Le recensioni on line di Gabriella
 
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    Paolo Facchinetti "Bottecchia"
    Benito Mazzi "Coppi, Bartali, Carollo e Malabrocca"
    Ediciclo Editore
     
    Recensione di Gabriella Bona (gabri.bona@libero.it)
       
    L’amore per il ciclismo e l’attenta scelta dei personaggi e degli autori hanno reso la casa editrice Ediciclo un punto di riferimento per tutti gli amanti della letteratura ciclistica. Il “Bottecchia” di Facchinetti e “Coppi, Bartali, Carollo e Malabrocca” di Mazzi hanno in comune, oltre al racconto di avventure di un ciclismo difficile ed eroico, la storia di ciclisti che nonostante la carriera molto breve, anche se in modi molto diversi, hanno saputo entrare nel cuore dei tifosi e nella storia delle due ruote. 
    Negli anni difficili che seguono la prima guerra mondiale e vedono la nascita del fascismo, un veneto quasi sconosciuto si presenta, tra l’indifferenza generale, al Tour de France del 1923: è Ottavio Bottecchia, arriverà secondo e nei due anni successivi lo vincerà con distacchi incredibili sugli inseguitori. Le sue idee socialiste lo indicono a correre soprattutto all’estero e in Francia diventerà un mito: in Italia è amato dai tifosi – è il primo italiano a indossare la maglia gialla (nel 1923) e a vincere un Tour e il primo corridore in assoluto a portare la maglia gialla dalla prima all’ultima tappa- ma non dal regime. Eroe di guerra, prima di scoprire il ciclismo è stato carrettiere e muratore. Finalmente ricco e famoso, muore a trentadue anni e la sua morte è ancora oggi avvolta nel mistero. 
    In “Coppi, Bartali, Carollo e Malabrocca”, per una volta i grandi campioni fanno da sfondo alla vicenda ciclistica e umana degli ultimi. Ancora oggi si sente parlare di “maglia nera”, per indicare l’ultimo in classifica, il fanalino di coda. Ma non tutti sanno che fu Luigi Malabrocca ad avere la felice intuizione che è più facile, dopo i primi, ricordare gli ultimi: in mezzo dicono che stia la virtù, in realtà sta l’oblio. E Malabrocca giocò proprio sugli estremi: sapendo di non essere in grado di aggiudicarsi la maglia rosa del Giro d’Italia, impegnò tutte le sue energie per essere sempre l’ultimo, suscitando dapprima simpatia, poi entusiasmo, finendo per guadagnare, tra premi e sottoscrizioni popolari, molto più di tanti che lo precedevano in classifica. Due Giri ultimo, il terzo “successo” riuscì a strapparglielo Sante Carollo che, nella sua unica apparizione al Giro gli tolse la soddisfazione della terza vittoria al contrario. Malabrocca continuò a correre, diventò anche campione italiano di ciclocampestre ma la sua fama è rimasta legata alla maglia nera. Di Carollo nessuno ha più sentito parlare. 
    Storie diverse, opposte nei risultati, accomunate dalla sapiente ricostruzione di Facchinetti e di Mazzi e dal piacere di leggere vicende così lontane dal ciclismo di oggi da sembrare incredibili. 
           
    gabriella bona 
      
 
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