Le recensioni on line di Gabriella
 
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    Maria Pace Ottieri "Quando sei nato non puoi più nasconderti" Edizioni Nottetempo
     
    Recensione di Gabriella Bona (gabri.bona@libero.it)
     
     
    Sono scappati dal loro paese, nei modi più disparati, in cerca di un lavoro, in fuga da una dittatura e sono approdati in un’Italia diversa da quella che si aspettavano, in un paese che, anziché accoglierli, pensa soltanto a come arginare il loro arrivo e a come rispedirli da dove sono venuti non appena toccano terra. 
    Maria Pace Ottieri è andata a incontrarli, a conoscerli, a raccogliere le loro parole per potercele raccontare. Dalla Sicilia alla frontiera con la ex Jugoslavia, da Roma a Milano, sognando di “guardare dentro i sacchetti, scoprire che cosa ognuno ha scelto di portare, sapere a quali pensieri si sono aggrappati durante il viaggio, […] capire qual è la forza che presiede alla fuga cieca e inconsulta, […] quando, in che momento, per quale illuminazione o oscuro culmine si decide di andarsene”. 
    Dal 1989, data del primo sbarco di stranieri in Sicilia, sono arrivati in Italia stranieri da tutto il mondo, dall’Asia, dall’Africa, dall’America latina e dai paesi dell’Europa orientale. Qui hanno trovato ad attenderli le forze di polizia, indifferenza, ostilità e una rete criminale che arruola alcuni e sfrutta altri, case abbandonate da occupare, senza luce, acqua, gas, lavori precari e continui ricatti, attese interminabili. 
    “Il fenomeno degli sbarchi lo si percepisce come qualcosa che appartiene alla storia assai più che alla cronaca”, scrive Ottieri ed è la storia delle persone che ha incontrato, dei loro racconti, delle loro fughe e dei loro ritorni quello che leggiamo, un momento importante, anche se nascosto, della nostra storia recente. Incontri che hanno colpito profondamente non soltanto l’autrice: “perfino Romeo Cavallin da Treviso, comandante della Guardia di Finanza si stanza sull’isola, dichiara di non aver mai visto niente di più triste degli sguardi dei profughi e di aver cambiato completamente idea sulla questione da quando è a Lampedusa”. Sguardi che poi fuggono lontani, nascosti in qualche centro di accoglienza, in qualche rudere, dispersi nelle strade italiane in attesa di un lavoro, di un permesso, di asilo politico, ospitati nella “Cittadella del povero” di Biagio Conte a Palermo, dalla Caritas, tra mille dubbi: “perché mai un ragazzo kurdo o marocchino non può venire a fare le sue esperienze in Italia se non a rischio della vita, quando l’ultimo europeo può girare indisturbato nei loro paesi?” Come non rendersi conto che più sono restrittive le leggi sull’immigrazione e più le traversate diventano pericolose e che “più le legislazioni diventano petulanti, più i trafficanti rilanciano, le mafie approfittano della pignoleria burocratica per far salire i prezzi dei passeur, dei documenti falsi, e per far rendere il traffico di esseri umani, legandolo a quello della droga e delle armi”? 
    L’autrice non propone soluzioni, attenta giornalista ci offre un quadro della realtà attuale, vissuta da vicino, cercando di rendere visibile l’infinito disagio che crea, perché anche il suo racconto possa contribuire a cercare una via di uscita. 
      
    gabriella bona 
   
 
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