Carlos Herculano Lopes "Il
vestito"
João De Melo "Autopsia
di un mare di rovine"
Edizioni Cavallo Di Ferro
Recensione
di Gabriella Bona (gabri.bona@libero.it)
Nell’aprile di quest’anno è
nata a Roma una nuova casa editrice: Cavallo di Ferro che pubblicherà
autori di lingua portoghese (Portogallo, Brasile e paesi africani di lingua
portoghese).
I primi due volumi sono “Il vestito”
del brasiliano Carlos Herculano Lopes e “Autopsia di un mare di rovine”
del portoghese João de Melo.
“Il vestito” è basato su
una famosa poesia di Carlos Drummond de Andrade e da esso è stato
tratto un film del regista Paulo Thiago. Una storia di amore, di passione,
di abbandoni e di ritorni raccontata da una madre alle due figlie. Il vestito
appeso a una parete della casa desta la curiosità delle bambine
e dà avvio al lungo racconto che rivela la vita di una piccola città,
la difficile situazione economica del Brasile negli anni ’50, viaggi e
personaggi, sentimenti forti, attese, separazioni e incontri, gelosie e
pazienza. Il linguaggio semplice sottolinea l’attenzione verso le figlie
e nello stesso tempo una complicità nei confronti di un marito che
ha abbandonato la casa e la famiglia, senza dare notizie di sé per
cinque anni, e che ritorna sconfitto a cercare il conforto degli affetti
famigliari.
“Autopsia di un mare di rovine”
è un prezioso atto di accusa contro la guerra, contro la sua ferocia
e la sua assurdità. João de Melo, dal 1971 al 1974, ha partecipato
alla guerra coloniale in Angola e nelle pagine del suo libro ha saputo
descrivere con lucidità e rabbia le atrocità della dittatura,
del colonialismo e della guerra. È il racconto di un paese povero
a cui “i bianchi hanno rovinato la vita, strappato le forze a tutti gli
uomini, soltanto l’anima gli è rimasta, ma in silenzio e nascosta”,
un esercito di uomini annoiati, spaventati e violenti, costretti a tre
anni di leva in una zona piena di pericoli e un gruppo di coloni che si
arricchisce sfruttando la coltivazione del caffè, unica ricchezza
locale, e che è disposto a tutto per difendere i propri privilegi.
Attraverso la fame, le malattie, la violenza, la morte, gli stupri, lo
sfruttamento, immerso ogni giorno in questo inferno, de Melo conosce la
realtà angolana, in cui “la vita da negro vale meno dello sterco”
ma in cui il desiderio di pace e di libertà rimane vivo: “l’esercito
non riuscirà mai a sconfiggere un intero popolo che ama la sua patria
libera più di ogni altra cosa” e riesce a trasmettere quel senso
di ribellione a ogni idea di guerra che in lui è maturata vivendola
direttamente in un mare di distruzione e di rovine.
gabriella bona
|