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    A cura di Kirsty Dunseath: "SECONDA PELLE" - Feltrinelli 
    Recensione di Gabriella Bona
      
    Vestirci. Lo facciamo ogni giorno, spesso in modo quasi automatico, senza pensarci troppo. Eppure, dietro ai nostri gesti naturali e quotidiani ci sono anni di esercizio e di allenamenti, di prove e di delusioni, ricordi, speranze, desideri mai o mal realizzati. 
    “Si potrebbe argomentare che, in fondo, i vestiti sono soltanto ‘cose’; frivoli, banali prodotti dell’industria della moda; magari un puro divertimento o una fonte di piacere”, scrive Kirsty Dunseath, curatrice dell’antologia “Seconda pelle” edita da Feltrinelli. Invece, prosegue Dunseath, “i vestiti in parte costituiscono e in parte […] riflettono la nostra identità”. 
    I trentatré racconti dell’antologia, di altrettante scrittrici di varie parti del mondo, Australia, Caraibi, India, Canada, Giappone, Inghilterra e Stati uniti, raccontano come gli abiti abbiano segnato la nostra crescita, siano stati importanti per la formazione della nostra personalità. Troviamo le sfide infantili ad un abbigliamento rigido ed uniforme; la voglia di distinguersi in quel mondo di bambine tutte uguali; i primi, assurdi, tentativi di trovare un proprio stile. 
    L’abito, per una ragazzina, è spesso un modo per sognare, per sognarsi e immaginarsi adulta, è la voglia di crescere in fretta, di diventare una di quelle donne belle e ammirate, personaggi del mondo dello spettacolo. Un sogno che si trasforma spesso in un totale fallimento, nella frustrazione per un acquisto sbagliato, di un abito che rimarrà per sempre in fondo ad un armadio. Ma è anche così che si cresce! 
    L’abito è un mezzo per sfidare il mondo, simbolo di una trasgressione che trova nelle forme e nei colori dell’abbigliamento un modo per esprimersi. Ma è anche un modo per proteggersi, per nascondersi, per mascherare le proprie forme non proprio perfette o la propria timidezza. L’abito può diventare una sorta di corazza contro il mondo, un amuleto contro le difficoltà. 
    Nei racconti non troviamo soltanto camicie e gonne, pantaloni o cappotti: abbigliamento sono anche scarpe e biancheria, gioielli e borse, profumi e prodotti per il trucco: tutto ciò che, piano piano, diventa il nostro modo di presentarci agli altri. 
    E gli abiti possono essere anche un modo per superare momenti dolorosi, una presenza fisica di una madre o di un figlio che sono morti: attraverso una sciarpa o un maglione rinascono momenti passati, tra dolore e consolazione. 
    Mode, periodi storici, movimenti politici, eventi culturali o sociali determinano nuovi stili ed abitudini attraverso i quali è piacevole aggirarsi soprattutto quando si è riusciti a crearsi un proprio stile e a vivere l’abbigliamento come un gioco, un piacere e non più come un arma o un rifugio. 
    Vestirsi ogni mattina, con tranquillità  e naturalezza è un traguardo che si raggiunge dopo molti anni di tentativi, di fatica, di attenti studi. Non è stato facile, e proprio per questo è bello passare qualche ora a leggere delle difficoltà e dei risultati che altre hanno incontrato, per ritrovarci piccoli pezzi di noi stesse e della nostra storia. 
      
    gabriella bona

 
 
 
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