Paolo Grassi "La mia guerra"
Albalibri Editore
Commento di
Gabriella Bona (gabri.bona@libero.it)
Ogni giorno leggiamo sui giornali
e vediamo in televisione la guerra: notizie, immagini, commenti: Ma che
cosa vuol dire vivere mentre intorno la gente muore, scompare, viene torturata,
mentre le bombe distruggono case, fabbriche, infrastrutture, vite, mentre
la gente fugge dalle città, con le poche cose indispensabili, per
cercare rifugio in campagna o in qualche paese più sicuro? E che
cosa vuol dire vivere la guerra negli anni dell'adolescenza, quegli anni
difficili e delicati che hanno bisogno di pace e tranquillità perché
si creino le condizioni per una vita adulta matura e serena?
Il "diario di guerra" di Paolo Grassi,
classe 1930, scritto tra il 1940 e il 1945, ci dà molte risposte,
ci aiuta a vedere con gli occhi di un ragazzino milanese il dramma personale
e collettivo di una vita pericolosa, la perdita degli amici, la nuova vita
lontano da casa, la dittatura e quelle cose, tante, tantissime, che un
ragazzino non riesce a interpretare, vedere, dire. Un ragazzino, come scrive
nella prefazione il figlio Davide, "costretto dagli eventi a crescere troppo
in fretta".
Eppure dal libro, scritto in quegli
anni bui e riscritto durante la pensione, emerge anche una prepotente voglia
di vivere i propri anni, con i giochi, i divertimenti, gli scherzi, i primi
amori che riescono a trovare spazio, anche se poco, anche se conquistato
faticosamente, in mezzo a situazioni drammatiche.
"A colpire maggiormente - è
ancora Davide a scrivere - è proprio lo stridente contrasto tra
il desiderio di quotidianità [...] e la necessità di affrontare
situazioni sconvolgenti".
È il 1941 quando a Paolo
viene consegnato un moschetto, perché cominci il suo addestramento
militare: un bambino di undici anni che vorrebbe pensare soltanto all'Ambrosiana
e a Bartali ma che, con ironia, ci racconta le automobili e gli autobus
a carbonella, gli orti nei parchi pubblici della città, i dromedari
dello zoo utilizzati nei lavori agricoli, le mille assurdità del
regime fascista e della guerra.
Un libro per tutti ma destinato
soprattutto ai ragazzi che possono imparare la storia da un "coetaneo",
con le parole e lo stile più adatti a loro.
Il libro è stato curato dalla
moglie e dai figli: Paolo Grassi, dopo essere sfuggito a tanti bombardamenti,
è morto nel 2005, investito da una macchina. Un vero peccato non
poterlo ringraziare, non poterlo pensare nelle scuole mentre racconta "la
sua guerra".
gabriella bona
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