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    Jacques Testard – Christian Godin "La vita in vendita" Lindau Editore 
    Recensione di Gabriella Bona (gabri.bona@libero.it)
       
      
    Avere figli sani; poter superare malattie ereditarie, difetti fisici; riuscire a rendere il fisico umano più robusto e resistente: sembrano desideri legittimi, condivisibili, per realizzare i quali è logico che gli scienziati lavorino, nei loro laboratori, a nuove scoperte e invenzioni. 
    Poi, leggendo il dialogo tra il biologo Jacques Testard e il filosofo Christian Godin, il mondo improvvisamente si capovolge: che cosa stanno veramente facendo quegli scienziati? Che cosa vuol dire migliorare la razza umana? Quali frontiere sono superabili e quali no? Siamo veramente sicuri che tutto ciò che appare negativo sia veramente dannoso e ciò che appare positivo sia un progresso utile? 
    Negli ultimi anni abbiamo letto su tutti i giornali di esperimenti che hanno entusiasmato alcuni e scandalizzato altri, abbiamo trangugiato termini come procreazione, riproduzione, inseminazione, clonazione, spesso senza capire molto di quello che stavamo leggendo, che cosa c’era dietro a quelle parole, su che strada quegli esperimenti ci avrebbero portati. 
    Testard e Godin, con un linguaggio chiaro e un atteggiamento appassionato e pieno di umanità, si interrogano su sogni ed esperimenti che l’umanità si porta dietro da millenni: il desiderio di domare la natura, dal passaggio dalla raccolta dei frutti all’agricoltura, fino alle nuove tecniche studiate nei più sofisticati laboratori. 
    L’eugenetica - lo studio del patrimonio genetico e i modi per migliorare la razza umana – è nata negli Stati Uniti all’inizio dello scorso secolo e, nonostante sia rimasta legata soprattutto al nazismo, ha provocato in paesi democratici come Svizzera, Svezia e USA migliaia di sterilizzazioni tra persone affette da gravi patologie ma anche tra oppositori politici, alcolisti e, come possiamo leggere nel romanzo di Mario Cavatore “Il seminatore”, tra gli zingari. Il pensiero eugenetico è legato ai principi morali, politici, culturali, estetici, di chi detta le leggi sui modelli migliori e su quelli da evitare, modelli che cambiano nelle epoche e nelle diverse società, con il rischio di perdere caratteristiche oggettivamente positive e di esaltare quelle negative. 
    Ci troviamo di fronte a una ricerca che spaventa, che tende a portare tutto a una logica di profitto, di dare uno standard che sia il più redditizio e il meno costoso, senza tenere conto di troppi fattori, primi fra tutti la libertà personale e la capacità che la natura ha sempre dimostrato nel sapersi proteggere, sfruttando le proprie potenzialità per far fronte a nuove condizioni di vita e a nuove malattie. 
    “Crediamo che la lucidità debba prevalere sull’efficacia e la direzione sulla velocità. Crediamo che la riflessione debba precedere il progetto scientifico, invece che seguire all’innovazione. Crediamo che questa riflessione sia di carattere filosofico prima di essere tecnica e debba essere portata avanti nell’interdisciplinarietà e nell’apertura a tutti i cittadini” si legge in un manifesto pubblicato nel 1988 su “Nature” e su “Le Monde” e firmato con altri scienziati da Jacques Testard: un invito alla riflessione, alla democrazia (che vuol dire anche un linguaggio comprensibile), contro il tentativo di addomesticare la natura senza saper valutare i danni che possono derivarne. Un invito ancora e forse sempre più attuale..  
      
    gabriella bona 
   
 
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