Renate Siebert: "Storia di Elisabetta"
- editrice Pratiche
Recensione di Gabriella
Bona
Quali possibilità ha una donna
giovane, non inserita nel sistema dei partiti, orientata a sinistra, di
vincere le elezioni in un piccolo paese calabrese, dove impera la mafia,
dove il consiglio comunale è stato sciolto due volte nel giro di
pochi mesi per infiltrazioni mafiose?
Elisabetta Carullo, ventottenne, laureata,
è la dimostrazione che il coraggio e la volontà di cambiare
possono vincere anche in una situazione così difficile. Candidata
e sostenuta da una lista civica che si contrappone al potere mafioso locale,
viene eletta sindaca nel 1994 e riconfermata nelle elezioni successive,
a Stefanaconi, in Calabria.
La sua prima campagna elettorale e i
primi tempi della sua amministrazione sono stati difficili: gli attentati,
la derisione, i pettegolezzi, ogni genere di tentativo per cercare di minarne
la sua volontà e le possibilità di successo. Ma il coraggio
di Elisabetta, la sua costanza, la solidarietà degli “abitanti che
hanno trovato un loro punto di riferimento e, molti, anche il coraggio
di uscire allo scoperto”, l’appoggio del giovane parroco, l’affetto del
marito che l’ha sempre sostenuta e spinta a proseguire, sono risultati
vincenti, hanno decretato la sconfitta di chi aveva istituito un potere
illegale che, oltre ad essere un ottimo affare per chi lo gestiva, aveva
bloccato lo sviluppo sociale, economico e umano del paese.
Le storie di Stefanaconi e della sua
sindaca sono state raccolte, nel libro “Soria di Elisabetta” pubblicato
da Pratiche Editrice, da Renate Siebert, sociologa, docente all’Università
della Calabria e autrice di vari saggi sulla mafia e sulla condizione delle
donne nel Sud d’Italia.
Ma, racconta Elisabetta Carullo, “non
voglio essere considerato ‘il sindaco antimafia’ un simbolo della Calabria
da questo punto di vista”: all’impegno contro la mafia e alle denunce,
lo sforzo è anche quello di dare al proprio paese una nuova dignità
culturale.
In questi anni Stefanaconi ha cambiato
volto: è nata la biblioteca, la scuola è stata trasferita
in un palazzo più grande, i concerti di musica classica sono frequenti
e molto seguiti, “Villa Elena – Il giardino della cultura”, una grande
villa con parco, sala mostre, anfiteatro e forno antico è oggi una
realtà e c’è il progetto per la realizzazione di un teatro.
Se uno dei punti di forza della mafia è stato quello di mantenere
l’ignoranza tra la popolazione, l’obiettivo della giunta che le si contrappone
non può essere che quello di puntare sulla cultura.
Intanto, si sono avviate molte altre
opere, come la costruzione della fognatura e la ristrutturazione degli
alloggi comunali; Stefanaconi si è gemellata con Sesto Fiorentino,
città con la quale esistono fitti scambi di idee, di cultura e di
giovani che vengono ospitati durante le vacanze. Un altro importante gemellaggio
è quello con il popolo Sahariani che lotta contro il Marocco per
riacquistare i propri territori.
A tutto questo importante lavoro, realizzato
in pochi anni tra l’incredulità di molti, mancano ancora alcuni
tasselli per creare quella solidità che può permettere di
proseguire nel futuro. “L’assenza dei partiti nei confronti della nostra
azione, […] anche solo un manifesto di solidarietà” è sentita
da Elisabetta Carullo come una mancanza che rende ancora più pesante
e, soprattutto, rischia di rendere precario il lavoro fatto fino ad ora.
“La società civile organizzata
di Stefanaconi […] non ha radici salde, non ha una storia”, racconta Carullo
che ritiene, quindi, che “vada tenuta alta l’attenzione, in modo che tutto
questo si radichi nel territorio e la mafia non trovi più spazio”.
Il libro di Renate Siebert è
nato dal desiderio di far conoscere questa storia coraggiosa anche perché,
come scrive nella conclusione, “i misfatti mafiosi sono visibili e amplificati
dai mass media: sommersa, il più delle volte, rimane la resistenza
civile”.
gabriella bona
|