Furio Zara "Bidoni" Kowalski
Editore
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Recensione
di Gabriella Bona (gabri.bona@libero.it)
Di qualcuno non è rimasta traccia neanche nella memoria degli
addetti ai lavori. Di altri si è conservato un ricordo che non ha
alcuna attinenza con il motivo per il quale erano venuti in Italia: giocare
a calcio.
Furio Zara ha riesumato cento storie di “campioni in teoria, brocchi
di razza, guitti, avventurieri e giullari del calcio italiano dal 1980
a oggi”: da Aaltonen a Zavarov, provenienti dal Sud America, dall’Asia,
dall’Africa, dai paesi dell’Est europeo, meteore sui nostri campi, soldi
spesi per assicurarsi quegli stranieri che ogni squadra importante doveva
avere.
C’è chi si è fermato un giorno, come Axel Smeets: arrivato
al Torino, di fronte alla foto di Paolo Pulici chiese: “E quello chi è?”
Non ci mise molto Renato Zaccarelli a indicargli la porta di uscita il
giorno stesso della presentazione ufficiale. Smeets condivide il record
negativo con l’argentino Gorostidi, un giorno alla Reggiana. E c’è
chi di squadre italiane è riuscito a collezionarne sette: Florian
Myrtaj ha giocato nel Sassuolo, nel Reggiolo, nel Teramo, nell’Alzano,
nel Cesena, nel Verona e nel Catanzaro. E chi se lo ricorda?
Alcuni sono stati campioni, prima di arrivare in Italia: Jardel aveva
vinto la Scarpa d’oro ed era stato quattro volte capocannoniere in Portogallo,
Kanchelskis “aveva fatto sfracelli per quattro stagioni nel Manchester
United”, Rivaldo “ha fatto faville in Spagna”, Rush di reti “con la maglia
del Liverpool ne fece più di duecento, diventando un idolo di Anfield
Road”, Stoichkov aveva vinto “quattro scudetti, quattro Supercoppe e una
Coppa dei Campioni con il Barça, Scarpa d’oro nel 1988 e nel 1989,
Pallone d’oro nel 1994”. Ma l’aria italiana non era adatta a loro e le
speranze di dirigenti e tifosi si spensero presto. C’è chi è
rimasto famoso per essere stato il primo squalificato con la prova televisiva,
come Ba, chi come il brasiliano Edmundo per essere stato “il primo calciatore
della storia a finire in galera tutte le sere e uscire la mattina per andare
ad allenarsi”, chi come Gascoigne per le risse e le bevute, chi come Hedman
per una moglie bellissima che“faceva la popstar per mestiere e la pornostar
per vocazione”, chi si spacciò per il nuovo Maradona, il nuovo Gullit,
il nuovo Van Basten.
Ironico e talvolta feroce, Zara racconta, qualche volta con affetto
e simpatia, i deliri dei presidenti di club – ci sono quasi tutti, dalla
serie A alle serie inferiori – attraverso i loro incauti acquisti. Poi
succede che il campione si dimostri un clamoroso flop, che Tuta segni un
gol che non avrebbe mai dovuto fare, che Maldonado dia il via alla minicalciopoli
– se paragonata a quella dell’anno successivo – dell’estate 2005. Ma anche
questo fa parte della storia del calcio e il giornalista del Corriere dello
sport-Stadio, premio CONI-USSI 2004 e premio Beppe Viola 2005, tenta di
mettere un argine alla memoria troppo corta tipica di molti appassionati
di calcio.
gabriella bona
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