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    Monica Lanfranco: "Donne dentro" - editrice La Clessidra 
    Recensione di Gabriella Bona
     
    Quando si parla di carcere difficilmente si pensa alle donne. Le detenute sono soltanto il quattro per cento della popolazione carceraria, spesso sono state condannate per reati minori, provengono da situazioni sociali e famigliari disagiate e spesso hanno rotto i ponti con chi potrebbe andare a trovarle, a portargli un sorriso o un maglione. La situazione delle donne detenute è decisamente peggiore di quella degli uomini: poche sono le carceri femminili o gli istituti di pena che prevedono una sezione per le donne; il legame con i figli, finché questi compiono i tre anni, le pone di fronte alla scelta se tenerli con sé e farli vivere in un luogo assurdo oppure negarsi la possibilità di tenerli vicini; dopo i tre anni non potranno che vederli molto raramente, durante le visite che spesso comportano grandi disagi e lunghi viaggi. 
    Monica Lanfranco, giornalista femminista genovese e autrice di “Donne dentro”, ha affrontato un lungo, appassionante e doloroso percorso in sette carceri italiane: Genova, Milano, Pozzuoli, Roma, Solliciano, Venezia e Verona, dove ha incontrato detenute, agenti di polizia penitenziaria e operatrici. 
    “Il tempo ha mostrato i limiti della bellissima ma ingenua e pericolosa utopia del primo periodo femminista: finito il tempo in cui si affermava che ‘tutte le donne sono uguali’, passaggio di identità consolante e indifferenziato ma necessario storicamente, la faticosa ricerca di punti di contatto tra diversità anche enormi ha significato, per molte e anche per me, prefiggersi altri traguardi da raggiungere, sulla strada della conoscenza, nel nome della differenza”. Attraverso queste “storie di ordinario malessere” ha conosciuto molte donne, con l’obiettivo non di “conoscere il loro passato, ma capire il presente e l’aspettativa sul futuro”. Ha toccato “con mano quanto lontani dal vero siano i luoghi comuni sul carcere”. Si è chiesta “che cosa ha portato di diverso e di meglio la carcerazione ad una vita già devastata dal dolore”. Ha capito “che è bene tenere lontana la fretta con la quale spesso si giudicano situazioni sconosciute, sentendosi forti nel valutare le vicende altrui grazie a parametri percostituiti”. 
    “Sono convinta – scrive l’autrice – che una tappa necessaria per chi è giovane, nella formazione della coscienza di cittadina e cittadino, sia andare a vedere da vicino, per alcune ore, cos’è la vita in un carcere”. Aspettando che questo progetto venga realizzato, Lanfranco ci offre una panoramica sulle carceri femminili, così diverse per tipo di costruzione, per collocazione sul territorio e per la vita che vi si svolge; ci fa ascoltare le parole dirette di chi ha accettato di essere intervistata; ci fa conoscere i disagi, i dolori ma anche i momenti di gioia, di solidarietà e di sorellanza e, soprattutto, attraverso le parole che leggiamo ci fa cogliere la somiglianza con queste donne detenute, l’assenza di quel profondo solco che molti immaginano tracciato tra la società delle detenute e quella delle donne libere. 
    Le belle fotografie di Anna Maria Guglielmino e la postfazione di Lidia Menapace concludono un libro prezioso, pieno di preziose informazioni e di stimoli a pensare, in un mondo in cui “la stragrande maggioranza delle persone tende a rimuovere il pensiero della prigione”. 
        
    gabriella bona 
       
    Il libro, purtroppo, non è reperibile in libreria. 
    Chi è interessato può mettersi in contatto con l’autrice all’indirizzo di posta elettronica: 
    mochena@village.it  
    Per visitare il sito internet: www.village.it/lanfranco/

 
 
 
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