Le recensioni on line di Gabriella
 
Recensione precedente
Prossima recensione
 
     
    Leon Rappoport "Come mangiamo" Ponte alle Grazie Editore
    Recensione di Gabriella Bona (gabri.bona@libero.it)
      
     
    Si mangia, nei nostri fortunati paesi, talmente spesso che l’abitudine può spingerci a non considerare più il gesto e l’oggetto dei nostri pasti. Ma il tipo di cibo che consumiamo, il rito del pasto, tutto ciò che contorna gli alimenti, sono invece indice di chi e che cosa siamo.
    In “Come mangiamo” il docente di psicologia alla Kansas State University Leon Rappoport affronta il tema del cibo e dei pasti da diversi e originali punti di vista.
    “Molti di noi trascorrono la vita dando il cibo per scontato, a meno che qualcosa non vada storto […] ma molti, anche tra coloro che, per una ragione o per l’altra, prendono il cibo sul serio, lo fanno in modo relativamente acritico”, scrive l’autore, sottolineando invece come siano molti i fattori che portano gli individui o intere comunità (nazionali, religiose, culturali) verso certe abitudini alimentari.
    E come siano tre i fattori che spingono l’individuo verso un cibo: il piacere, la salute e la comodità. 
    Tutto si incrocia ma, afferma Rappoport, “il cibo non è stato considerato un problema centrale nella psicologia, nella sociologia o nelle altre scienze sociali”.
    Chi, invece, ha dedicato molto della sua attenzione a ciò che mangiamo, sono le grandi industrie alimentari che, puntando soprattutto sul fattore comodità, hanno tentato di influenzare i gusti dei consumatori, attraverso proposte alimentari ma anche attraverso un attento studio di un nuovo lessico che è stato usato in pubblicazioni, rubriche giornalistiche, pubblicità.
    Nuove e vecchie scuole di pensiero invitano a diete salutistiche; il galateo crea nuove classi sociali in base ai tipi di cibi e agli atteggiamenti a tavola; le paure che la mucca pazza e altri allarmi alimentari hanno creato portano a scelte spesso drastiche nel modo di cibarsi; i conflitti tra ciò che è buono e ciò che fa bene sono esistiti nei tempi e hanno creato da sempre problemi; il desiderio di trovare una cura ai propri problemi fisici e di salute nel cibo ha indirizzato verso il consumo di alcuni alimenti; gli scompensi alimentari derivano spesso da problemi interiori, difficoltà famigliari, dispiaceri che possono portare verso il digiuno o verso la consolazione attraverso determinati cibi, soprattutto dolci e ricchi di grassi; la preoccupazione per il futuro, gli allarmi dettati da esperimenti genetici sugli alimenti provocano cambiamenti nelle abitudini alimentari; sensi di colpa o di superiorità determinati dalle proprie abitudini sono fondamentali nella scelta dei cibi.
    Rappoport ha attraversato il mondo del cibo, delle abitudini alimentari, delle mode, dei condizionamenti e degli incroci che si creano tra essi, dei cambiamenti che sono avvenuti negli anni (“oggi in Nord America, e anche in buona parte del mondo, non c’è praticamente nessun genitore che nutra i propri figli con le medesime cose che lui stesso mangiava quand’era bambino”) partendo dall’interessante presupposto che “mangiare è simultaneamente il collegamento più banale, più sublime e potenzialmente più rischioso che abbiamo con la natura. Ogni volta che lo facciamo, prendiamo in mano la nostra vita e il nostro benessere”, offrendoci un quadro di ciò che ci circonda, di ciò che spesso dimentichiamo di guardare e di considerare e riuscendo a proporci discorsi interessanti e intelligenti con uno spirito sereno, senza i proclami e le conclusioni perentorie che spesso accompagnano libri di questo tipo.
       
    gabriella bona 
   
 
Recensione precedente
Prossima recensione