Raymond Carver "Niente trucchi
da quattro soldi" Edizione Minimum Fax
Recensione
di Gabriella Bona (gabri.bona@libero.it)
Gabriel García Márquez
ha scritto che per diventare buoni scrittori bisogna avere il coraggio
di buttare. Scrivere, leggere e buttare nel cestino tutto ciò che
non ci piace, che non ci convince e cominciare daccapo.
Ognuno, quando scrive, ha un obiettivo,
un metodo, uno stile che si vanno man mano formando ma la cosa principale
è non accontentarsi, chiedersi se è davvero bello quello
che si è scritto. In fondo è meglio tentare di migliorare
i propri lavori che vederseli rifiutare quando si tenta di renderli pubblici,
di pubblicarli da qualche parte.
Per vari motivi ho conosciuto persone
che scrivono e ho letto lavori inediti. Ho scoperto che molti scrivono
(strano, in un popolo di non lettori!) ma pochissimi sanno scrivere.
A volte ci sono le idee ma mancano
grammatica e sintassi; spesso sono lavori che non hanno ritmo e stile,
privi di identità e di quel minimo di fascino che porta a superare
la terza riga; ho incontrato esperimenti mal riusciti di scritture che
erano nelle intenzioni nuove e nella realtà banali e noiose.
Non tutti, ci sono lavori buoni
e ottimi ma sono, purtroppo, molto pochi. Allora, visto che non ci sono
molte cose difficili come convincere qualcuno a smettere di scrivere, mi
sembra che si possa almeno consigliare “Niente trucchi da quattro soldi
– Consigli per scrivere onestamente”, una raccolta di riflessioni sulla
scrittura di Raymond Carver.
“Le parole sono tutto quello che
abbiamo, perciò è meglio che siano quelle giuste”, leggiamo
nella quarta di copertina: la scelta delle parole è importante perché
nello scritto non ci sono gesti, mimica, tono della voce, ci sono soltanto
quelle poche lettere e i segni di punteggiatura e con essi dobbiamo creare
qualche cosa che invogli a leggere, che catturi l’attenzione, che dia emozioni.
“Non mi piacciono i trucchi. Il
racconto deve essere onesto, ben raccontato. Non importa se dentro c’è
una storia d’amore e quel che sia”, scrive Carver, ricordandoci anche di
domandarci, ogni tanto: “Che bisogno c’è di questa roba?” Perché
c’è tanta letteratura spazzatura in giro e spesso la troviamo anche
in libreria.
L’onestà, la modestia, la
costanza, il lavoro sono le ricette di Carver: è inutile pensare
di riuscire a scrivere bene ai primi tentativi, senza prima aver letto
montagne di libri e aver scritto montagne di fogli. “Gli scrittori inesperti
spesso si sentono obbligati a usare parole che hanno pescato qua e là
e che ‘sono belle’ sulla carta. O parole che non esprimono esattamente
le intenzioni dello scrittore. O che esprimono un sentimento falso”: tutte
ricette per non piacere (anche perché lo scrittore inesperto di
solito si trova di fronte un redattore che di esperienza ne ha molta più
di lui).
“Quella di farsi capire è
una premessa fondamentale […] l’arte non è espressione di sé,
è comunicazione”: non si può pensare di colpire, di farsi
leggere con una scrittura difficile, sia che dipenda dall’incapacità
di esprimersi, sia alla pretesa di usare forme e termini con cui non si
desidera comunicare ma soltanto esibirsi.
Un altro consiglio fondamentale
è quello di scrivere soltanto ciò che è veramente
necessario: “Se si può dire in quindici parole invece che in venti
o in trenta, allora dillo in quindici parole”. Ci sono racconti brevissimi
che valgono più di noiosi romanzi di centinaia di pagine: è
quello che si desidera dire che è importante, non gli aggettivi
aggiunti per fare bella figura.
“La soddisfazione di aver fatto
del nostro meglio e la prova del nostro sforzo sono le uniche cose che
ci possiamo portare appresso nella tomba”: se proprio abbiamo deciso di
fare gli scrittori, cerchiamo di farlo bene, perché quelli che verranno
a portarci un fiorellino si ricordino di aver letto con piacere quello
che abbiamo scritto.
gabriella bona
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