Emanuela Zuccalà "Risvegliato
dai lupi" Edizioni Paoline
Recensione
di Gabriella Bona (gabri.bona@libero.it)
Don Beppe Prioli, frate francescano,
ha cominciato nel 1965 la sua attività tra i detenuti, tra quelli
che hanno commesso i reati più gravi, tra quelli che hanno le pene
più lunghe e vivono nei carceri più duri. Tra quelli che
vengono definiti “i lupi”.
“Fra Beppe – scrive don Luigi Ciotti
nella prefazione al libro – il cuore dell’uomo lo cerca dietro le sbarre:
dove manca la libertà fisica e dove anche la libertà spirituale
stenta a sopravvivere”. Nel 1996 Fabio Finazzi scrisse “Fratello lupo”,
la storia di fra Beppe, senza sapere che stava scrivendo la prima puntata
della vita del frate, che avrebbe passato a Emanuela Zuccalà il
testimone per narrare la seconda, quella dopo il banale incidente che portò
fra Beppe a una difficile operazione, a un periodo di coma, alla paura
e alla speranza, a un tam-tam tra le carceri italiane e straniere, dove
erano rinchiusi i lupi. E sono stati proprio loro, con il loro sostegno,
le loro lettere e tutti i problemi che ogni giorno dovevano continuare
ad affrontare, a dare a fra Beppe la forza per ritornare, per ricominciare
a lavorare e a lottare.
“Il male: lo comprendo ma non lo
giustifico”: su questo difficile equilibrio si è svolta l’attività
del frate, sono nati centri in tutta Italia, è cresciuta e maturata
un’attenzione non soltanto per i detenuti ma anche per le loro famiglie
e per le vittime dei reati.
Emanuela Zuccalà è
entrata in molte carceri, ha incontrato i lupi, ha parlato della loro pena,
delle loro pene, del loro rapporto con fra Beppe e ha ascoltato i racconti
del frate, il lunghissimo percorso, quarant’anni di attività tra
mille difficoltà ma anche con un immenso coraggio e un incrollabile
entusiasmo, di fronte alle situazioni più difficili, tentando di
aiutare e di risolvere i problemi più gravi. E le lettere e le testimonianze
raccolte da Zuccalà dimostrano quante volte ci sia riuscito.
È proprio dalle lettere che
chiudono il libro che emerge evidente il ruolo che fra Beppe ha tra i detenuti,
nel lavoro di ricerca in se stessi, nel mantenere aperto un rapporto con
l’esterno, nella presa di coscienza del danno che hanno arrecato ad altre
persone, nel rapporto con il personale del carcere e con i compagni di
detenzione, con i volontari, con gli anni che li separano dalla libertà
e con la costruzione di un futuro.
I temi raccolti nelle varie sezioni
che compongono il libro e che affrontano temi difficili, come quello dei
membri delle forze dell’ordine o della gerarchia ecclesiastica che hanno
commesso reati e sono detenuti, le donne che vivono nel carcere della Giudecca,
i famigliari delle vittime della strage di Bologna e la loro difficoltà
a rapportarsi con chi ha commesso un delitto di tale gravità, persone
che hanno commesso delitti particolarmente gravi, sono affrontati con attenzione
e lucidità e offrono un quadro a tinte forti e scure ma tracciate
con mano abile e attenta e con sensibilità verso i detenuti, ammirazione
per fra Beppe e il suo continuo, costante e difficile lavoro.
Se “Fratello lupo” è diventato
uno dei libri più letti nelle carceri italiane, “Risvegliato dai
lupi” è sicuramente destinato a ripeterne il successo. La speranza
è che sia letto anche fuori dal carcere, per capire che cosa è
successo a queste persone, che cosa può succedere, perché
anche chi ha commesso i delitti più gravi non senta soltanto disprezzo
e condanna ma anche attenzione.
gabriella bona
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