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    Kevin Bales: "I nuovi schiavi" - Edizione Feltrinelli
    Recensione di Gabriella Bona
        
    Ufficialmente abolita e condannata in tutto il mondo, la schiavitù continua ad esistere e non soltanto nei paesi più poveri ma anche nell’occidente ricco e democratico. Sta, anzi, in molte aree, aumentando con lo stesso ritmo con cui guerre, disastri, dittature e sfruttamento vanno incrementando le zone di povertà. 
    Nonostante la difficoltà ad elaborare statistiche su “un’impresa illegale e piena di ombre” come la schiavitù, Kevin Bales, uno dei massimi studiosi mondiali su questo argomento, nel libro “I nuovi schiavi” edito da Feltrinelli, scrive che “la cifra che più si avvicina al numero effettivo di schiavi è di ventisette milioni” concentrati “nel Sudest asiatico, in Africa settentrionale e in alcune zone dell’America latina (ma esistono schiavi in quasi tutti i paesi del mondo, inclusi gli Stati uniti, il Giappone e molte regioni europee)”. I controlli sull’uso e la tratta degli schiavi, proprio a causa dell’illegalità, non esistono o sono insufficienti. Scrive Bales che “trasportare donne è più facile che trasportare droga” e che “è più probabile che stati e imprese private vengano puniti per aver falsificato un cd di Michael Jackson che per aver impiegato manodopera schiava”. 
    Lo schiavismo, nel passato si è basato sul colore della pelle, sulla religione, sulla divisione in tribù. Oggi è soltanto la povertà a creare schiavi: se dal 1945 ad oggi la popolazione mondiale è triplicata, rimane esiguo il numero dei ricchi mentre continua ad aumentare quello dei poveri e soprattutto nei paesi che erano già i più poveri, “disgregando la famiglia tradizionale e le piccole imprese agricole di sussistenza su cui si reggeva [e] portando alla bancarotta milioni di contadini strappandoli alla loro terra e talvolta spingendoli verso la schiavitù”. 
    Bales analizza attentamente diverse forme di schiavitù soffermandosi soprattutto sugli schiavi del Brasile impegnati nella produzione del carbone che verrà utilizzato nelle fabbriche siderurgiche del Messico e degli USA, sulle schiave thailandesi impegnate come prostitute nelle grandi città del paese e all’estero, sugli schiavi del Pakistan, dell’India e della Mauritania. Sottolinea anche i grossi problemi che comporta questa situazione in tutto il mondo: la globalizzazione significa anche che le multinazionali tendono a trasferire le loro produzioni nei paesi dove la schiavitù abbassa drasticamente il costo dei prodotti, mettendo in pericolo i posti di lavoro anche i posti di lavoro nei paesi ricchi e creando nuove occasioni di schiavitù. 
    “La nuova schiavitù è come una nuova malattia, per la quale non esiste ancora un vaccino; finché non ne scopriamo fino in fondo il modo di funzionare, non abbiamo grandi possibilità di fermarla”. Lo studio di Bales ci offre la possibilità di cominciare a capire. Ci spiega anche come e perché gli stati democratici non si impegnino seriamente in una lotta per il superamento della schiavitù ma, anzi, appoggino la sua diffusione. 
    L’autore invita ad aderire alla principale associazione antischiavista: 
    Anti-Slavery International 
    Suite 312 – CIP 
    1755 Massachusetts Avenue, N.W. 
    WASHINGTON, D.C. 20036- 2102. 
    I diritti d’autore del libro sono destinati alla lotta contro la schiavitù
        
    gabriella bona

 
 
 
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