Anita Desai: "Digiunare, divorare"
- Edizione Einaudi
Recensione di Gabriella
Bona
Una società antica e patriarcale,
legata alle tradizioni e ad una antica religione, un abbigliamento casto
ed elegante, cibi cucinati con cura in base a ricette tramandate da generazioni,
profumi di incensi e di spezie ed una società moderna, caotica,
priva di radici e di tradizioni abbastanza profonde, travolta da qualsiasi
nuova moda, che ha dimenticato il piacere di cucinare e di mangiare alla
stessa tavola, che vive di scatolette e surgelati, che non ama il proprio
corpo o ne diventa schiavo, tra anoressia e bulimia, jogging e pomeriggi
davanti alla TV: sono le due società, quella indiana e quella statunitense,
che Anita Desai descrive con partecipazione, attenzione, ironia e una scrittura
molto piacevole nel romanzo “Digiunare, divorare” edito da Einaudi.
Due società che l’autrice conosce
molto bene: nata da madre tedesca e padre bengalese, è cresciuta
ed ha studiato in Delhi ed ora vive tra India e Stati uniti, dove insegna
al MIT.
Protagonista della prima parte del romanzo,
ambientata in India, è Uma, la primogenita della famiglia di un
avvocato. La ragazza è bruttina, ha difficoltà a scuola,
in famiglia, con coetanee e coetanei, è scoordinata nei movimenti
e molto miope. La sua vita diventa simile a quella di una domestica, dopo
alcuni tentativi falliti di matrimoni combinati, cura la casa, i genitori,
il fratellino, segue la zia nei suoi pellegrinaggi, cerca un modo per realizzarsi
che, però, non riesce a trovare. E’ attraverso i suoi occhi che
scopriamo un’India che tenta lentamente e tra molte difficoltà di
emanciparsi da una tradizione che ritiene obsoleta ma che non sa ancora
con precisione con che cosa sostituire.
La seconda parte è la storia
di Arun, il fratellino di Uma e del suo impatto con gli Stati uniti dove
il padre lo ha mandato a studiare all’università, sperando che una
laurea prestigiosa possa avviarlo ad una brillante carriera. E’ anche lui
pigro, poco coordianto e miope. Da solo deve affrontare una realtà
completamente diversa da quella in cui è cresciuto, con ritmi frenetici,
individui stressati, dove manca completamente il dialogo e dove le persone
sono lasciate completamente a se stesse, senza la minima attenzione finché
non succede qualche cosa di veramente grave.
Il romanzo di Desai è anche la
descrizione di due tipi di famiglie, così diverse e così
simili, dove Arun riesce a trovare, nelle conseguenza a cui sono arrivate
la sorella indiana e la giovane americana figlia della famiglia che lo
ospita durante le vacanze, incredibili affinità.
“Allora Arun vede la somiglianza con
qualcosa che conosce: una somiglianza con il viso alterato di una sorella
furibonda che, non riuscendo ad esprimere il senso di umiliazione per le
negligenze, i malintesi, l’indifferenza alla propria persona, un essere
unico e irripetibile con le sue specifiche aspirazioni, si limita a sbavare
di rabbia in una protesta priva di efficacia. Che strano ritrovarla qui,
riflette Arun, dove tutto è permesso, dove si gode di libertà
e benessere”.
Il romanzo di Desai diventa importante
e si inserisce tempestivamente in un periodo in cui la famiglia e la società
vengono quotidianamente analizzate per le assurde perversioni che sono
riuscite a partorire, in cui fiumi di parole vengono versate su figli che
uccidono o tentano di uccidere i propri genitori.
Forse è proprio dalle pagine
di un romanzo, e non dalle elucubrazioni di tanti esperti, che arrivano
le migliori osservazioni per affrontare questi problemi.
gabriella bona
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