Franco Bertini "Valentino
Rossi" Edizioni Libri di sport
-o-
Claudio Limardi "Dr. Kobe
& Mr. Bryant" Edizioni Libri di sport
-o-
Maurizio Ruggeri "Racconti
brevi di fughe straordinarie" Edizioni Limina
Recensione
di Gabriella Bona (gabri.bona@libero.it)
“Alla grande curva dei suoi 25
anni, dove viene rilevato il primo ‘tempo intermedio’ della vita, Valentino
Rossi si è presentato in piena effervescenza”. In 25 anni è
riuscito a vincere sei mondiali: 125, 250, 500, MotoGP, Aprilia, Honda,
Yamaha. Un salto, quello dello scorso anno, dalla Honda alla Yamaha che
molti non hanno capito, che pensavano perdente ma Rossi ha saputo dimostrare
che non c’è soltanto la moto: se sopra c’è un pilota, un
numero 46, la grinta e un’allegra serietà, allora si vince. Davanti
a Gibernau, davanti a Biaggi, c’è uno che “non guida, lui la
moto se la mette addosso come un vestito”. Ha abbandonato gli scherzi
e le gag del dopogara ma ha mantenuto quel sorriso, quella simpatia che
incantano i tifosi, quella serietà professionale che non lascia
spazio agli avversari.
“Di tipi come lui ne nasce uno
ogni tanto, nel senso di qualche decennio”, scrive Bertini in Valentino
Rossi: cresciuto nei box di tutto il mondo, al seguito di papà
Graziano, “è lui che incarna perfettamente il motociclismo moderno”.
“Che lo amiate o non lo amiate
non importa, ma non potete fare a meno di ammirarlo”, ma forse a non
amarlo sono soltanto gli avversari.
“177 giocatori che NBA che hanno
giocato nella stagione 2001-02 hanno avuto problemi con la giustizia. Problemi
di ogni genere.[…] Il 40% dei giocatori NBA sono stati coinvolti in problemi
con la giustizia negli ultimi anni”: dati che stupiscono e sui quali,
partendo dalla denuncia per stupro di una receptionist nei confronti di
Kobe Bryant, Claudio Limardi, con Dr. Kobe e Mr. Bryant ci
porta a conoscere un mondo, quello del basket statunitense, pieno di campioni
superpagati, di regole e campionati, di sponsor, di amori e di odi, di
personaggi il cui nome è noto in tutto il mondo, come Magic Johnson,
Shaquille O’Neal, Michael Jordan e il suo erede designato, Kobe Bryant.
Un mondo sempre più fragile – e il terzo posto alle ultime Olimpiadi
lo sta a dimostrare con chiarezza: dov’è finito il Dream Team che
passeggiava su qualsiasi avversario? – e pieno di interessi molto poco
sportivi. L’immagine di Bryant, dopo l’accusa, è crollata, gli sponsor
si sono ritirati, il “leader, bandiera, uomo-simbolo dei Lachers”,
otto anni in Italia - al seguito del padre Jan, anche lui giocatore di
basket - , uno dei giocatori più bravi ma che “ha cercato subito
di dimostrarsi il più bravo, il più forte di tutti e di sempre”
scatenando grande amore ma anche grande odio, è l’esempio di un
sistema in cui alle star del sistema tutto è dovuto, tutto è
permesso, ma che facilmente diventano, nel momento in cui cadono, il bersaglio
preferito proprio per coloro che quel sistema hanno contribuito a creare.
Ci sono il Mondiale vinto nel 1968
da Vittorio Adorni, dopo una fuga di gruppo di 225 chilometri e con gli
ultimi 85 in solitudine, verso un traguardo che un italiano non riusciva
a superare per primo da dieci anni; c’è Gianni Motta, la grande
incompiuta del ciclismo italiano, e Julio Jimenez nel Giro del 1966; c’è
Pantani e la sua storia di fughe, non soltanto ciclistiche, e di ritorni,
fino alla sua drammatica uscita dalla storia del ciclismo. Ma in Racconti
brevi di fughe straordinarie ci sono anche tante piccole fughe
infantili, a bordo di una Bianchi ventiquattro verdolina, sui gradini di
un ospedale, su un’isola del mar Egeo, l’atletica, le prime sigarette fumate
per sentirsi grandi. Nei racconti, gentili e attenti di Maurizio Ruggeri
ci sono il ciclismo, la bicicletta e la vita, non sempre facile, con quelle
fughe che a volte salvano, a volte fanno crescere, a volte portano alla
dannazione. Chi sa quando è meglio fuggire, quando è meglio
restare?
gabriella bona
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