  e le cattive abitudini in-ru o la luce, la conoscenza e le abitudini di supporto. Durante  Karam Pad pratichiamo la postura in molti kriya, in diversi momenti della giornata, in gruppi, da soli, per un tempo più o meno lungo, e così via. Acquisiamo esperienza e abbiamo bisogno di sapere quando pratichiamo male. Yogi Bhajan identifica in un bravo apprendista quello che definisce "subcosciente natura vigile" che contribuisce ad individuare le differenze delle situazioni passate che richiedono una eccezionale prontezza. La prontezza mette l’apprendista in uno stato accelerato di capacità di apprendimento e concentrazione e l’esperienza acquisita gli consentirà di affrontare nuove sfide sempre più complesse. Importante in questa fase è l’espletamento giornaliero della Sadhana (Sadhana = disciplina) che contribuisce a dare forza e stimolo per nuove attività. Come insegnante, è necessario essere attenti e dare allo studente una serie progressivamente crescente di sfide. L'errore peggiore che un apprendista  può fare è quello di imporre a se stesso una esperienza più avanzata, deve invece  utilizzare i propri sensi, le qualità mentali, e le qualità emotive (Guna e Tattva) per trovare la strada verso la padronanza di sé. Gli vengono offerte sfide e situazioni che lo aiutano a coltivare l’esperienza, oltre la zona di comfort, che facilitano la formazione della comprensione attraverso la pratica.

Shakti Pad – Lo stadio del Praticante – La prova del 9! Questa è la più cruciale, transitoria e impegnativa di tutte le fasi. Le scelte fatte qui, le trasformazioni che si verificano, determinano se il praticante progredirà verso la maestria, rimarrà al livello di apprendista oppure abbandonerà del tutto lo studio. L’insegnante interpreta il ruolo di Sat Guru – Insegnante che confronta lo studente, regole e modelli di regole, da consigli e raccomandazioni  E’ lo stadio in cui può avvenire sia la trasformazione che l’interruzione. Nelle discipline spirituali Shakti Pad è conosciuta come la prova dell’ego o la prova del potere. E' facile dimenticarsi di noi stessi in questa fase e rimanere ipnotizzati dalla soddisfazione e dal potere delle capacità che abbiamo ottenuto. Abbiamo imparato le tecniche di pranayama, le asanas e la filosofia ma mettiamo da parte l’umiltà ed il nostro ego ridondante ci fa perdere di vista lo scopo dell’inizio del nostro cammino, crediamo di sapere tutto e poter fare tutto, pensiamo di essere i primi della classe e ci piace primeggiare ed essere riconosciuti per questo. E’ qui che inizia la sfida per mantenere intatti i valori, per dare priorità alle nostre scelte, per stabilire cosa sia importante e cosa no. Ciò vuol dire non abbandonarci ai molto facili "effetti speciali" (che piace sentire e dimostrare) e non essere succubi quindi delle emozioni. Questo stadio è simile a quello dell’adolescenza, pronti a sfidare le regole, a tesserne di proprie e ad agire secondo nuovi modelli; uno stadio creativo che porta ad agire e scegliere senza accettare le responsabilità, agire senza impegno. Molti praticanti  credono di poter e saper trasmettere; ogni correzione dell’insegnante, che giustamente deve rispecchiare quanto espresso dal praticante, pur se effettuata con grazia viene spesso percepita, se non analizzata con le tre menti (negativa, positiva e neutra) come una denigrazione e quindi perdita di fiducia in se stessi. "Un praticante che non passa la prova della Shakti Pad nega l’insegnante o mentore. E’ pieno di dubbi circa il valore di ciò che ha fatto fino a quel momento e dubita della saggezza dell’insegnante. Nella via dello Yoga molti studenti lasciano la via a questo punto perché sentono che alcune parti di loro sono state negate o rifiutate dai loro propri primi sforzi. Altri acquisiscono un ego spirituale ed immaginano di essere completi sebbene l’insegnante e gli insegnamenti li mettano in guardia rispetto ad una simile posizione. Altri scompaiono lentamente perché decidono di essere l’eccezione alla regola e di non aver più bisogno di seguire la disciplina originale". Ecco la sfida, il praticante continuerà nel lavoro su sé stesso se accetterà e capirà, se correggendo le inclinazioni si  abbandonerà alla via ed emergendo con forza  acquisirà potere irremovibile per continuare lo studio sino alla meta; altrimenti è destinato a lasciare e rivolgersi ad altre attività, magari meno impegnative dal punto di vista spirituale dove può esprimere i propri "effetti speciali"; l’ego avrà vinto la battaglia contro lo spirito!

Sahej Pad – Lo stadio dell’Esperto - E' una gioia! La fase della facilità, dell'equilibrio, della grazia, quando ogni cosa va per il verso giusto. Prendiamo una decisione ed essa si manifesta. la forza creativa serve spontaneamente i nostri bisogni così come noi siamo allineati con il nostro destino. Intuiamo cosa serve al momento quindi lasciamo lo spazio affinché  gli strumenti e la prosperità possano operare così come si manifestano al momento. Godiamo del gioco della vita mentre il Guru o Dio o la Coscienza Universale lavora a muovere la nostra coscienza. In questo stadio lo studente sviluppa  la capacità di sapere e definire cosa esattamente serve a completare un’opera, quindi se cambiare atteggiamento o direzione, senza che abbia bisogno di sviscerarla in singoli componenti e  questo si chiama Intuizione. Gurucharan Singh ci ricorda che: "Nella maggior parte delle discipline , come le arti, la chimica, la matematica, la musica e l’insegnamento sono necessari dai 7 ai 10 anni per costruire la base di esperienza per passare attraverso lo stadio dell’apprendimento dell’esperto ed avere l’opportunità di diventare Maestro. Gli studenti hanno bisogno di pazienza e di un’attitudine di servizio alla causa più grande. Questa attitudine ad ampio raggio è chiamata Seva". In questa fase quattro sono le componenti essenziali utilizzate dallo studente: 1) La profondità del processo; 2) La classificazione complessa dei riferimenti interni; 3) L’arricchimento sensoriale di intuizione e di percezione dell’intero modello; 4) Insegnamento delle abilità agli altri. Pertanto lo studente eseguirà la posizione di yoga con la consapevolezza di tutti i cambiamenti interni che essa produce, la metterà in confronto con le altre posizioni; la sperimenterà in rapporto al suo significato ed alle forme di meditazione; "L’esperto stabilisce il suo atteggiamento nei riguardi del corpo come di un mezzo sacro". "L’esperto impara insegnando. Per avere veramente la maestria di qualcosa dovete insegnare. Questo stadio richiede che voi comunichiate e condividiate ciò che avete studiato con altri. Negli affari ciò significa insegnare ad una persona più giovane o con meno esperienza. Questa è una azione potente che insegna allo studente a coltivare il non attaccamento al compito o perizia. (Rivolto agli insegnanti) Ciò deriva dal fatto che voi date qualcosa, che innestate in altri". L’insegnante è Siri Guru, colui che insegna attraverso ingiunzione e dimostrazione.

Sat Pad – La fase del Maestro – La fase della Verità o Realtà; è rara e non ottenuta da tutti. In questa fase non c’è distorsione proveniente dall’implicazione di ego. La consapevolezza è inscindibilmente legata all’azione, la focalizzazione è costante, c’è fusione con il Sé reale nel tempo e nello spazio. "Egli porta con se una qualità di neutralità coinvolta. L’apprendista Maestro usa una mente neutra. La capacità intuitiva non è solo la percezione del tutto ma un fondersi nella situazione, compito, oggetto o persona. Ci manca una buona parola in inglese per questa capacità speciale. Yogi Bhajan l’ha chiamata consapevolezza comprensiva, comparativa, intelligente, intuitiva. Forse possiamo semplicemente chiamarla uso della Volontà…omissis…Volontà in questo contesto significa l’azione intuitiva che emana dall’intera persona in risposta alla situazione totale. Non è forzata. E’ spontanea ma non impulsiva. E’ creativa, giocosa e completamente reale". L’insegnante è Wahe Guru, modello che è impegnato con i compiti, che usa l’intuizione, la creatività e la spontaneità per rispondere unicamente ad ogni singolo studente esperto.
Ci sarebbe ancora molto da scrivere, specialmente per quanto concerne l’ultima fase, ma non è questo il momento e la sede, nel senso che interessava essere quanto più possibile stringato nella specifica del percorso di un praticante di Kundalini Yoga, rendendo comunque abbastanza semplici dei concetti che chiaramente non proprio lo sono. Nella seconda parte continueremo sviscerando implicazioni ed errori.

Wahe Guru Singh





LO YOGA, IL KUNDALINI YOGA ED IL RUOLO DI INSEGNANTE



Sat Nam,
prendo spunto dalla mail di Bir Akal Singh per rivolgere ai cari associati Erbamoly alcune parole ed esprimere così quelli che sono concetti fondamentali nello Yoga, quindi nel  Kundalini Yoga e nel ruolo dell’insegnante. Naturalmente ciò non rappresenta un saggio né tantomeno vuole avere la presunzione di esprimere la complessità di tutto ciò che circonda la parola “Yoga” ma solo alcune indicazioni per l’uso; tantomeno per quello che riguarda il ruolo dell’insegnante. In questo naturalmente verranno in aiuto le parole che Yogi Bhajan ha pronunciato in diversi discorsi e riportati in corsivo.
Iniziamo da: Yoga; che cosa è lo Yoga? Molti pensano che sia il compendio di posizioni fisiche utilizzate per il rilassamento e la salute, altri che sia una religione e numerose altre cose ma in realtà noi ci siamo sempre detti che lo Yoga è l’unione del Sé individuale con il Sé Universale. In merito riporto le parole di Yogi Bhajan:
“Alcuni pensano che lo yoga sia una religione. Altri pensano che sia per la vitalità e la salute. Altri ancora pensano che sia per sviluppare la personalità. In verità si tratta di malintesi. La parola yoga per come la possiamo capire noi in Occidente, deriva da una parola biblica: giogo. L’originale sanscrito è jughit. Possiamo definire lo yogi come una persona che trova totale fondamento e sostegno nella Coscienza Universale, cioè in Dio. Yoga è l’unione della coscienza dell’unità individuale con la Coscienza Infinità. Questo è tutto quel che vuol dire. Secondo gli insegnamenti classici, che lo si sappia o meno, il sé potenziale è infinito. E di fatto ogni mente umana appartiene all’Infinito e alla Creatività. Ma nelle azioni pratiche è limitata. Così si rendono necessarie delle conoscenze tecniche con cui l’uomo  possa espandere le  proprie facoltà mentali per raggiungere quell’equilibrio necessario per controllare la struttura fisica e avere esperienza del suo sé infinito. Questo è, in parole povere, tutto quel che vuol dire yoga”.

In effetti il nostro essere è costituito dall’insieme di  differenti aspetti:

- Il Corpo Fisico. Sistema complesso autorigenerante di ossa e carne, sistema nervoso,  sistema circolatorio, sistema endocrino, sistema cardio-respiratorio e cervello. Ci è stato donato e dobbiamo saperlo mantenere in equilibrio senza danneggiarlo ed è per questo che ha bisogno di cura, pulizia e di una buona dose di comprensione del suo potenziale per mantenerlo longevo, in primis con una attenzione particolare per il cibo, affinché possa esprimere al massimo il suo potenziale: “…controllare la struttura fisica ed avere esperienza del Sé infinito”. Sono le tecniche dello yoga ed ogni suo singolo esercizio che ci danno la possibilità di avere la conoscenza e la consapevolezza del tempio in cui l’Anima si è calata: “Dovete essere capaci di tenerlo al livello di coscienza che avete scelto così che vi possa servire sempre meglio, senza crearvi un mucchio di problemi.… Noi tutti vogliamo aver una buona salute. Molta gente pensa che ci ammaliamo perché non sappiamo fare di meglio. Io non credo che ci sia gente che non vuole essere sana. Però so anche che in realtà ci ammaliamo. Certo, talvolta ci ammaliamo. Ci sono due tipi di malattia: l’intenzionale e la non intenzionale. La malattia intenzionale è quando sappiamo che ci stiamo ammalando e accettiamo di ammalarci. Io ho spesso delle malattie intenzionali e lo so. Pensate che un uomo della mia consapevolezza sia un idiota se per diciotto giorni non dorme mai? Non sono consapevole che mi sto mettendo nei guai? Ci sono anche malattie non intenzionali. Per queste ho molta compassione. Non sappiamo come mangiare, come digerire, come vivere, come avere cura di questo corpo e non ci preoccupiamo che le nostre ghiandole funzionino o che il nostro sistema nervoso sia a posto. Non possiamo controllare se il sistema di pulizia sia perfetto o se riposo e attività siano in equilibrio. Questa è inconsapevolezza”.

- La Mente. “Se l’orizzonte del pensiero e della comprensione, della tolleranza e della pazienza è limitato, e se la mente non funziona in modo così bello da poter vedere l’invisibile, e comprendere le conseguenze delle azioni, è praticamente impossibile vivere una vita felice”. La struttura mentale è necessaria per comprendere ed essere consapevoli di ciò che siamo e dove vogliamo arrivare. Spesso la struttura della società attuale ci porta ad essere sottomessi alla pressione del tempo e se il nostro sistema nervoso non ha la capacità di assorbire e digerire quanto portato alla nostra attenzione allora abbiamo due sole alternative: ricorrere all’ausilio di uno psichiatra e/o di qualcuno che faccia la sua vece o ricorrere al Sé Universale, ovvero Dio colui che Dona, Istruisce ed Oppone. In merito Yogi Bhajan ci ricorda: “Dio non è un tipo che se ne sta nel settimo cielo alla testa del tempo a guardarti. E’ il principio attivo. E’ l’Infinito all’Infinito in relazione con la creatività totale. Attraverso il suo cambiare tutto succede. Abbiamo subito un lavaggio del cervello, ma questo punto deve essere compreso chiaramente. Diciamo sempre: “Quando prego, Dio verrà”. Ma cos’è la preghiera? Voi create un effetto vibratorio, questo va nella creatività infinita attorno alla vostra psiche, e la risposta viene e si esprime sotto la forma dell’energia di un lavoro compiuto. Allora dite: ”Bene, la preghiera funziona”. E’ solo la vostra mente che ha il potere di concentrarsi e di lavorare con questa bellezza”. Nell’ultimo intensivo parlammo in effetti della mente e delle sue capacità e delle iterazioni con la Mente Universale e l’Infinito.

- L’Anima: “Come nessuna lampada può bruciare senza alcool metilico dentro, così nessuna vita può esistere senza un rapporto con lo spirito dentro di essa. Lo spirito ha diversi significati, toni e aspetti. Se c’è in esso un filo centrale, non è altro che un flusso centrale di energia cosmica. Nel Cattolicesimo lo chiamano Dio, nello yoga Energia Cosmica. Il significato è esattamente lo stesso”.
Cosa dire di più?
Kundalini Yoga significa consapevolezza! “Di che cosa” si potrebbe chiedere, la risposta non è difficile anche se complessa nella sua espressione: “Della relazione con l’Infinito portata al finito”. Noi possediamo una energia statica che solo parzialmente utilizziamo, appunto la Kundalini; l’utilizzarla nella sua completezza significa poter aver la consapevolezza del nostro rapporto completo con L’Infinito o Dio o Energia Cosmica e va da se che in quella dimensione, pur rimanendo consapevolmente umani, nulla può mancare.
Utilizzando appunto la tecnologia del Kundalini Yoga, con l’iterazione dei tre sistemi appena elencati: Corpo Fisico, Mente e Anima abbiamo la possibilità di lavorare indifferentemente su quelli che identifichiamo come:
- Sé inferiore o corpo fisico.
- Sé centrale o Sé esistente.
- Sé superiore.
Mettere in relazione i tre aspetti: corpo, mente e anima non è così semplice; nel gioco subentrano diversi fattori che possono ostacolare la nostra consapevolezza. Un giorno, a lezione da Guru Jiwan Kaur, lei ebbe a dire: “L’Anima insieme alla volontà controlla la Mente e la Mente controlla i muscoli (leggi Corpo Fisico)” ed è quello che spesso ripeto nelle classi in particolar modo quando il lavoro da fare è complesso e/o sfidante per il corpo fisico. Spesso la mente non ne vuol sapere di essere subordinata alla nostra volontà, utilizza tutte le sensazioni possibili, immaginabili e non, per poter evitare di comandare  un determinato lavoro; il nostro Ego interviene e ci dice di non farlo perché ci stiamo danneggiando ma in realtà stiamo solo utilizzando in modo appropriato la tecnologia che ci consente di essere consapevoli della nostra potenzialità e questo è il Kundalini Yoga.
Altre volte avvisiamo resistenze a livello mentale a vibrare un mantra, una vocina dentro di noi ci dice di non farlo ed è esattamente la stessa cosa appena descritta.
Lavorare attraverso questi aspetti, quindi con il Kundalini Yoga, vuol dire avere la possibilità di riconoscere i propri limiti, identificare le cause del nostri malesseri fisico e/o mentale che siano, lavorare specificatamente e consapevolmente su questi al fine di risolverli ed avere una vita felice… e non è poco! D’altronde la consapevolezza non diventa tale se non attraverso l’esperienza della tecnica, l’esperienza indotta ovvero quella provata da altri ed insegnata è solo tecnica, a nulla serve se non ne facciamo esperienza e solo in questo modo acquisiamo Gyan (conoscenza) che ci porta alla consapevolezza.
In tutto ciò di grande rilevanza è il ruolo dell’insegnante, così come in tutti gli aspetti della vita e qualsiasi attività.
L’Insegnante è una persona che quando si siede per insegnare si estranea completamente dagli attaccamenti della vita umana (o perlomeno dovrebbe farlo) scorporando il proprio ego dall’essere e posizionandolo idealmente al proprio fianco al fine di non farlo interagire. All’atto della connessione mentalmente rinnova il suo giuramento: “Io non sono una donna, io non sono un uomo. Io non sono una persona, io non sono me stesso, io sono un Insegnante", pertanto uno dei suoi compiti è quello di fungere da canale di trasmissione degli insegnamenti del Kundalini Yoga.
Un altro importante punto da sottolineare è l’impegno assunto di elevare l’altra persona: “Un Insegnante è colui che purifica una persona per aiutarla a guadagnare l'esperienza della sua propria purezza, identità, infinità, realtà, totalità, forza e pietà. Una volta che servi e tocchi uno studente in un modo molto puro con integrità e innocenza, tu elevi e dai a lui la sua esperienza interiore, non la tua. Gli studenti sosterranno questa elevazione e ti saranno grati per sempre. Essi godranno la vita in profondità perché la loro percezione e la loro capacità diventa più grande con il Kundalini Yoga”.
Ed ancora: “Tu pensi che un Insegnante non faccia nulla. In realtà non accade nulla senza un Insegnante. Una persona che non dispone di un Insegnante non ha vita. Qualunque siano la portata, la frequenza e in ultima analisi lo standard del tuo Insegnante, saranno i tuoi. In caso contrario, c'è un insegnante permanente chiamato Signor Tempo. La psicologia di un Insegnante è che lui o lei è un veicolo, una persona che ha completamente dissolto se stesso o se stessa per lasciar fluire il nettare della vita per alimentare un altro essere umano; in modo che quell'essere possa comprendere l'amore e la realizzazione dell'Infinito senza alcun riferimento alla paura”.

Chiaramente l’impegno comporta responsabilità e la responsabilità porta alla verità. Anche se con gentilezza spesso l’insegnante è costretto a mettere il dito nella piaga dello studente; sempre Guru Jiwan Kaur in una classe ci disse: “L’insegnante è uno specchio, rimanda ciò che viene trasmesso dallo studente”. Niente di più vero ma se è vero che il compito dell’insegnante è quello di fungere da sollevatore  portando lo studente fuori dal pantano dove si trova allora nulla può essere taciuto.
L’accondiscendenza non fa crescere, nasconde soltanto il problema: “Mai dire qualcosa che piace o si adatta solo al momento presente. A volte devi dire cose che sono offensive e molto, molto dolorose. L'unica cosa che puoi fare è dirle con un sorriso. Un insegnante è responsabile della crescita dello studente. Tutte quello che uno studente può fare è accettarti come Insegnante. Questo  è. Sei bloccato. Da allora in poi egli non ha alcun obbligo se non l'obbedienza. Se vedi il tuo studente che sta facendo male e non hai il fegato o il coraggio di dire: "Stai facendo un lavoro sporco, idiota. Stai per finire all'inferno", hai preso una cantonata, lui no.  … omissis…. Quando uno studente ti accetta come Insegnante, hai l'obbligo di vedere che la sua morale, l'etica, e la sua comprensione diventino Infinite, non universali. E' solo sotto le circostanze Infinite che la persona sarà gentile e compassionevole, coraggiosa e nobile, gentile e generosa. Puoi solo ottenere questo, essendo diretto. In altre parole, qualunque cosa avete da dire psicologicamente, ditelo semplicemente, direttamente e con un sorriso, non importa quanto brutto è”.
In definitiva Yogi Bhajan ci dice: “Quindi per favore ricorda, non importa quanto bello appari allo specchio, sia per il fidanzato o la fidanzata, per il marito e i parenti o per il tuo ambiente. Ma, come Insegnante, devi guardare ad un solo impegno: sei un carrello elevatore per quello spazio, per quel tempo, per quella persona che è davanti a te. Non c'è niente di sbagliato nell'emozionarsi, nel commuoversi, nell'arrabbiarsi qualche volta e gridare al fine di fare una cosa - il tuo compito è quello di mantenere la persona sveglia. Tutto qui. E' lo yoga della consapevolezza. Tienilo sveglio”.

Un altro aspetto che Yogi Bhajan tratta nei suoi discorsi agli insegnanti è lo scambio energetico; in merito lui afferma: “«Se vieni a mani vuote, andrai via a mani vuote». C'è una strada a pedaggio nel Kundalini Yoga. Prima paghi, poi entri, «Itarashtam kashtam tithar». Se mai dovessi arrivare a mani vuote, andrai via a mani vuote. E' una legge che non dovrebbe mai essere infranta. Potresti condividere gratuitamente (gli insegnamenti, ndr) ma non ricevere mai lo studente a mani vuote, questa è la legge. Uno studente non deve venire da te a mani vuote. Egli può portare una foglia o può portare un milione di dollari. Ma lui non deve andare da un Insegnante senza un'offerta. Se una persona arriva a mani vuote, può stare lì per sei ore e fare tutti i tipi di yoga, ma nel momento in cui esce da quella porta, se ne andrà a mani vuote”.

Chiudo qui quello che può essere e/o diventare un inizio di trasmissione di conoscenze acquisite nel corso degli anni di esperienza nel Kundalini Yoga. Naturalmente il compendio di tutto quello che Yogi Bhajan ci trasmette sull’argomento in oggetto non è certo riconducibile a queste poche parole tracciate ma rappresenta comunque un inizio di trasmissione.

Wahe Guru Singh


 
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