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    Teo De Luigi "Giocare da libero" Edizioni Limina
     
    Recensione di Gabriella Bona (gabri.bona@libero.it)
     
    Darwin Pastorin è “rimasto un idealista, un sognatore, uno che crede nell’utopia da realizzare. Uno che morirà di sinistra”, uno che crede nell’innocenza di Adriano Sofri e “che un innocente è in galera, e che ci sono degli assassini in libertà”, uno che sa che ci sono state epoche, nel nostro recente passato in cui “le parole erano violente, sbagliate, dure. Da una parte e dall’altra. Da destra e da sinistra. Nessuno di noi può dirsi innocente: ingenui o furbi, militanti o simpatizzanti, giovani o vecchi. Gli slogan erano sassate, si parlava di morte e non di vita”. Anni come il 1968 e il 1978, anni che sono i protagonisti di due puntate di “Sky Racconta” e del libro di Teo De Luigi – attento e sensibile autore e regista -, anni che hanno prodotto mutamenti enormi, nel bene e nel male. Ma anche anni in cui l’Italia ha giocato a calcio, vincendo, nel 1968, l’unico e quasi dimenticato Europeo della sua storia e giocando fino alla semifinale il Mondiale dei dittatori argentini. 
    La scelta di Pastorin di far raccontare tutto ciò a Sofri è stata felice: nelle pagine del libro troviamo narrati momenti difficili al di fuori dei luoghi comuni e delle banalità che spesso infestano la memoria: il calcio, la storia, il carcere, si incrociano e si aiutano a vicenda nella comprensione di un periodo di cui “si è parlato fin troppo e si è pensato fin troppo poco”. 
    Nel 1968 i “bar sport” erano diventati il ritrovo di operai e studenti che parlavano di politica, quella politica con “una faccia giovane, di ragazze e ragazzi” che avevano obiettivi nuovi, che al calcio non pensavano perché avevano progetti più ambiziosi e nuovi da portare avanti. Le lotte operaie, l’uccisione di Martin Luther King e di Kennedy, la guerra in Vietnam e le Olimpiadi messicane con gli studenti uccisi in piazza delle Tre Culture che avevano gettato un’ombra triste sul mondo dello sport, cancellarono dall’interesse collettivo quegli Europei di calcio e ancora oggi ne rendono difficile il ricordo. 
    La morte di Aldo Moro e della sua scorta, le Brigate rosse, un Mondiale che si gioca in Argentina, tra dittatori, desaparecidos, oppositori incarcerati, torturati, uccisi, un regime che tenta di lucidare la propria immagine grazie a una vittoria calcistica che, invece, riesce a far conoscere al mondo, almeno in parte, che cosa sta succedendo appena fuori dagli stadi imbandierati, non creano le condizioni ideali perché si possa seguire con attenzione ed entusiasmo l’evento sportivo del 1978. 
    Nel campetto di calcio del carcere di Pisa, sul quale Sofri si diverte nei suoi “dribbling da fermo” e nei passaggi agli attaccanti e nel parlatorio dove si incontra con De Luigi per le riprese della trasmissione, si dipanano anni e storie difficili da capire e da raccontare anche per chi li ha vissuti e gli strani misteri della memoria. 
      
    gabriella bona 
   
 
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