Françoise Sironi "Torturatori
e vittime" Feltrinelli Editore
Recensione
di Gabriella Bona
Esistono nel mondo molti più
paesi di quanto si possa immaginare in cui donne e uomini di tutte le età
vengono torturati. La tortura, le sue vittime, i meccanismi che portano
uno Stato a torturare i propri cittadini e alcune persone a diventare torturatori,
sono i temi di “Persecutori e vittime” di Françoise Sironi, insegnante
di psicologia clinica e di psicopatologia all’Università Paris VII,
direttrice del Centro di etnopsichiatria George Devereux e cofondatrice
del Centro Primo Levi per l’assistenza alle vittime della tortura e della
violenza collettiva.
Nonostante questa pratica disumana sia
ancora tanto diffusa, “è spessa la coltre di silenzio che [la] avvolge,
un silenzio che riguarda sia chi la pratica che chi l’ha subita”. Un silenzio
che l’ha fatta spesso dimenticare o ignorare, Infatti, “in medicina, in
psicologia o psicoanalisi esistono pochissimi lavori che si occupano della
questione”, nonostante l’atipicità del trauma richieda, per il trattamento
delle vittime, un approccio specifico.
Le varie forme di tortura, da quelle
fisiche a quelle psicologiche, lasciano sulla persona che l’ha subita,
segni particolari, paure ad esprimerla che spesso durano per molti anni,
provocando una chiusura in se stessi difficile da superare. Inoltre, spesso
l’aiuto è possibile soltanto in un paese straniero, in cui queste
persone si sono rifugiate, lontani dalla famiglia e dagli amici, di fronte
ai problemi che abitudini e lingua differenti pongono, rendendo ancora
più difficile la situazione.
America latina, Africa, Asia e paesi
dell’Est europeo sono le zone da cui proviene la maggior parte dei torturati.
Con sé portano un dolore molto simile: “i racconti e le sofferenze
descritti sono sempre gli stessi, dipinti con le stesse parole [e] la sofferenza
peggiore è sempre data dal fatto di essere cambiati, di non essere
più quelli di prima”. Né lo potranno ridiventare mai: il
trauma della tortura, per quanto possa essere curato, lascerà nelle
persone segni incancellabili, a volte, incredibilmente, anche positivi,
rendendole più forti e più lucidi di fronte alla realtà.
La dichiarazione contro la tortura,
firmata nel dicembre del 1975, non ha fermato il suo diffondersi. I torturatori
si sono, invece, ulteriormente specializzati: medici e psicologi fanno
spesso parte delle equipe di torturatori e, tramite accordi di collaborazione
militare, i metodi vengono esportati da uno stato all’altro: “nella maggior
parte degli stati le tecniche di tortura usate sono identiche”, scrive
Sironi.
L’autrice sottolinea quanto sia importante
ricordare e studiare anche “chi la amministra, chi, industrie e imprese,
fabbrica e vende gli strumenti di tortura, chi istruisce i ‘gruppi speciali’
sulle tecniche, chi pensa e chi partecipa, nell’ombra o a volto scoperto”.
Un ampia bibliografia conclude questo
importante testo che ci aiuta a conoscere una delle più grandi vergogne
dell’umanità e le sue conseguenze su coloro che riescono a sopravvivere
alla violenza dei torturatori.
gabriella bona
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