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    Stefano Olivari "Cosa rimarrà di Atene" Edizioni Libri di sport
     
    Recensione di Gabriella Bona (gabri.bona@libero.it)
     
    13 – 29 agosto 2004: diciassette giorni passati “a guardare tutto, a leggere tutto”, corse, partite, tiri, lanci, stoccate, traguardi, piste, tatami, pedane, canestri, carabine, fioretti, giornali sportivi, siti Internet, lacrime di gioia e di delusione, emozioni, tifo: sono le Olimpiadi. Poi, il 30 agosto ci si sveglia e davanti a noi c’è un deserto lungo quattro anni e largo da Atene a Pechino.
    Dopo l’abbuffata di sport che cosa ci resta, per ingannare l’attesa? Alcuni sport riempiranno ancora le nostre giornate, in Italia soprattutto calcio e ciclismo, e le pagine di giornali, ma il judo, il nuoto, la ginnastica, il tiro con l’arco, dovranno aspettare le Olimpiadi cinesi per uscire, quando riescono ad arrivarci, dalle “brevi”, dai “è successo anche”, le rubriche dedicate agli sport “minori”.
    Stefano Olivari, con Che cosa rimarrà di Atene ci ripropone, giorno dopo giorno, i momenti importanti di Atene 2004, tutte le medaglie azzurre, da quei due ori nella prima giornata, Paolo Bettini che vince nel ciclismo la prova su strada, dopo aver iniziato a correre quando “suo padre gli ha rimesso a posto una bici trovata nella spazzatura” e Aldo Montano, “una specie di D’Artagnan senza nessun re da servire” ma che sente sulle spalle la responsabilità di essere il rampollo di una famiglia di medagliati olimpici e di provenire da Livorno e da quella scuola livornese fondata da Giuseppe Nadi, padre dell’incredibile Nedo, fino all’oro dell’ultima gara, la maratona di Stefano Baldini, l’emozione che abbiamo vissuto con lui, quella partenza da Maratona, l’arrivo nello stadio, primo, felice lui, entusiasti tutti noi, come se avessimo vinto anche noi perché il nostro tifo lo aveva spinto.
    Poi tutte le altre medaglie, quelle di chi i più non avevano mai sentito nominare, come Marco Galiazzo, Andrea Benelli, Lucia Morico, quelle bellissime, perché raggiunte a un età a cui molti hanno già abbandonato le gare o dopo infortuni gravi, come quelle di Josefa Idem o di Jury Chechi, argenti o bronzi che brillano come ori, perché raggiunti dopo sacrifici enormi, un oro sofferto, come quello di un magnifico Setterosa, la squadra azzurra femminile di pallanuoto che aveva vinto tutto ma a cui mancava quella medaglia per entrare definitivamente nella storia. E dietro a ogni medaglia Olivari racconta storie, vite, aneddoti, facendoci conoscere aspetti che nessuno ci aveva raccontato o che, in quei giorni frenetici, ci erano sfuggite. Ci racconta della strana finale del fioretto femminile, Italia contro Italia, Jesi contro Jesi, e come si fa a fare il tifo in una situazione così, quando la grande gioia è stata al termine delle semifinali, che hanno mandato in finale Giovanna Trillini e Valentina Vezzali? La gara a squadre in questa Olimpiade è stata abolita, l’avrebbero vinta loro e l’Italia sarebbe stata settima, nel medagliere, prima della Francia.
    E poi, alla fine di ogni giornata, un riassunto delle gare più importanti e, alla fine del libro, “piccole grandi storie olimpiche, fra vita e morte, paradiso e inferno, fama eterna e oblio, che ci sembrano più utili da ricordare delle biografie di fenomeni come Ian Thorpe o Hicham El Guerrouj, che si conoscono a prescindere dal fatto olimpico”, il medagliere e tutte le medaglie assegnate ad Atene.
    Quando a qualcuno verrà in mente di chiedere “ma esattamente in che specialità aveva vinto l’argento la Turisini?” avremo dove rileggere la sua splendida gara di tiro a segno carabina tre posizioni, quando qualcuno avrà nostalgia di un match di boxe olimpica, c’è il bronzo di Roberto Cammarelle. Pallavolo, pallacanestro, windsurf, da rigustare, risfogliando queste pagine scritte con attenzione, affetto e competenza, aspettando che passino questi quattro anni, aspettando Pechino.
      
    gabriella bona 
   
 
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