Idanna Pucci "La signora
di Sing-sing" Edizione Giunti
Recensione
di Gabriella Bona (gabri.bona@libero.it)
1892: Maria Barbella giunge a New
York con la famiglia. Sono partiti da Ferrandina, un piccolo paese della
Basilicata e come milioni di loro connazionali hanno raggiunto l’America
in cerca di fortuna.
Maria lavora nella fabbrica di mantelli
Louis Graner & C e, portando il lavoro anche a casa e cucendo fino
a mezzanotte, riesce a guadagnare otto dollari la settimana.
Un uomo, anche lui lucano, la seduce
e rifiuta di sposarla. Maria è innamorata ma, vedendolo allontanarsi
ogni giorno di più, lo uccide, tagliandogli la gola con un rasoio.
La lunga vicenda umana e giudiziaria
di Maria è narrata nel libro di Idanna Pucci “La signora di Sing-sing”.
Pucci è la pronipote di Cora di Brazzà, colta donna statunitense
che vive in Italia dopo aver sposato il conte di Brazzà e che sui
giornali che le giungono dal suo paese ha letto la storia di Maria.
“Cora sentiva a tal punto il problema
della pace e della non violenza” da imbarcarsi per gli Stati uniti per
tentare di salvare Maria dalla sedia elettrica: Coinvolgendo importanti
avvocati e personalità, affiancando Mrs Foster “che aveva difeso
decine di donne, fornendo loro assistenza medica, prendendosene la responsabilità
per il rilascio, [colmando] un vuoto istituzionale nei confronti degli
immigrati e delle donne”, riesce nel suo intento.
“L’intervento della stampa – scrive
Pucci – ben presto trasformò l’intenzione di Cora di salvare Maria
Barbella dalla sedia elettrica nella prima campagna ufficiale americana
contro la pena di morte”.
Idanna Pucci, dopo aver trovato
casualmente un piccolo libro nel quale il bisnonno, il conte di Brazzà,
racconta la storia della moglie Cora, decise di raccogliere l’eredità
di impegno e proseguire il lavoro iniziato tanti anni prima: portarci a
conoscenza delle condizioni di vita e di lavoro degli emigrati, le difficoltà
a cui si trovavano di fronte ogni giorno, soprattutto quando finivano di
fronte alla legge, in un aula di tribunale per essere giudicate da persone
con un’altra storia, un’altra lingua e, spesso, un profondo disprezzo nei
confronti degli immigrati italiani.
“Per Cora la pena di morte rappresentava
[…] un potente strumento di repressione dei gruppi di minoranza” e si sentiva
personalmente impegnata a superare quella che considerava una barbarie
dello stato in cui era nata e cresciuta.
Idanna Pucci è riuscita a
ricostruire il processo di primo grado e quello di appello, la campagna
di stampa, le iniziative a favore di Maria Barbella, il ruolo del movimento
femminista e la campagna contro la pena di morte.
“A dispetto delle devastazioni provocate
dal tempo e dagli incendi, riuscii, passo a passo, a ricostruire l’intera
storia”. Una storia ormai antica ma ancora tragicamente attuale: la pena
di morte continua a sopravvivere in molti stati e, oggi come ieri, a morire
sono i poveri, coloro che parlano un’altra lingua, che provengono da un’altra
storia.
gabriella bona
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