Le recensioni on line di Gabriella
 
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     Paolo Facchinetti "L'apocalisse sul bondone" Edizioni Limina
    AA. VV "Cavanna" Edizione Ediciclo
    Tim Krabbè "La corsa" Edizione Marcos y Marcos
    Ivan Illich "Elogio della bicicletta" Edizione Bollati e Boringhieri
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    Recensione di Gabriella Bona (gabri.bona@libero.it)
       
      
    Charly Gaul, non a caso conosciuto come "Angelo della pioggia", arrivò in maglietta e calzoncini, Arrigo Padovan indossando il giaccone di pelle di un meccanico e il cappello che aveva sottratto a un alpino; da Merano erano partiti in 87 e c'era il sole, poi la pioggia, il vento, la neve e la grandine sconvolsero, l'8 giugno, la diciottesima tappa del Giro d'Italia del 1956: si ritirarono in 43, la maglia rosa di Pasquale Fornara (uno dei ritirati) passò a Gaul che la portò fino a Milano ma, soprattutto, quella conclusa sul Bondone, rimane la tappa più difficile, più assurda e, per molti versi, più oscura della storia del Giro. Quando le condizioni atmosferiche si fecero impraticabili, anziché interrompere la tortura, gli organizzatori decisero di proseguire ma, rendendosi conto che in quelle condizioni rischiavano di vedere all'arrivo soltanto tre o quattro atleti, tollerarono le più incredibili scorrettezze, chiedendo loro stessi che i ciclisti fossero aiutati ad arrivare in vetta, per poter avere un numero decoroso di partenti alla tappa successiva. Paolo Facchinetti, in "L'Apocalisse sul Bondone", raccogliendo dopo mezzo secolo le testimonianze dei protagonisti dell'avventura del Bondone, ci offre un quadro appassionante e pauroso di un ciclismo tornato ad essere, per un giorno, "eroico". 
    Chi dice Cavanna dice Coppi. Biagio Cavanna, il massaggiatore cieco che seppe leggere con le mani l'eccezionale struttura fisica del Campionissimo. È stato ciclista e pugile, prima di diventare massaggiatore ed essere vittima di un incidente che lo rese cieco e la sua storia è raccontata da giornalisti, artisti e dalla figlia Ada nel bel libro "Cavanna". I campioni che ha allevato nella sua casa di Novi Ligure, l'amore per il ciclismo, il carattere forte e burbero, l'incredibile capacità di vedere con le mani e un intuito eccezionale: "Gli sembrava che Coppi pedalasse storto - racconta la figlia Ada - allora lo portò dal calzolaio, gli fece mettere una tacchetta sotto la scarpa e così, senza neanche vederlo, gli raddrizzò la posizione in sella". Sergio Fattori parlò di "mani di un grande pianista all'affannosa ricerca di un accordo". Riuscì a far suonare a quei muscoli splendide sinfonie. Il libro è corredato da un'ampia e bellissima galleria fotografica. 
    Tim Krabbé, autore di "La corsa", alla bicicletta è arrivato intorno ai trent'anni, troppo tardi per diventare un campione. Prima c'erano stati soltanto scacchi e libri. Ma dopo aver incontrato il ciclismo, che definisce "lo sport della pazienza", comincerà a partecipare a infinite gare, fino a raggiungere una cifra che si avvicina a seicento. "La corsa" racconta il Giro del Mont Aigoual, con i 1567 metri della cima più alta delle Cévennes, i centoquaranta chilometri che si snodano tra rettilinei, curve, salite, discese, pensieri e sogni, ricordi e tattica, piacere e sofferenza, amicizie e sfide, storie e storia del ciclismo e un unico obiettivo: vincere questa corsa. 
    Inizia con le parole di José Antonio Viera-Gallo, sottosegretario alla Giustizia del governo di Salvador Allende: "Il socialismo può arrivare soltanto in bicicletta", il breve e appassionato grido d'allarme di Ivan Illich: "Elogio della bicicletta" spiega con sorprendente lungimiranza - è stato redatto per la prima volta come articolo nel 1973 - i rischi di una società sempre più veloce e sempre più dipendente dal trasporto motorizzato. Più i mezzi sono in grado di coprire grandi distanze in tempi rapidi, più il mondo deve essere adattato per permettergli di viaggiare, togliendo spazio a tutte le altre attività umane. I mezzi veloci rapinano tempo e denaro visto il grande e dispendioso lavoro dedicato all'industria delle strade, dei motori, dell'estrazione dei carburanti. Fanno aumentare gli incidenti e i morti, sulle strade e sul lavoro. Creano una sempre più forte distanza tra chi può usufruirne e la grandissima maggioranza che non può raggiungerli. Non è quindi, sostiene Illich, urgente studiare carburanti ecologici per ridurre l'inquinamento, ma ridurre la velocità. E quale mezzo permette di potenziare la velocità umana senza inquinare, senza necessità di strade enormi, senza occupare che un minimo spazio, che permette di vivere veramente la città e gli spostamenti? La bicicletta, naturalmente, che permette di arrivare quasi ovunque, senza bisogno di speciali strutture, e... di vincere le guerre: "Nel Vietnam un esercito superindustrializzato ha cercato di domare, senza riuscire a batterlo, un popolo che si muoveva alla velocità della bicicletta". 
           
    gabriella bona 
      
 
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