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    Giuseppe d'Onofrio "Buon sangue non mente" Edizioni minimum fax
    Il processo alla Juventus raccontato dal ‘grande nemico’ 
     
    Recensione di Gabriella Bona (gabri.bona@libero.it)
      
      
    Farmaci usati per scopi diversi da quelli per cui sono stati ideati e indicati, emoglobine che salgono e scendono in modo misterioso, esami eseguiti con frequenze sospette, quantità di medicinali assolutamente esagerate, integratori, antidepressivi, antinfiammatori e antidolorifici somministrati senza prescrizione e spesso senza apparente necessità e poi arroganza, maleducazione, reticenze, tentativo di discredito di periti e consulenti: è quanto emerge dal processo alla Juventus nel racconto di Giuseppe d’Onofrio, direttore del Servizio di Emotrasfusione del policlinico Gemelli di Roma, chiamato come perito super partes dal giudice Giuseppe Casalbore all’inizio del 2004, a due anni dall’inizio del processo, quello che vedrà la condanna del medico della Juventus Riccardo Agricola. 
    Giuseppe d’Onofrio legge i resoconti di questi due anni e li racconta al lettore con attenzione e dovizia di particolari per poi addentrarsi nel processo torinese dove mette in evidenza tutte le stranezze riscontrate, i dubbi sulla somministrazione di farmaci, proibiti e non dalla legge antidoping, i risultati di uno studio approfondito sui dati che gli sono stati forniti. Ne emerge un quadro molto preoccupante, quello che Sergio Rizzo ha così descritto sul Corriere dello Sport: “Lo sport è stato trasformato in un mondo dov’era possibile fare ciò che agli altri era vietato: la sperimentazione selvaggia sugli esseri umani”. 
    Al di là dell’assoluzione raggiunta nel processo d’appello (ma è stato presentato un ricorso firmato dal procuratore generale di Torino Giancarlo Caselli, dal procuratore aggiunto Raffaele Guariniello e dai sostituti procuratori Gianfranco Colace e Sara Panelli), il libro di d’Onofrio, scritto con la penna di un abile narratore, resta un documento importante, un atto di accusa fondamentale. Ricostruendo quegli anni successivi al 1994 - dopo nove anni in cui la Juventus non riesce a vincere - con l’avvento della triade Giraudo-Moggi-Bettega, il nuovo allenatore Lippi, il preparatore atletico Ventrono e il ritorno al dominio bianconero, d’Onofrio avvalora la tesi zemaniana (“Il calcio deve uscire dalle farmacie”) che diede, nel 1998, l’avvio alle indagini e al processo. 
    Il magistrato Guariniello ha definito “una sentenza storica” la condanna del primo processo. Purtroppo la sentenza d’appello ha ributtato indietro la storia e ridato cittadinanza e possibilità di agire impunemente agli stregoni dello sport e ai dirigenti delle società sportive. 
    Aspettiamo con fiducia il nuovo processo. 
           
    gabriella bona 
      
 
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