Tullio De Mauro "La cultura
degli italiani" Laterza Editore
A cura di Francesco
Erbani
Recensione
di Gabriella Bona (gabri.bona@libero.it)
“Oggi il 5 percento della popolazione
adulta [è] da considerarsi radicalmente analfabeta”, il 33 per cento
semianalfabeta e un ulteriore 33 per cento è a rischio di ripiombare
in tale condizione: trentadue milioni di italiani “con un insufficiente
competenza alfabetica e aritmetica funzionale”: mentre in Europa la media
supera di poco il 50 per cento, in Italia siamo sopra il 70 per cento.
I due terzi della popolazione italiana
non leggono mai né un libro né un giornale, in molte zone
del sud e nelle periferie disastrate delle grandi città il problema
dell’abbandono scolastico è ancora a livelli molto alti.
Nell’intervista del giornalista
di “Repubblica” Francesco Erbani al linguista Tullio De Mauro vengono analizzate
le cause di questa arretratezza culturale, le cause antiche i cui effetti
si trascinano da generazioni e quelli attuali, dovute a una mancanza di
attenzione verso i temi e i problemi della cultura e della scuola.
Un’antica tara che continuiamo a
pagare ancora oggi è quella di considerare cultura soltanto quella
classica e letteraria, “e invece a me pare ovvio pensare – sostiene De
Mauro – che nella cultura esista anzitutto una componente scientifica,
[…] credo che esista anche una componente tecnica, tecnologica, operativa
delle culture intellettuali”. Così come l’idea che la cultura, la
scuola, l’istruzione (lo ha sostenuto un leader colto come Giorgio Amendola)
siano destinate soltanto alle classi alte perché “se i figli degli
operai avessero preso tutti il diploma della media superiore e fossero
andati all’università, nessuno poi avrebbe fatto l’operaio”, o la
teoria della pericolosità dello studio nelle classi più povere
(questa volta è lo studioso Sidney Sonnino a sostenerlo nel 1876)
perché con l’accesso alla scuola “miglioriamo questa situazione,
ma non portiamo l’istruzione, perché acquisterebbero coscienza del
loro stato, e chi facesse questo li trasformerebbe in rivoluzionari”.
Una situazione che si è trascinata
fino ai nostri giorni, un’arretratezza che non permette ai giovani di trovare
nella famiglia stimoli adeguati per crescere culturalmente e a cui la scuola
non riesce a far fronte. In parte per un generale disinteresse da parte
dei governi verso la scuola, verso i centri di educazione per gli adulti
e in parte per le scarse risorse economiche che ai temi culturali vengono
destinate: in Italia soltanto il 4,6 per cento del Pil è investito
in istruzione e ricerca, contro il 10 per cento di paesi come lo Zimbabwe,
il Lesotho o lo Yemen. Molti piccoli centri italiani sono ancora totalmente
privi di scuole. La mancanza di stimoli culturali, di sedi idonee, di biblioteche,
di attenzione da parte delle leadership politiche non possono che mantenere
basso il livello culturale del nostro paese, sempre più arretrato
nella classifica mondiale, anche di fronte a paesi in via di sviluppo che
in questo settore stanno investendo moltissimo.
Attraverso le sue esperienze come
studente, docente, studioso e ministro, De Mauro ci porta a conoscere il
clima in cui si è (poco) sviluppata la vita culturale in Italia
negli ultimi decenni.
gabriella bona
|