Duccio Canestrini "Trofei
di viaggio" Boringhieri Editore
Recensione
di Gabriella Bona
Tempo di rientri. Le vacanze sono quasi
per tutti ormai finite, sulla pelle è rimasta l’abbronzatura,
da zaini e valigie sono usciti i souvenir.
L’abitudine di tornare da ferie e viaggi
con oggetti, il più delle volte piccoli per problemi di trasporto
ma talvolta anche di grandi dimensioni, acquistati per sé e per
amici e parenti, è il tema di “Trofei di viaggio” in cui Duccio
Canestrini si diverte ad analizzare questa abitudine a cui nessuno (autore
compreso) riesce a sottrarsi.
Un modo per tentare di riassaporare
i momenti di una piacevole vacanza? Una testimonianza per gli increduli
del nostro soggiorno in località turisticamente prestigiose? Un
modo per ostentare un traguardo raggiunto?
“A partire dal Paleolitico superiore,
fossili e conchiglie si trovano pressoché costantemente in Europa,
dall’Atlantico sino al confine degli Urali, anche a grandi distanza dal
mare. Se ne deduce che tali ‘suppellettili’ siano state portate nelle grotte
intenzionalmente”, scrive l’autore, dimostrando che questa abitudine era
gia presente “all’epoca della vita in caverna”.
I souvenir possono essere le cose più
semplici, come una pietra del luogo o un barattolino di sabbia, la terra
raccolta dagli astronauti giunti sulla luna o un pezzo di lava dell’Etna,
il souvenir dell’estate 2001. Oppure, attraverso una lunghissima scala
di oggetti sempre più raffinati e costosi, si può arrivare
ai tappeti, alle sete, ai gioielli, alle armi tipiche del luogo visitato.
I souvenir hanno rappresentato per anni
il raggiungimento di mete difficili o impossibili per la maggior parte
delle persone, come le targhette ricordo che venivano vendute nei rifugi
e che gli alpinisti applicavano alle loro piccozze. Oggi sono gli adesivi
incollati sui vetri delle automobili.
Un importante ricordo era quello portato
dai pellegrinaggi, dalle rappresentazioni più varie del santo locale
alle reliquie. Oggi milioni di persone sono tornate dal Giubileo con una
penna biro o una lattina su cui appare la scritta “Aria Santa – Anno Domini
MM”, inventate da Claudio Ciaravolo, da anni famoso per essere riuscito
a vendere, con ottimi esiti, l’”Aria di Napoli” sulla Fifth Avenue di New
York.
Se nel passato il souvenir prevedeva
“che l’artigianato turistico esprimesse una identità”, oggi “sull’isola
di Capri, una statuetta di polistirolo della dea Afrodite, fatta a Hong
Kong, per un turista francese, russo o giapponese, può fungere da
Souvenir d’Italie”.
Attraverso le assurdità, le banalità
e, spesso, la volgarità dei souvenir, Canestrini ci porta a conoscere
l’evoluzione dell’oggetto, qualunque sia la forma che assume, a cui è
molto difficile sottrarsi: “in shopping e regali di viaggio nel 2000 gli
stranieri nel nostro Paese hanno speso più di trenta miliardi di
lire”. Spesso acquistando oggetti negli aeroporti, lo stesso oggetto che
avrebbero potuto acquistare in qualunque aeroporto del mondo.
Leggendo “Trofei di viaggio” e confrontandolo
con i nostri acquisti, forse potremo scoprire una parte di noi che finora
non avevamo neppure sospettato
gabriella bona
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