Adele Grisendi: "Bellezze
in bicicletta" - editrice Sperling & Kupfer
Recensione
di Gabriella Bona
Abituati a vivere circondati dalla tecnologia,
dai computer ai forni a microonde, automobili sempre più grandi
e sofisticate, televisioni e videoregistratori, telefoni cellulari e mille
altre protesi elettroniche ed informatiche, stentiamo a ricordarci che
cos’era la vita soltanto mezzo secolo fa.
Ho visto mio figlio guardarmi inorridito
quando, molti anni fa, ha scoperto che quando sono nata (nel 1951), la
televisione in Italia non esisteva!
Eppure gli anni a cavallo della metà
dello scorso secolo erano così: soltanto pochi ricchi cittadini
possedevano un’automobile, non c’erano televisori, il bucato si faceva
a mano e nelle cucine c’erano, se ce lo si poteva permettere, le ghiacciaie.
“Bellezze in biciclette”, il libro di
Adele Grisendi pubblicato da Sperling & Kupfer, è un viaggio
attraverso quegli anni, in una campagna emiliana che oggi non esiste più
e dove la bicicletta era l’unico mezzo di trasporto. “Le storie semplici
che si susseguono in queste pagine sono dettate dai ricordi di una bambina
e dipingono un mondo del quale non si parla mai. Sepolto nella memoria
delle tante donne della mia generazione, cresciute come me nei casolari
di campagna tra Reggio Emilia e Parma”, scrive l’autrice.
Attraverso le stagioni, le nevicate
invernali, i profumi della primavera e dell’autunno, il caldo estivo e
le notti invernali nelle stalle, i primi fiori, la mietitura, la vendemmia,
le semine, gli orti, i frutteti, scorre una vita che “per la maggior parte
delle famiglie è davvero povera”. Eppure la struttura patriarcale
della famiglia, la solidarietà con i vicini, la semplicità
con cui si affrontava una vita lontanissima dalla mentalità consumistica
di oggi, permetteva di vivere decorosamente e con intensi momenti di allegria
e di festa.
Tra i grandi cappelli di paglia e le
ciotole fumanti di pasta fatto in casa, tra nonni prepotenti e serate danzanti,
tra mucche, cavalli, galline, anatre mute e corredi preparati imparando
il ricamo nella scuola delle suore, tra il piacere di un gelato e riti
importanti come l’uccisione del maiale e i materassi fatti sull’aia, tra
cattolicesimo tradizionale e furenti mangiapreti, seguiamo la crescita
della bambina Adele, ormai diventata grande e che dalle esperienze di una
vita non facile ha tratto la forza e la saggezza per affrontare un mondo
più grande e più difficile di quello in cui è nata
e cresciuta.
Oggi Adele Grisendi, dopo aver lavorato
per diversi anni in CGIL, dirige dal 1990 il Centro di documentazione sui
servizi pubblici innovativi a disposizione dei cittadini “Il cittadino
ritrovato” e dal 1995 è direttrice di “Tempomat”, osservatorio nazionale
delle banche del tempo, da lei ideato.
Ma Grisendi trova spesso il tempo per
tornare nella sua campagna, tra i profumi, i sapori e gli affetti dell’infanzia
e il desiderio di raccontare, con affetto e ironia, perché il ricordo
di “quella vita più povera, ma più pulita, più semplice,
più libera” e “la storia delle donne forti” della sua terra non
vada perduta.
gabriella bona
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