Pippo Russo "Il mio nome
è Nedo Ludi" Baldini Castoldi Delai Editore
Recensione
di Gabriella Bona (gabri.bona@libero.it)
“Arrigo Sacchi guidò la nazionale
italiana più triste di sempre, quella dalla quale prese avvio il
disamore del pubblico per la maglia azzurra”. Arrigo Sacchi, il profeta
della “zona”, quel modo di giocare il calcio che non soltanto lo rende
povero e lontano dalla passione che dovrebbe creare nel pubblico ma che,
coinvolgendo allenatori di squadre più o meno importanti, più
o meno note, sta definendo la fine di quei ruoli tanto amati dagli appassionati,
come quello di stopper o di libero.
Nedo Ludi è lo stopper dell’Empoli,
sul finire degli anni ’80, quando la squadra toscana riesce, anche se con
affanno, a rimanere per diverse stagioni in serie A. Poi arriva Bersani,
l’allenatore zonista, e i meccanismi si inceppano, cambiano i ruoli e il
clima e Nedo Ludi sente che il suo ruolo e il suo posto sono pericolosamente
messi in discussione.
Nasce così la congiura degli
stopper, uomini e calciatori che non sono disposti a rinunciare alla propria
dignità e al proprio ruolo. Una vicenda che si snoda in anni molto
particolari: tra la caduta del Muro di Berlino e i Mondiali italiani del
1990, la sentenza Bosman e Tangentopoli, un’Italia inserita nel G7 dei
paesi più ricchi e industrializzati del mondo e i ventiquattro “operai
morti nei cantieri per la costruzione delle opere mondiali” per i quali
si decise una commemorazione “discreta” e “non un minuto di raccoglimento
prima della partita inaugurale; ché sarebbe inappropriato e anche
n po’ provinciale”.
Anni letti con attenzione a più
di quindici di distanza da Pippo Russo, docente di sociologia all’Università
di Firenze, giornalista e saggista, attraverso gli occhi del calciatore
che il nuovo calcio sta abbandonando al proprio destino e che non vuole
accettare di essere definitivamente scaricato, con una critica precisa
e crudele verso tutti quei meccanismi che stanno avvelenando e distruggendo
tutto lo sport, non soltanto il calcio, e la nostra società. La
conclusione a sorpresa, solo apparentemente lontana dal resto del libro,
è invece un modo per offrire al lettore la possibilità di
sentirsi coinvolto in una prospettiva nuova, di poter ancora puntare i
piedi di fronte a quel “nuovo che avanza” e che non soltanto perché
è nuovo deve essere per forza positivo.
È l’amore per il calcio che
porta Pippo Russo a mettersi, con questo romanzo, a capo della congiura,
con la speranza di poter salvare quel poco di positivo che ancora ci è
rimasto.
gabriella bona
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