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    Italo Moretti: "In Sudamerica" - Edizione Sperling & Kupfer
    Recensione di Gabriella Bona
        
    Quando cade una dittatura, esplode la gioia, rinasce la speranza. Non soltanto nel paese che si è liberato della paura, della morte, delle torture e della censura ma in tutto il mondo, tra le persone che credono nella libertà e nella democrazia. 
    Poi, però, incomincia il dopo: i giorni, i mesi, gli anni necessari per superare gli orrori vissuti. Un processo lento, doloroso, difficile, pieno di insidie, tra richieste di giustizia che spesso rimangono inascoltate. 
    Italo Moretti, per lunghi anni inviato della televisione nei paesi dell’America Latina, ha conosciuto molto bene, rischiando spesso la propria incolumità, guerre, dittature e processi di ricostruzione. 
    Nel libro “In Sudamerica”, edito da Sperling & Kupfer nella collana “Continente desaparecido” diretta da Gianni Minà, racconta con attenzione e partecipazione le storie del Cile e dell’Argentina, “trent’anni di storie latinoamericane dalle dittature degli anni Settanta al difficile cammino verso la democrazia”. 
    In Cile Augusto Pinochet rimane al potere dal 1973 al 1990, uccidendo, sequestrando, vietando ogni tipo di libertà, appoggiato nel golpe, che spense la coraggiosa ma ingenua democrazia di Salvador Allende, e negli anni successivi dagli USA e dai paesi vicini, Argentina, Uruguay, Paraguay e Bolivia. Dopo dieci anni dalla fine della dittatura, dopo l’elezione democratica di tre presidenti, Pinochet è ancora libero e soltanto il 23 maggio del 2000 ha perso l’immunità parlamentare e, forse, potrà essere processato, dopo essere stato salvato, dalla Gran Bretagna e dall’intervento personale di Margaret Thatcher, l’amica dai tempi della guerra delle Malvinas, dai rischi corsi con la richiesta di estradizione del giudice spagnolo Garzón. 
    Più breve, dal 1976 al 1983, ma altrettanto violenta, la dittatura argentina del generale Videla e dei capi delle forze armate, ha ucciso, sequestrato, sottratto neonati alle donne detenute, terrorizzato un intero paese, appoggiata anche da nazioni come l’Unione sovietica che non poteva rinunciare alle importazioni di grano e dall’Italia che, nonostante i tanti italiani residenti in quel paese, pensava soprattutto a proteggere le proprie industrie e i loro stabilimenti argentini, la Fiat e la Pirelli fra le altre. E tra i primi stati a riconoscere il nuovo regime ci fu il Vaticano. 
    Italo Moretti sottolinea in varie parti del libro lo strano comportamento della Chiesa cattolica di fronte alle dittature: sacerdoti, suore, vescovi uccisi dai generali e monsignori, come Sodano, Laghi e Tortolo, che le hanno, più o meno apertamente, sostenute. 
    In Argentina i processi si sono aperti, nel 1983, ma le leggi del “Punto finale” e dell’”Obbedienza dovuta” hanno portato all’assoluzione di aguzzini e carnefici. I soli Videla e Massera sono stati condannati ma, nel 1990, a soli sette anni dalla fine della dittatura, sono liberi, perdonati dal presidente Carlos Menem. Le madri e le nonne di Plaza de Mayo e tanti cittadini democratici continuano a chiedere giustizia. Soltanto nel 2000 si è aperto, in Italia, il processo contro l’assassinio di cittadini italiani residenti in Argentina. 
    L’ultimo capitolo è dedicato ad una figura emblematica del clero in Sud America: Monsignor Oscar Romero, ucciso dagli squadroni della morte in Salvador. Il vescovo che si è battuto a fianco del suo popolo, denunciando gli orrori commessi e l’infinita povertà del paese e che il Papa ha dimenticato di inserire tra i dodicimila testimoni della Chiesa uccisi nel XX secolo. Forse perché Oscar Romero non aveva ascoltato i consigli papali: “Sia prudente […] cerchi di andare d’accordo con il governo” e aveva, invece, continuato il proprio coraggioso lavoro pur sapendo di rischiare ogni giorno la vita?
        
    gabriella bona

 
 
 
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