Luis sepùlveda "Raccontare,
resistere" Edizione Guanda
Recensione
di Gabriella Bona (gabri.bona@libero.it)
Una vita tra letteratura, impegno
politico, amicizie, sogni, sconfitte e delusioni: Luis Sepúlveda
si racconta allo scrittore Bruno Arpaia, nel volume “Raccontare, resistere”
edito da Guanda.
Lo scrittore cileno ripercorre la
sua vita, dagli anni dell’infanzia con la figura del nonno Gerardo, all’esordio
letterario e l’amicizia con il poeta Pablo de Rokha, l’impegno politico
nel breve periodo di governo di Salvador Allende, la dittatura di Pinochet,
l’esilio, l’impegno ambientalista, l’Europa, la globalizzazione.
Una delle migliori doti di Sepúlveda
è quella di saper abbattere i luoghi comuni, gli stereotipi, rispetto
al mondo e a se stesso. “Mi dà molto fastidio quando il tema del
carcere e della tortura si trasforma in una specie di obbligo”, dichiara,
definendosi un uomo che ha fatto una scelta politica chiara, ma che non
vuole diventare “un professionista del dolore”.
Anche l’idea dello scrittore che
vive in un mondo soltanto suo, isolato e pensoso, cade di fronte alle parole
di Sepúlveda che lo vede e si vive come una persona che “deve essere
coinvolta, deve stare dentro le cose, dentro la vita”.
Ricorda le parole dello scrittore
argentino Rolo Diez: “vivere intensamente compensa ogni sforzo e quasi
ogni sacrificio. Vivere a metà è sempre stata la funzione
e il castigo dei mediocri”.
Con questo entusiasmo Sepúlveda
ha saputo affrontare le varie fasi e i diversi momenti della sua vita,
dall’amore per la Patagonia alla militanza in Greenpeace, dalla letteratura
all’amore per la famiglia, dall’amicizia alla riconoscenza verso i maestri
(Soriano, Cortázar ed Hemingway prima di tutti) e verso tutti coloro
che lo hanno accolto in ogni parte del mondo durante e dopo l’esilio.
Attento osservatore e critico originale,
nel libro parla e analizza la politica dei paesi ricchi, Stati uniti ed
Europa, e dei paesi poveri, mettendo in rilievo i danni, i pericoli, i
rischi a cui l’intero pianeta sta di fronte ma senza aderire in modo acritico
a quelle che sono le organizzazioni che a questo stato di cose si stanno,
in vari modi, opponendo.
Attraverso l’analisi dell’informazione,
sempre più distante dalla realtà dei fatti, degli arretramenti
culturali sempre più evidenti, di uno smantellamento progressivo
delle garanzie sociali, Sepúlveda si definisce “abbastanza coerente
con il [proprio] passato” ma “senza sentirsene prigioniero” e affronta
la vita procedendo, come tutta la sua generazione spera, “di sconfitta
in sconfitta fino alla vittoria finale”.
gabriella bona
|